La riforma fiscale per il 2025 introduce diverse misure, ma l’opposizione è molto critica sui risultati raggiunti
La riforma fiscale per il 2025, delineata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, introduce diverse misure significative volte a ridurre la pressione fiscale e sostenere i redditi medio-bassi. Salvo nuove modifiche, il taglio del cuneo fiscale, già introdotto in precedenza, viene reso strutturale e ampliato. Per i redditi fino a 20.000 euro, il taglio resta contributivo, mentre per i redditi tra 20.000 e 40.000 euro viene introdotta una detrazione fiscale fissa di 1.000 euro fino a 32.000 euro, che diminuisce progressivamente fino ad azzerarsi tra i 32.000 e i 40.000 euro.
La riforma prevede la conferma e la stabilizzazione della riduzione delle aliquote IRPEF a tre scaglioni, già introdotta per il 2024. In particolare, l’aliquota del 23% si applica ora ai redditi fino a 28.000 euro lordi, anziché fino a 15.000 euro, accorpando i primi due scaglioni di reddito.
Per mantenere i livelli di crescita occupazionale e ridurre i divari territoriali, viene introdotto uno sgravio del 25% sui contributi per i lavoratori. Inoltre, è prorogata la detassazione dei premi di produttività al 5%.
Misure a sostegno delle famiglie
Si va dal Bonus bebè di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato a partire da gennaio 2025 (famiglie con un ISEE non superiore a 40.000 euro annui) ai congedi parentali indennizzati all’80% a tre mesi complessivi entro il sesto anno di vita del figlio e ai bonus asilo nido aumentati a 3.600 euro per i nati dal 2024 in nuclei con ISEE inferiori a 40.000 euro, indipendentemente dalla presenza di altri figli. Infine l’esonero contributivo per mamme lavoratrici esteso alle lavoratrici a tempo determinato e autonome. Lo sgravio contributivo è riconosciuto alle madri di due o più figli fino al compimento del decimo anno d’età del figlio più piccolo, e alle madri con tre o più figli fino al compimento del 18° anno d’età del figlio più piccolo, sempre a condizione che il reddito imponibile non superi i 40.000 euro annui.
Incentivi per l’efficienza energetica
Previsto un contributo del 30% per l’acquisto di elettrodomestici ad alta efficienza energetica, fino a un massimo di 100 euro per ciascun acquisto, elevato a 200 euro per famiglie con un ISEE inferiore a 25.000 euro.
Le critiche dell’opposizione
La riforma fiscale proposta dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha suscitato diverse critiche da parte delle opposizioni politiche. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha criticato la riduzione delle aliquote IRPEF da quattro a tre, sostenendo che tale misura avvantaggia principalmente i redditi più elevati, aumentando le disuguaglianze sociali.
Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha definito la riforma “recessiva”, esprimendo preoccupazione per l’impatto negativo che potrebbe avere sull’economia e annunciando l’intenzione di organizzare manifestazioni con i sindacati per opporsi alle misure proposte.
Il capogruppo democratico nella Commissione Bilancio della Camera, Ubaldo Pagano, ha denunciato che la manovra comporterebbe un aumento della pressione fiscale sul ceto medio e sui redditi da lavoro, compromettendo il principio di progressività fiscale sancito dalla Costituzione italiana.
Angelo Bonelli, portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), già aveva attaccato un’altra decisione del Governo, la cosiddetta “tassa sulle banche”, definendola una “presa in giro” poiché si tratterebbe semplicemente di un’anticipazione sulle imposte future, senza un reale incremento del contributo fiscale da parte degli istituti bancari.
In sintesi, le opposizioni contestano la riforma fiscale ritenendola iniqua e potenzialmente dannosa per l’economia, con un impatto negativo sui cittadini a reddito medio-basso e una mancata equità nel contributo fiscale richiesto alle diverse categorie economiche.
La riforma fiscale: intervista all’economista Alessia Potecchi
Alessia Potecchi fa parte del Dipartimento Economia e Finanze del PD Nazionale
“La partita su quale Paese vogliamo si giocherà molto sulla Riforma Fiscale. La politica fiscale deve essere intelligente. Deve rafforzare la capacità di spesa, deve incrementare i consumi. L’economia torna a girare se si sostiene la domanda. Più consumi significa più produzione. Più produzione vuol dire più lavoro, più occupazione. Le tasse in Italia sono eccessive. Insopportabili. Incompatibili con la crescita, le quotidiane lamentele che vengono rivolte al sistema impongono delle riflessioni sulla necessità di modernizzare un impianto tributario che è in piedi da più di cinquanta anni, da quando cioè, nel 1972, veniva varata in Italia la riforma tributaria”.
Che cosa è cambiato dal 1972?
“Sono trascorsi più di cinquant’anni nel corso dei quali il nostro Paese è radicalmente cambiato: si è trasformata la realtà economica, è cambiata la composizione sociale ed economica, l’emigrazione italiana oggi è raccontata da giovani che vanno all’estero con il computer, con la speranza che le loro competenze vengano utilizzate e valorizzate altrove. In questo quadro di cambiamenti che hanno interessato la società italiana l’impianto fiscale è rimasto sostanzialmente lo stesso dalla sua nascita, con alla base la distinzione tra redditi delle persone fisiche e redditi delle persone giuridiche”.
