Gaza e il fragile equilibrio internazionale: perché l’indipendenza potrebbe cambiare lo scacchiere globale
Gaza e il fragile equilibrio internazionale
In un mondo scosso da guerre, transizioni geopolitiche e nuove alleanze, la questione di Gaza continua a rappresentare uno dei nodi più critici e irrisolti dell’ordine internazionale. Al di là del dramma umanitario, della sofferenza quotidiana, di cui ampiamente si parlerà il 9 maggio su tutti i social network #ultimogiornodigaza, e delle tensioni tra Hamas e Israele, c’è una domanda che agita le cancellerie di tutto il mondo: quale sarebbe l’impatto di una vera indipendenza di Gaza sugli equilibri globali?
Gaza, il nodo strategico dimenticato
La questione palestinese sembra non essere realmente il centro della geopolitica mediorientale. Tuttavia, l’instabilità strutturale della Striscia di Gaza continua a irradiare effetti su scala regionale e globale.
Dopo il ritiro unilaterale di Israele nel 2005, Gaza è divenuta una enclave palestinese de facto indipendente, ma priva di pieno riconoscimento internazionale e sotto embargo militare ed economico. Il controllo di Hamas, dal 2007, ha accentuato la frattura interna al fronte palestinese e cristallizzato una situazione ibrida: né pace, né guerra totale; né piena sovranità, né occupazione diretta.
Intanto, a Gaza, nel silenzio assordante dei nostri media, si consuma un dramma epocale, come ci ricorda Alessandra Filippi nei suoi numerosi post sull’argomento. “Amjad Shawa, coordinatore umanitario a Gaza, noto attivista per i diritti umani – attualmente Vice Commissario Generale della Commissione Indipendente per i Diritti Umani e Direttore Generale della Rete delle ONG Palestinesi (PNGO) – ha avvertito che un numero crescente di bambini rischia di morire di malnutrizione. A causa del blocco, l’intera Striscia sta morendo di fame”. E ribadisce: “Io non so più cosa dire, se non che siamo finiti nella peggiore e più terrificante realtà distopica che mai sia stata immaginata, ed è reale, qui, presente. Dobbiamo unirci, fare rete, parlarci, scambiarci idee, pensieri, restare umani, vigili, attenti. Soprattutto vigili”.
La Striscia sopravvive in un limbo giuridico e politico, dove l’assenza di una soluzione statuale alimenta ricorsivamente il conflitto con Israele e la dipendenza da attori esterni, in particolare Iran, Qatar e Turchia. La recente polarizzazione globale e la crescente delegittimazione dell’ordine liberale offrono però una finestra per ridefinire gli equilibri.
Box cronologico – Gaza: tappe essenziali
1948 – Creazione dello Stato di Israele. La Striscia di Gaza viene posta sotto amministrazione egiziana.
1967 – Guerra dei Sei Giorni: Israele occupa Gaza.
1994 – Con gli Accordi di Oslo, parte dell’amministrazione civile passa all’Autorità Nazionale Palestinese.
2005 – Israele si ritira unilateralmente da Gaza, smantellando insediamenti e basi.
2006 – Hamas vince le elezioni palestinesi.
2007 – Dopo un breve conflitto civile con Fatah, Hamas prende il controllo totale di Gaza. Inizio dell’embargo israeliano ed egiziano.
2008–2023 – Ripetute operazioni militari israeliane (“Piombo fuso”, “Margine di protezione”, “Guardiani delle mura”) e lanci di razzi da parte di Hamas.
2023–2024 – Escalation senza precedenti tra Israele e Hamas. Crisi umanitaria totale nella Striscia. La questione torna al centro del dibattito geopolitico globale.
Mappa geopolitica – La Striscia di Gaza nel Mediterraneo allargato
Gaza come cerniera tra tre mondi strategici: il Mediterraneo orientale, il Mashreq arabo, e il versante africano via Sinai.
Confina con Israele, Egitto, e il mare, ma è completamente isolata da accessi sovrani.
È posta lungo rotte energetiche e infrastrutturali cruciali: gasdotti offshore, corridoi digitali, logistica intercontinentale.
È area di competizione indiretta tra Iran (tramite Hamas) e Israele/Occidente, ma anche tra Turchia, Qatar e Arabia Saudita per l’influenza sul mondo sunnita.
Rilevanza crescente nei calcoli di Cina e Russia, interessate alla penetrazione infrastrutturale nella regione.
Gaza come variabile sistemica
Nel contesto dell’attuale transizione multipolare, l’indipendenza formale di Gaza, se gestita entro un quadro multilaterale e realistico, potrebbe fungere da fattore di stabilizzazione. Non tanto – o non solo – per risolvere la questione palestinese, quanto per ridurre le asimmetrie di potere che alimentano l’instabilità nel Mediterraneo allargato.
Un riconoscimento internazionale di Gaza comporterebbe un riequilibrio dei rapporti di forza nel Levante, limitando l’espansione di influenze extracontinentali ostili all’Occidente; una legittimazione dell’ONU e del diritto internazionale, oggi fortemente erosi da doppi standard e blocchi di veto; un freno al ricorso strumentale della causa palestinese da parte di attori radicali e jihadisti, riducendo così i rischi di proiezione terroristica verso l’Europa e l’Africa settentrionale; una ridefinizione del rapporto tra Israele e mondo arabo, in un momento in cui gli Accordi di Abramo hanno creato nuovi allineamenti asimmetrici.
Gaza come laboratorio geopolitico
L’indipendenza di Gaza non risolverebbe magicamente il conflitto israelo-palestinese né garantirebbe la fine della violenza. Ma segnerebbe un precedente: il passaggio da una logica di contenimento militare a una di gestione politica multilivello. In tal senso, Gaza potrebbe diventare un laboratorio strategico, dove testare nuovi modelli di sovranità, coesistenza e proiezione soft power. L’alternativa – lo status quo – è la radicalizzazione permanente. E il Medio Oriente, come insegna la storia, ha sempre avuto l’abitudine di esportare i suoi traumi.
Il diritto all’autodeterminazione, banco di prova per l’ONU
Sul piano del diritto internazionale, l’indipendenza di Gaza rappresenterebbe una conferma del principio di autodeterminazione dei popoli. Ma anche un banco di prova per le Nazioni Unite, chiamate a tradurre in atti concreti le loro stesse risoluzioni. Se la comunità internazionale fallisse ancora, si rafforzerebbe l’idea che il diritto vale solo per alcuni, minando la fiducia nel sistema multilaterale.
Dalla Palestina al mondo: gli effetti a catena
Infine, Gaza non è un caso isolato. Una sua evoluzione positiva potrebbe fare scuola per altri conflitti rimasti senza soluzione: dal Sahara Occidentale al Kashmir, fino a Taiwan. In un’epoca di grandi incertezze e nuovi blocchi geopolitici, l’indipendenza di Gaza potrebbe diventare un punto di svolta. Non solo per i palestinesi, ma per l’intero ordine mondiale.

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