ING- Dazi, conto alla rovescia: il 9 luglio finisce la pausa voluta da Trump – Ecco cosa potrebbe succedere

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Annunciando i dazi ad aprile, Trump aveva promesso l’invio di proposte commerciali da “prendere o lasciare”. Quando arriveranno? Le aliquote tariffarie torneranno all’intervallo tra l’11% e il 50% annunciato il 2 aprile, oppure ci saranno diverse proroghe oltre la scadenza del 9 luglio in caso di negoziati “in buona fede”?

A una settimana esatta dalla fine della tregua sui dazi di 90 giorni, ecco un’istantanea della situazione attuale. Tenete presente che molto può cambiare da qui a quella data.

Dazi, la situazione a una settimana dalla fine della tregua

Ecco un elenco delle aliquote tariffarie attualmente in vigore:

Mondo:

  • Tariffa universale IEEPA (al 5 aprile): 10%
  • Tariffe Sezione 232:
  • Auto (dal 3 aprile) e ricambi auto (dal 3 maggio): 25%
  • Regno Unito: contingente tariffario del 10% per 100.000 veicoli
  • Acciaio e alluminio e alcuni articoli derivati ​​in acciaio e alluminio (al 4 giugno): 50% (il contenuto non metallico è soggetto a tariffe reciproche)
  • Regno Unito: 25% (almeno fino al 9 luglio)

Cina:

  • Dazio base: 30% (dal 14 maggio)
  • Aliquota tariffaria effettiva: fino al 55% (include i dazi pregressi di Trump/Biden ai sensi della Sezione 301); dazio del 55% stabilito nell’ambito dell'”accordo quadro” che deve ancora essere confermato
  • Eliminazione della regola de minimis (per merci inferiori a 800 dollari): dazio del 54% o una commissione di 100 dollari per ogni pacco postale (dal 14 maggio)

Canada e Messico:

  • 25% per beni non conformi allo standard USMCA
  • 10% per energia e potassa non conformi allo standard USMCA

Accordi di riduzione dei dazi e negoziati commerciali

Nelle ultime settimane, si sono susseguite sporadiche notizie di accordi conclusi o quasi conclusi, nonché di negoziati commerciali in stallo. Secondo la stampa, sono imminenti accordi con non più di 10 importanti partner commerciali. I vari Paesi colpiti si stanno affrettando, ma il tempo stringe, e potrebbero essere necessarie proroghe dell’esenzione dai dazi anche oltre il 9 luglio.

Cina: gli Stati Uniti hanno già finalizzato un accordo chiave con la Cina, garantendo l’esportazione di minerali di terre rare in cambio della revoca di alcune contromisure imposte da Pechino. Non sono stati divulgati dettagli o un documento ufficiale, probabilmente a causa della delicatezza dell’accordo, che riguarda risorse strategiche e le tensioni geopolitiche in corso.

Sebbene l’accordo tra Stati Uniti e Cina segni una significativa de-escalation, visto che entrambe le nazioni in precedenza avevano imposto dazi doganali ad ampio spettro e altre limitazioni al commercio internazionale, non dobbiamo dimenticare che l’aliquota tariffaria effettiva per le merci che entrano negli Stati Uniti dalla Cina è ancora del 55%. Inoltre, sono in atto diverse contromisure anti-dumping. Le tensioni rimangono elevate, poiché Pechino esprime forte malcontento per la stipula di accordi commerciali con gli Stati Uniti da parte di altri Paesi, che ritiene indeboliscano i propri interessi.

