l tempo, alleato prezioso degli investitori
A pochi giorni dalla fine dell’anno, l’indice S&P 500 viaggia verso il 27% (dividendi inclusi), il Nasdaq sopra il 27% e il Dow Jones, è poco sotto il 20%. Sono andate bene anche le azioni globali e dei mercati emergenti, favorite dalla crescita economica e dal rientro dell’inflazione verso i livelli pre-pandemici.
Nel 2024, l’indice più rappresentativo della borsa americana ha messo a segno cinquantasette nuovi massimi storici, vuol dire che in una settimana lavorativa di cinque giorni quasi uno su quattro è stato un nuovo massimo. Non è una circostanza straordinaria: la storia dell’indice è fatta di massimi storici che si verificano con regolarità, e guardare al passato, alla storia dei mercati, aiuta a collocare le vicende nel contesto adeguato.
L’esperienza ammonisce a restare concentrati sul lungo periodo, strada maestra per raggiungere gli obiettivi finanziari collocati nel lungo termine; quanto più si allunga il periodo dell’investimento tanto più perde di importanza il tentativo di individuare i momenti “giusti” per entrare o uscire dal mercato: il tempo, non il timing, è l’alleato prezioso dell’investitore che si interroga sulla sostenibilità del listino americano, sulle questioni aperte nell’economia globale, sui fondamentali del mercato, sulle faglie del debito e sui fragili equilibri geopolitici. Le grandezze economiche e i mercati non si muovono in maniera lineare, non ha fatto eccezione il 2024, non la farà il 2025.
Le condizioni sono favorevoli per l’economia americana e quella globale ma nell’universo economico aumenta anche l’entropia: Trump, con la maggioranza alla Camera e al Senato, avrà mani molto libere per procedere con i dazi, la riduzione delle tasse, la deregolamentazione, le misure contro l’immigrazione.
Al netto degli effetti inflazionistici, la preoccupazione maggiore è sulle tariffe che, con un imprevedibile effetto domino, avrebbero effetti negativi sul commercio mondiale, provocherebbero prevedibili misure ritorsive amplificando i danni, di una contrazione del commercio e della crescita globali.
Dall’altra parte ci sono però le prospettive positive innescate dall’allentamento delle condizioni del credito che potrebbero sostenere la domanda. Un ulteriore calo dell’inflazione globale e una riduzione dei tassi di policy potrebbero sostenere il rimbalzo.
Nel 2025, i mercati scontano altri due o tre tagli di un quarto di punto ma la previsione non tiene conto di almeno due fattori: la tonicità dell’economia americana che non metterà fretta nel percorso di graduale allentamento dei tassi e l’imprevedibilità del nuovo presidente. Molto dipenderà da ciò che farà Trump, saranno le sue azioni, non i tweet, a dare il ritmo alla volatilità nel breve termine e condizioneranno anche i comportamenti della Federal Reserve.
“Non aspettatevi che la Fed continui a tagliare allegramente nei primi mesi del prossimo anno” taglia corto il Wall Street Journal che mette in guardia dall’eccesso di ottimismo. Prepariamoci, nel nuovo anno “navigheremo la volatilità”.

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