Che cosa occorrerebbe fare?
“Un intervento riformatore è necessario per affrontare un problema che si è incancrenito nella nostra società e nella nostra economia: l’evasione fiscale. Fanno impressione le cifre che ogni anno vengono diffuse da istituzioni e istituti di ricerca specializzati ai quali vanno aggiunti i circa 1.000 miliardi accertati dal 2000 a oggi, non ancora riscossi e difficilmente riscuotibili in futuro, nonostante i vari provvedimenti di rottamazione e di saldo e stralcio intervenuti nel corso degli anni, e che raccontano di un “magazzino” di 130/140 milioni di cartelle da riscuotere e che per vari motivi non si riscuoteranno”.
Quali riforme vorrebbe proporre?
“Bisogna evitare la frammentazione e la disomogeneità del nostro sistema tributario che è iniqua, è vessatoria, a parità di reddito le tasse devono essere le stesse. Il fisco è uno strumento importante per ridurre le diseguaglianze mentre nel nostro paese il reddito delle persone continua a venire tassato in maniera diversa con ulteriori diversificazioni anche all’interno delle stesse categorie di contribuenti, il tutto aggravato da una mole di agevolazioni che creano un quadro incomprensibile creando un sistema fortemente regressivo, non progressivo, con una marcata iniquità orizzontale e verticale. La Riforma deve essere radicale e complessiva. Le riforme parziali non servono più, non sono inefficaci”.
Accennava prima al problema dell’evasione fiscale, come affronterebbe questo tema?
“L’azione di contrasto all’evasione fiscale deve fare molta prevenzione, deve rafforzare la collaborazione tra lo Stato e le città. Il problema dell’evasione è un problema economico, sociale e politico al quale purtroppo non si riesce a dare soluzione e che impatta fortemente sull’intero sistema produttivo e sociale del nostro Paese. Produttivo, perché l’evasione crea concorrenza sleale nella realtà economica, perché chi evade non solo non paga le tasse, ma beneficia di aiuti e agevolazioni che dovrebbero andare a chi realmente ne avrebbe diritto. E soprattutto genera sfiducia e lontananza verso le istituzioni. È necessario insistere sulla semplificazione delle norme, l’utilizzo dei sistemi informatici, banche dati, digitalizzazione, tracciabilità delle operazioni finanziarie, l’uso dei proventi della lotta all’evasione deve essere in gran parte utilizzata per diminuire le tasse. Da noi l’evasione continua a veleggiare su livelli impressionanti, nel triennio 2018-2020 la media di tasse e contributi evasi ha superato i 96 miliardi di euro, è vero che nel 2020 è stato registrato un sensibile miglioramento che ha portato il Tax Gap a 86 miliardi ma se si guarda alla sola IRPEF si nota che il miglioramento è stato marginale ed è anche imputabile al fatto che gran parte delle piccole partite IVA non paga più l’IRPEF ma l’imposta sostitutiva del regima forfettario”.
Se per lei è necessario procedere a una nuova politica fiscale, quali sono i punti sui quali si concentrerebbe?
“Le sintetizzo in modo un po’ schematico i punti, ma quando vuole potremo approfondire meglio in una prossima intervista come agire in modo specifico:
a) Spostamento del carico fiscale da lavoro e capitale ai patrimoni, alle rendite, ai consumi.
b) Vera semplificazione del sistema fiscale, un fisco meno oppressivo che abbatta a mano a mano la barriera che c’è tra imposte e cittadini e severa lotta all’evasione e all’elusione fiscale con tutti gli strumenti che oggi possediamo.
c) Accentuare e puntare sulla progressività dell’imposizione fiscale puntando sulla regola che a parità di reddito le tasse devono essere le stesse, quindi combattere la frammentazione del nostro sistema fiscale e renderlo più omogeneo, meno iniquo e vessatorio.
d) Riduzione significativa della tassazione sui redditi da lavoro e da pensione agendo soprattutto sui redditi medi e bassi,
e) Misure fiscali intelligenti e responsabili per favorire l’istruzione, la ricerca, la digitalizzazione tecnologica.
f) Diminuzione della tassazione fiscale e parafiscale sul lavoro con una abile ed efficace lotta al lavoro nero che è ancora molto diffuso in Italia. L’IRAP va superata e l’IRES deve prevedere consistenti abbattimenti di aliquota per chi assume a tempo indeterminato e per chi investe.
g) Misure di vantaggio fiscale per superare i divari tra le regioni, favorendo gli investimenti e mettendo in atto politiche convincenti per evitare l’emigrazione all’estero delle imprese e di molti giovani laureati.
h) Occorre dare certezza a chi produce e consuma, investe e risparmia con un intervento volto a premiare il lavoro e a favorire l’attività di impresa”.

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