UE: Trump ha minacciato di aumentare i dazi al 50% anziché al 20% a partire dal 9 luglio, se Stati Uniti e Unione Europea non riusciranno a raggiungere un accordo. La ritorsione dell’UE, d’altra parte, entrerà in vigore a partire dal 14 luglio. Un punto critico per gli Stati Uniti rimangono le barriere non tariffarie, come il Digital Markets Act (DMA) dell’UE o il suo Carbon Border Adjustment Mechanism. Alcuni rapporti suggeriscono, tuttavia, che l’UE si sia dichiarata pronta a concedere alle aziende americane eccezioni al DMA, qualora Bruxelles ottenesse esenzioni settoriali specifiche dai dazi o dalle quote commerciali statunitensi, soprattutto in settori chiave come automotive, acciaio, alluminio, prodotti farmaceutici e semiconduttori, accettando al contempo una tariffa universale del 10%.

Canada: i colloqui commerciali tra Canada e Stati Uniti sono ripresi dopo un periodo di tensione, causato principalmente dalla proposta canadese di una tassa sui servizi digitali (DST). Il Canada aveva pianificato di introdurre una tassa del 3% sui servizi digitali per le grandi aziende tecnologiche che operano nel paese. Questa tassa, retroattiva al 2022, è stata vista dagli Stati Uniti come un attacco diretto alle imprese americane. Così, Trump ha interrotto tutti i colloqui commerciali con il Canada. Per allentare la tensione e riprendere i negoziati, il primo ministro canadese Mark Carney ha annunciato l’abrogazione della DST poco prima della sua entrata in vigore. Entrambe le parti mirano ora a finalizzare un nuovo accordo commerciale entro il 21 luglio.

Il nostro scenario di base: non prevediamo che i negoziati in corso si concludano entro il 9 luglio. Per questo è probabile che vengano previste proroghe per i colloqui in corso. Il Canada si è già assicurato una proroga fino al 21 luglio, accettando le richieste degli Stati Uniti di abolire la tassa sul digitale. Per la Cina, la scadenza ufficiale rimane il 12 agosto, sebbene non sia chiaro se il recente accordo quadro commerciale tra Stati Uniti e Cina abbia annullato tale scadenza. D’altronde, rimaniamo ancora in attesa di un annuncio formale.

Sono possibili tensioni temporanee, ad esempio tra Stati Uniti e Giappone, in particolare per quanto riguarda i dazi sulle auto, o tra Stati Uniti e UE, con ritorsioni simboliche in aree in cui gli Stati Uniti non offrono sufficienti concessioni ai partner commerciali (ad esempio, ritorsioni dell’UE, ma in aree non sensibili).

La posizione USA sui dazi non cambia: il protezionismo resta

Nonostante i negoziati commerciali, gli Stati Uniti non stanno inseguendo la reciprocità: i ricavi da dazi restano un obiettivo chiave per finanziare almeno una parte del Big Beautiful Bill Act. Il Segretario al Commercio Howard Lutnick lo ha detto chiaramente: accordi su dazi reciproci a 0 non sono sul tavolo.

Uno sguardo più da vicino al Project 2025 suggerisce che adottare dazi speculari con l’estero riduce di più il deficit commerciale rispetto a tagli reciproci degli stessi dazi.

Il nostro scenario base:

È improbabile che l’attuale aliquota tariffaria media del 13% cambi entro la fine dell’anno. Il protezionismo è ancora il tema del momento per gli Stati Uniti, anche se le tariffe doganali non aumenteranno ai livelli di reciprocità visti ad aprile. La tariffa di base del 10% è destinata a rimanere. Prevediamo ancora un aumento dei dazi settoriali nel terzo e quarto trimestre, in seguito alla conclusione delle indagini della Sezione 232 e 301, anche se varieranno a seconda del partner commerciale, con un’aliquota ridotta della nazione più favorita (MFN, Most Favoured Nation) o con l’introduzione di quote.

Settori interessati: rame, legname, gru, minerali critici, farmaci, semiconduttori, costruzioni navali, camion e aerei, mentre sono già in vigore tariffe su automobili e parti di automobili, alluminio e acciaio. Ciò significa che l’aliquota tariffaria media degli Stati Uniti rimarrà intorno al livello attuale, ad esempio tra il 12-15%, mentre l’UE dovrà ancora fronteggiare dazi di circa il 10-15% e la Cina di circa il 50%.

