Bike Economy: la rivoluzione silenziosa che sta cambiando l’Europa

Redazione -

Bike Economy — 

La bicicletta non è più solo un mezzo ecologico: è il motore di un’economia da 150 miliardi l’anno, che trasforma le città, crea occupazione e migliora la qualità della vita

Una nuova economia su due ruote

In un’Europa alle prese con sfide ambientali e urbanistiche, la bicicletta emerge come protagonista di una trasformazione economica e sociale. La cosiddetta “bike economy” comprende la produzione e vendita di biciclette tradizionali ed elettriche, componentistica, manutenzione, infrastrutture ciclabili, turismo su due ruote e servizi di mobilità condivisa. Secondo la Commissione Europea, questo settore genera oltre 150 miliardi di euro all’anno e impiega centinaia di migliaia di persone. In Italia, Legambiente stima che, con politiche mirate, la bike economy potrebbe rappresentare fino al 4% del PIL nazionale.

Crescita del mercato e innovazione tecnologica

La pandemia ha accelerato l’adozione della bicicletta come mezzo di trasporto sicuro e sostenibile. Il report “Cycling Industries Europe 2024” evidenzia che in Europa si vendono oltre 30 milioni di biciclette all’anno, con le e-bike che costituiscono già il 25% del mercato. La produzione europea ha superato i 12 milioni di unità annue, segnando un ritorno del “made in EU” nei segmenti di alta qualità. Le moderne biciclette elettriche sono dotate di motori intelligenti, batterie a lunga durata, sistemi antifurto GPS e funzioni basate sull’intelligenza artificiale per ottimizzare l’assistenza alla pedalata. In Italia, secondo Confindustria ANCMA, nel 2023 sono state vendute oltre 370.000 e-bike, con previsioni di raddoppio entro il 2030.

Impatto urbano e infrastrutturale

Le città europee stanno investendo significativamente in infrastrutture ciclabili. Parigi ha destinato 250 milioni di euro per realizzare 1.000 km di nuove piste ciclabili entro il 2026. Milano, con il progetto “Cambio”, mira a creare una rete metropolitana di 750 km entro il 2035. Secondo uno studio di Transport for London, ogni sterlina investita nella ciclabilità può generare fino a tredici sterline di benefici economici a lungo termine. L’adozione della bicicletta riduce il traffico, diminuisce gli incidenti stradali e migliora la puntualità nei trasporti pubblici. Ogni chilometro percorso in bici anziché in auto evita l’emissione di circa 150 grammi di CO₂. Inoltre, l’uso regolare della bicicletta consente ai sistemi sanitari europei di risparmiare oltre 7 miliardi di euro all’anno, grazie alla riduzione di malattie legate alla sedentarietà e all’inquinamento.

Occupazione e nuove professionalità

La bike economy sta generando nuove opportunità lavorative. Meccanici specializzati in bici elettriche, guide cicloturistiche, progettisti di infrastrutture ciclabili, designer industriali e tecnici della logistica sostenibile sono alcune delle figure emergenti. In Germania, il settore impiega oltre 280.000 persone, mentre in Italia si stima la possibilità di creare fino a 200.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030, se supportati da politiche pubbliche adeguate.

Il boom del cicloturismo

Il cicloturismo rappresenta uno dei segmenti più promettenti della bike economy. Secondo il rapporto Isnart-Unioncamere 2023, in Italia si sono registrate 56,8 milioni di presenze cicloturistiche, con un impatto economico diretto di oltre 5,5 miliardi di euro . Il cicloturista spende in media 95 euro al giorno, cifra che sale a 104,5 euro per i turisti stranieri, superiore alla media dei turisti tradizionali . Percorsi come la Ciclovia del Sole, la VenTo (Venezia-Torino) e la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese stanno attirando visitatori da tutta Europa, incentivando lo sviluppo di B&B, botteghe artigiane, noleggi e ristorazione tipica.fiabitalia.it+2legambiente.it+2mtbi.it+2ilsole24ore.com+5mtbi.it+5repubblica.it+5

Sfide e prospettive future

Nonostante i progressi, la bike economy deve affrontare alcune criticità: sicurezza stradale insufficiente, furti di biciclette frequenti, scarsa integrazione con il trasporto pubblico e resistenza culturale all’abbandono dell’auto privata. Tuttavia, con investimenti mirati, formazione professionale e strategie politiche coerenti, questi ostacoli possono essere superati.