FMI. Il rallentamento strutturale dell’economia globale: regole sì, ma intelligenti

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Innovazione e integrazione: la chiave per rilanciare la crescita in un mondo geopoliticamente instabile
Secondo quanto riporta il Fondo Monetario Internazionale sul suo sito, nel decennio successivo alla crisi finanziaria globale la sfida prioritaria per i policymaker fu il ripristino della stabilità economica. Oggi, in uno scenario segnato dagli effetti della pandemia e dalla guerra in Ucraina, la posta in gioco è ben diversa: come rilanciare la crescita in un mondo frammentato e sempre più incerto?

Il rallentamento strutturale dell’economia globale

Nonostante si sia evitata una nuova crisi di crescita, il rallentamento strutturale dell’economia globale è evidente. Il calo della crescita potenziale è imputabile, in gran parte, alla riduzione della produttività totale dei fattori (TFP), ovvero l’efficienza con cui lavoro e capitale vengono utilizzati. Oltre la metà della crescita mancata dalla crisi del 2008 è riconducibile a questo freno.

La buona notizia è che la produttività può essere rilanciata. Serve però un doppio binario: da un lato, riforme strutturali per rimuovere gli ostacoli alla riallocazione efficiente delle risorse; dall’altro, un utilizzo mirato delle nuove tecnologie, prima fra tutte l’intelligenza artificiale.

Regole sì, ma intelligenti

Nonostante tutto, un esempio virtuoso è rappresentato dagli Stati Uniti, dove il sistema economico è sufficientemente flessibile da permettere ai fattori produttivi di spostarsi verso le imprese più innovative. Al contrario, molti altri Paesi soffrono per barriere normative e vincoli finanziari. Colmare anche solo del 15% il divario di efficienza allocativa rispetto agli USA potrebbe generare un incremento annuo dell’1,2% della crescita globale.

Attenzione, però: non si tratta di invocare una deregolamentazione selvaggia. Le regole servono, ma vanno valutate in base al loro impatto sul benessere complessivo. Alcune, come quelle a tutela della stabilità finanziaria, sono indispensabili. Altre, invece, possono proteggere rendite di posizione e soffocare l’innovazione.

L’IA come motore di crescita

La rivoluzione dell’intelligenza artificiale rappresenta un potenziale game changer. La sua capacità di aumentare la produttività del lavoro dipenderà da quanto e come verrà adottata. Il rapido calo dei costi dei modelli generativi, scesi di un fattore 10 all’anno secondo alcune stime, rende l’accesso più diffuso e apre scenari di crescita significativi. Al tempo stesso, però, bisogna prepararsi ai profondi impatti sociali e occupazionali che l’IA potrebbe generare.

Un nuovo equilibrio globale

Sul fronte geopolitico, l’integrazione globale è messa alla prova. Negli ultimi 15 anni, barriere a capitali, beni e persone si sono moltiplicate. Eppure, il commercio mondiale ha dimostrato una resilienza sorprendente. Le catene globali del valore si stanno riallineando: molte imprese multinazionali, per aggirare i vincoli, hanno spostato la produzione in Paesi “ponte” come Messico, Marocco e Vietnam, capaci di commerciare sia con l’Occidente sia con la Cina.

Tuttavia, questa nuova geografia del commercio comporta costi: supply chain più lunghe e fragili, opacità nei flussi, maggiore difficoltà nel prevenire rischi sistemici. Il rischio, in ultima analisi, è che troppa frammentazione finisca per erodere la crescita globale.

Una crescita più equa e sostenibile

L’integrazione commerciale ha aumentato il PIL globale del 6,8% tra il 1995 e il 2020, e nei Paesi a basso reddito il guadagno è stato ancora più marcato. Ma non tutti ne hanno beneficiato allo stesso modo. In particolare nei Paesi avanzati, l’accelerazione del cambiamento ha spesso lasciato indietro alcune fasce sociali, esacerbando le disuguaglianze. È qui che entrano in gioco le politiche: rendere più facile la mobilità dei lavoratori, rafforzare le reti di protezione sociale, favorire la riqualificazione e sostenere i più vulnerabili può ridurre l’impatto dei “trade shock” e aumentare il consenso verso l’integrazione.

Come nel 1944, quando nacque il FMI a Bretton Woods, anche oggi il mondo ha bisogno di una visione condivisa. L’integrazione e l’innovazione non sono fini a sé stesse, ci ricorda il FMI, ma strumenti per migliorare occupazione e benessere. Con politiche intelligenti e lungimiranti, possiamo affrontare le sfide del nostro tempo e riaccendere la fiamma della crescita globale.