Cambiamenti commerciali strategici: alleati intrappolati tra Stati Uniti e Cina

Nonostante i potenziali accordi commerciali, la guerra dei dazi e la riorganizzazione dei flussi delle merci sono tutt’altro che finite. Con l’introduzione da parte del Canada di un nuovo contingente tariffario (TRQ) sulle importazioni di prodotti siderurgici da partner non firmatari di accordi di libero scambio (ALS) a partire dal 27 giugno, il reindirizzamento delle merci attraverso paesi terzi sta diventando sempre più difficile. La Cina ha nuovamente espresso forte malcontento nei confronti di altri Paesi che stipulano accordi commerciali con gli Stati Uniti, ritenendoli lesivi dei propri interessi. Il ministero del Commercio cinese ha avvertito che avrebbe adottato “contromisure ferme e risolute” qualora tali accordi fossero a spese della Cina, definendo la strategia statunitense di tariffe reciproche “bullismo unilaterale” che sconvolge l’ordine commerciale internazionale.

La strategia tariffaria degli Stati Uniti potrebbe dare il via a compromessi commerciali a livello globale e infine isolare la Cina, con i Paesi presi di mira da potenziali misure tariffarie statunitensi che farebbero concessioni significative, migliorando in definitiva le relazioni commerciali tra gli Stati Uniti e il resto del mondo a spese di Pechino.

Poiché la Cina è percepita come la principale minaccia geopolitica per l’amministrazione statunitense, è molto probabile che le politiche americane si concentrino maggiormente su ostacoli commerciali indiretti, tra cui investimenti, social media e cooperazione tecnologica, spingendo le aziende a ridurre i loro affari con la Cina se desiderano investire negli Stati Uniti. Questo mette sia i partner commerciali asiatici/cinesi che gli alleati degli Stati Uniti in una posizione difficile.

Se da un lato molti partner commerciali hanno avviato indagini anti-dumping su alcune pratiche commerciali della Cina, in termini di importazioni il mercato cinese è ancora più importante di quello degli USA per i paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico (ASEAN), i paesi africani, latinoamericani e persino per la Germania. Molti paesi dipendono da componenti e materie prime cinesi, e la flessibilità della Cina nel limitare le esportazioni di terre rare dimostra che non esiste una via d’uscita facile quando si tratta di scegliere tra Washington e Pechino.

Cos’altro tenere d’occhio: le sentenze dei tribunali

Il 31 luglio rimane la data chiave da seguire nella battaglia legale sui dazi IEEPA. Mentre la Corte per il Commercio Internazionale degli Stati Uniti (CIT) ha stabilito che Trump ha oltrepassato i limiti della sua autorità ai sensi dell’IEEPA, con un impatto sui dazi su Cina, Canada, Messico e altri Paesi, la Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Circuito Federale (CAFC) ha sospeso la sentenza della CIT, il che significa che i dazi IEEPA per il momento rimangono in vigore. Una decisione definitiva è prevista per agosto, anche se i tempi esatti dipenderanno dalla rapidità con cui la corte si pronuncerà dopo l’udienza.

Se la CAFC confermasse la sentenza della CIT, il caso potrebbe essere portato alla Corte Suprema degli Stati Uniti (la Corte Suprema ha respinto la richiesta di due piccole imprese di accelerare il procedimento, il che significa che il procedimento proseguirà secondo l’iter normale). Inoltre, anche la sentenza della Corte Suprema del 27 giugno, che limita significativamente l’uso di ingiunzioni nazionali (o universali), potrebbe avere ripercussioni sul contenzioso tariffario IEEPA. Ciò significa che solo i ricorrenti in quel caso specifico potrebbero trarne beneficio, mentre coloro che cercano un risarcimento più ampio potrebbero ora dover richiedere la class certification, con cui la corte estenderebbe esplicitamente la sentenza ai casi simili.