Rifiuti radioattivi. Come li gestiamo? Il libro di Celso Osimani e Ivo Tripputi
Perché la gente comune gira la testa dall’altra parte appena sente la parola nucleare? Perché rimuove pregiudizialmente il concetto stesso?
Partendo da questa premessa Celso Osimani e Ivo Tripputi hanno dato alle stampe per IBL Libri un testo intrigante dal titolo: ”Rifiuti radioattivi. Come li gestiamo?” Con una tempistica molto azzeccata, perfetto nel momento in cui in tutto il mondo e anche in Italia si torna a considerare l’energia nucleare un’opzione non più rinviabile, il volume, sulla cui copertina spicca significativamente una cassaforte che contiene appunto rifiuti pericolosi, offre un quadro d’insieme rafforzato da esempi sulle le tecniche, le soluzioni, i modi impiegati per trattare e gestire le varie tipologie di rifiuti radioattivi che anche in Italia vengono prodotti quotidianamente pur avendo assurdamente abbandonato dal 1987 la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, attività nella quale eravamo, all’epoca, tra le prime nazioni al mondo.
Durante la presentazione del libro presso la sede della Regione Lombardia, gli autori insieme a Carlo Stagnaro di IBL, Marco Ricotti del Politecnico di Milano, Francesco Campanella direttore ISIN, Rossella Rusconi ARPA Lombardia, Pietro Bussolati consigliere regionale Dem, si sono trovati d’accordo sui problemi pratici che lo smaltimento comporta, ricordando che buona parte dei rifiuti radioattivi deriva anche dal settore sanitario e non presentano tutti lo stesso grado di rischio. Solo per fare un esempio nella sola Lombardia esistono diversi siti per rifiuti problematici giacenti presso le strutture produttive che li hanno generati. Ma per poter individuare un sito unico per i depositi occorre acquisire consenso che, in altre nazioni del mondo, per esempio Francia o Svezia, è da tempo un dato di fatto. La Francia ha il suo più grande sito di smaltimento rifiuti nella regione dello Champagne, e non per questo la gente non beve più Veuve Cliquot.
Il problema è che in Italia non stiamo neppure affrontando il problema e siamo quindi ben lontano dall’aver iniziato a risolverlo. C’è una preclusione totale anche a discutere del problema stesso, e tuttavia esiste una precisa responsabilità politica e una responsabilità dei cittadini che ciascuna parte si deve assumere, e che non è più rinviabile. Quali suggerimenti quindi? Dal libro emergono risposte serie ad alcune domande cruciali: siamo in grado di gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi? Come fare per separare i rifiuti radioattivi con differente pericolosità e diversa “durata di vita”? Siamo in grado di trasportarli nei siti dedicati in sicurezza?
Il libro propone soluzioni che rappresentano uno snodo decisivo per ogni paese che voglia affrontare il tema della gestione moderna e sicura sia dei rifiuti per così dire banali, fino al trattamento-condizionamento-smaltimento di quelli radioattivi, senza il quale il riconsiderare l’opzione nucleare per trovare risposte adeguate al problema energetico non è credibile. Fondamentali sono alcuni presupposti, in primo luogo la disponibilità di risorse adeguate, un approccio bipartisan che coinvolga più forze politiche, un’iniziativa parlamentare diretta a tutti i settori interessati, imprese, rappresentanti dei territori, cittadini; ma altrettanto indispensabile è informare in modo corretto e onesto, senza faziosità, educare, convincere, creare un consenso condiviso finora assente, la cui mancanza costituisce il principale ostacolo a soluzioni praticabili e sicure. Viene citato a proposito l’esempio di Trino Vercellese, sede di un delle quattro centrali nucleari italiane in via di smaltimento. Bene, malgrado i cittadini di Trino si fossero dichiarati disponibili a ospitare un sito per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, non se fece nulla. Significativo no?
Ludovica Manusardi Carlesi

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