Plenisfer SGR_”L’oro alla soglia dei 3000 dollari: 3 fattori a supporto e 3 contro la sua corsa”

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L’oro ha sfiorato i 3.000 dollari l’oncia lo scorso 20 febbraio (prezzo spot: 2.954 dollari l’oncia*[1]) e oggi il mercato guarda in modo possibilista al superamento di tale soglia record.

Alcuni analisti si spingono ad ipotizzare che l’oro potrebbe correre verso i 3.500 dollari l’oncia se la domanda da investimento salisse del 10% quest’anno (Fonte: BofA). E già lo scorso gennaio ci sono stati i primi segnali in questa direzione, con il riaffacciarsi degli investitori europei sul mercato dell’oro dopo tre anni circa di disinteresse.

L’oro continua da tempo la sua corsa, nonostante l’aumento dei rendimenti obbligazionari statunitensi e il rafforzamento del dollaro USA – due fattori che normalmente peserebbero sul metallo prezioso. Questo suggerisce che il contesto fondamentale dell’oro si è modificato in modo strutturale a causa di diversi fattori destinati, a nostro avviso, a perdurare.

In particolare, nel 2024 il prezzo dell’oro ha smesso di essere penalizzato dalle vendite degli investitori finanziari: i flussi globali in ETF sono rimasti sostanzialmente invariati – con saldo leggermente negativo di -7 tonnellate rispetto alle -244 del 2023* – e, soprattutto in Europa, lo scorso gennaio sono tornati in positivo dopo quasi tre anni. Più in generale, i flussi da investimento, che includono non solo ETF, ma anche Barre, Monete e Medaglie, già nel 2024 hanno registrato una crescita del 24%*.

L’oro è quindi diventato sempre più rilevante nei portafogli tra gli investitori e non ci aspettiamo che questo trend venga meno nell’anno in corso. Anzi. In un contesto di elevata incertezza come quello attuale, riteniamo che l’oro sia destinato ad assolvere sempre più la funzione di protezione degli investimenti e stabilizzazione dei portafogli.

L’oro, bene rifugio per eccellenza, continuerà, inoltre, ad essere supportato dall’incertezza connessa all’evoluzione geopolitica, alle tensioni commerciali e agli squilibri fiscali, in particolare negli Stati Uniti, così come dalla domanda da parte delle banche centrali: secondo il World Gold Council, nel 2024 la domanda di oro si è attestata a 4.974 tonnellate (+1% sul 23), con le banche centrali che si sono confermate compratrici registrando per il terzo anno consecutivo un volume d’acquisto superiore alle mille tonnellate. E finché le banche centrali resteranno così attive ci sarà un fattore di supporto determinante per il prezzo dell’oro.

Ad inizio anno, ai fattori a supporto descritti, se ne è aggiunto uno tecnico: la minaccia degli Stati Uniti di imporre dazi su tutte le merci provenienti da Canada e Messico ha alimentato i timori che vengano applicati anche all’importazione di oro e argento, rendendo più oneroso il regolamento fisico delle posizioni sui futures. Di conseguenza, il costo del prestito d’oro (e d’argento) è aumentato*, così come quello dello shorting sui principali ETF sui metalli preziosi quotati negli Stati Uniti (GLD.US e SLV.US)*.

E restando nel campo delle ipotesi, anche le speculazioni su possibili emissioni di stato USA con collaterale in oro ne hannno supportato il prezzo.

In tale scenario, vediamo 3 possibili fattori a ulteriore supporto dell’oro e 3 contro.

Tra i fattori a ulteriore supporto consideriamo:

1. India: il Paese ha deciso di ridurre i dazi sull’importazione di oro e argento, invertendo la rotta tracciata nel 2012. Una decisione che potrebbe preludere a una crescita degli acquisti del Paese, il secondo più grande consumatore di oro al mondo.

2. Cina: ha dato il via libera a un programma pilota per l’investimento in oro da parte dei fondi assicurativi che potrebbero generare acquisti per circa 300 tonnellate d’oro, pari al 6,5% del mercato fisico annuale. Inoltre, gli asset in gestione degli ETF sull’oro sono passati da circa 50 tonnellate nel 2022 a 120 tonnellate alla fine del 2024. E la People’s Bank of China ha acquistato 10 tonnellate d’oro a dicembre 2024, dopo averne comprate 5 a novembre (Fonte: Bloomberg). Le tensioni nelle relazioni USA-Cina potrebbero supportare ulteriormente questi acquisti.

3. USA: minacce e fatti. L’effettiva imposizione dei dazi minacciati su oro e argento da parte degli USA amplificherebbe ulteriormente l’attuale short squeeze. E ulteriori minacce di sanzioni finanziarie da parte degli USA potrebbero spingere i paesi a cercare alternative alla valuta di riserva per eccellenza, e l’oro è spesso la prima scelta.

Tra i fattori che potrebbero rallentare la corsa dell’oro, consideriamo:

1. Treasury USA: hanno registrato quattro anni consecutivi di perdite, portando molti investitori a sostituirli con l’oro. Un taglio significativo alla spesa pubblica USA con conseguente stretta sul debito, ridurrebbe l’offerta di Treasury americani sostenendone il valore e riportando l’attenzione degli investitori su questa asset class, a discapito dell’oro.

2. Cina: in caso di ripartenza strutturale del mercato azionario cinese, il capitale locale potrebbe spostarsi dall’oro ai mercati azionari nazionali.

3. Russia: un accordo di pace tra Russia e Ucraina che preveda la restituzione dei beni russi confiscati, dato che il via all’attuale corsa al rialzo è coincisa con la loro confisca.

Proseguirà quindi la corsa dell’oro?

E’ bene ricordare che le attuali quotazioni sono vicine ai massimi storici di alcune metriche di valutazione, quali, i rapporti oro-petrolio, oro-salari e oro-immobiliare negli USA. Un ulteriore rally verso nuove soglie record, dipenderà dai fattori descritti, ma, in ogni caso, in Plenisfer continueremo a guardare all’oro per la funzione chiave di stabilizzazione del portafoglio e protezione da possibili nuove ondate inflazionistiche.