Trump 2.0: i tre temi che influenzeranno i mercati emergenti

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Nei mercati emergenti, la reazione al margine di vittoria nelle elezioni americane si è manifestata in gran parte secondo quanto previsto, con un restringimento degli spread creditizi, che ha compensato gran parte della debolezza dei tassi statunitensi. L’Argentina e l’Ucraina hanno registrato performance degne di nota, considerati l’evidente rapporto tra il Presidente argentino e il Presidente eletto Trump e l’aspettativa che Trump punti a porre fine al conflitto in Ucraina.

Nei mercati locali, la solidità del dollaro USA è il tema prevalente. Sembra che la volatilità nel periodo antecedente alle elezioni sia stata, almeno in parte, guidata dall’incertezza sui potenziali risultati, piuttosto che dal risultato stesso.

Guardando avanti, l’entità di eventuali ulteriori movimenti sarà probabilmente dettata dall’orientamento iniziale della squadra di Trump. L’enfasi posta da Trump sulle politiche commerciali protezionistiche e su dazi consistenti potrebbe creare problemi ai flussi commerciali globali, soprattutto se i principali partner commerciali degli Stati Uniti dovessero introdurre dazi come ritorsione. D’altro canto, il programma dell’amministrazione a favore di crescita, deregolamentazione e taglio delle tasse favorirà inizialmente la solidità del dollaro americano. Mentre altri paesi potrebbero accettare un certo livello di debolezza nei tassi di cambio, le valute a basso beta, come l’euro, si contraddistinguono come ovvie candidate al deprezzamento, dato che la Bce potrebbe essere incoraggiata a tagliare i tassi a un ritmo più rapido, considerato che i dazi hanno un impatto sulle prospettive di crescita.

Guardando al debito dei mercati emergenti, ci aspettiamo che tre temi influenzeranno le prospettive:

1. La solidità dei fondamentali sta guidando gli spread creditizi dei mercati emergenti

Nonostante la volatilità delle ultime settimane, i mercati in valuta forte si sono dimostrati resilienti. Infatti, il favorevole tasso di default funge da solido ancoraggio, mentre i livelli di rendimento complessivi, ancora elevati, costituiscono un cuscinetto. Prevediamo che gli spread continueranno a essere guidati dalle prospettive di default, che probabilmente rimarranno a zero per i titoli sovrani e al 2,7% per quelli corporate nel 2025. Si tratterebbe di un valore leggermente inferiore ai tassi di default dei mercati sviluppati, dove è previsto un 3% sia per le obbligazioni high yield statunitensi sia per quelle europee.

Nei prossimi mesi, la possibilità di notizie inaspettate e l’incertezza sul fronte delle politiche potrebbero creare periodi di volatilità sui mercati liquidi, rendendo potenzialmente meno affidabile la domanda di nuove emissioni per le società dei mercati emergenti. Ciò potrebbe generare opportunità più interessanti nel comparto dei prestiti e in quello illiquido, in cui le imprese sane e in buona salute scelgono la via del credito privato per finanziare le esigenze di finanziamento a scadenza più breve o gli importi minori.

2. La sovraperformance dei tassi locali proseguirà

Nell’ambito degli emergenti, i mercati locali hanno retto il peso del repricing in vista delle elezioni, guidati dal rafforzamento del dollaro. Nel complesso, poiché i tassi USA resteranno probabilmente più elevati più a lungo, grazie alle politiche fiscali ed economiche di Trump, le valute dei mercati emergenti potrebbero essere oggetto di un’ampia pressione.

Per quanto riguarda i tassi di cambio, siamo cauti e preferiamo un approccio più selettivo. Una maggiore attenzione ai tagli fiscali e alla deregolamentazione potrebbe manifestarsi tramite una sovraperformance relativa delle valute emergenti a beta elevato rispetto a quelle a basso beta, come l’euro. Se invece ci si concentrerà maggiormente sul protezionismo, varrà il contrario.

Per quanto riguarda i tassi locali, rimaniamo costruttivi. I tassi dei mercati emergenti hanno sovraperformato da inizio anno. Prevediamo che questa tendenza continui, in quanto, soprattutto nei paesi dell’America Latina, viene offerto un significativo rialzo rispetto ai peer dei mercati sviluppati. Riteniamo che, nel medio termine, dovrebbero essere garantiti migliori rendimenti aggiustati per il rischio. La CEE è un’altra regione che rimane interessante, e Polonia e Romania offrono un interessante valore relativo, sostenuto da politiche fiscali rigorose e solide prospettive di crescita.

Per contro, abbiamo una view più cauta sull’Asia. Oltre ai potenziali dazi, la regione dovrà affrontare una serie di problematiche, in particolare in Cina, dove la bassa crescita e la deflazione destano ancora preoccupazioni. Fatte queste premesse, notiamo che l’incremento dei dazi a danno della Cina potrebbe incoraggiare misure di stimolo più audaci nel paese e potrebbe essere positivo per altri mercati asiatici legati alla domanda dei consumatori cinesi.

3. Materie prime – prospettive eterogenee

Le complesse prospettive di crescita della Cina continuano a svolgere un ruolo importante nel plasmare la domanda e l’andamento dei prezzi delle materie prime a livello globale. Inoltre, Trump ha promesso di accrescere la produzione di petrolio e gas naturale, nonostante gli Stati Uniti producano già questi combustibili a livelli record. Siamo anche consapevoli che una risoluzione o una normalizzazione con la Russia e un eventuale alleggerimento delle sanzioni potrebbero creare un’ulteriore pressione sui prezzi del petrolio. In assenza di un’altra grave escalation in Medio Oriente, ci aspetteremmo che i prezzi del petrolio si indeboliscano da qui in avanti. In alternativa, la posizione di Trump in materia di commercio e investimenti infrastrutturali potrebbe spingere la domanda di metalli industriali, il che potrebbe garantire dei benefici per gli esportatori di materie prime in America Latina e Africa.

Infine, sul piano geopolitico, i rischi associati alla politica estera di Trump, in particolare in relazione alla Cina e al Medio Oriente, potrebbero creare una certa volatilità su questi mercati. In alternativa, se l’amministrazione Trump riuscisse a risolvere i conflitti in corso in Medio Oriente e in Russia/Ucraina, ciò potrebbe stabilizzare i mercati globali, migliorare il sentiment e favorire soprattutto le economie emergenti.