Treasury USA: negoziati dazi aumentano volatilità nel breve termine, deficit pesa nel lungo
Ora che si conosce il disegno di legge sulla spesa degli Stati Uniti, il rischio maggiore a breve termine per i Treasury è rappresentato dalle notizie sui dazi e dai dati economici. Prevediamo un rallentamento negli Stati Uniti e un continuo indebolimento dei dati sul mercato del lavoro, ma non prevediamo una recessione. Finora i dati sull’inflazione hanno sostenuto i tagli, grazie a quattro mesi di inflazione core migliore del previsto, ma non crediamo che la Fed vorrà muoversi prima che i livelli dei dazi siano stati definiti e che sia certa che gli effetti di secondo impatto non si rifletteranno sui prezzi (in assenza di un rallentamento più significativo della crescita dell’occupazione).
I deficit continueranno a rappresentare un fattore sfavorevole per i Treasury nei prossimi anni, dato che il governo offrirà al mercato 2.000 miliardi di dollari di nuova offerta netta ogni anno. Non prevediamo un momento alla “Liz Truss” del 2022 negli Stati Uniti, ma ci aspettiamo che la volatilità dei tassi rimanga elevata rispetto alla media post-crisi finanziaria globale e che si alternino periodi in cui il mercato sarà più preoccupato per i deficit e periodi in cui sarà più preoccupato per la crescita/occupazione. A parità di altre condizioni, ciò si tradurrà in premi a termine più elevati rispetto alla media post-crisi finanziaria globale.
Le nostre aspettative sui dazi non sono cambiate. Gli accordi commerciali sono complessi e difficili da negoziare e non riteniamo che i partner commerciali degli Stati Uniti siano necessariamente incentivati a cedere e ad accettare le richieste degli Stati Uniti. Riteniamo che il presidente Trump vorrà negoziare una base del 10%, ma che il percorso per arrivarci potrebbe essere difficile e che il rischio è quello di dazi più elevati e non più bassi, in particolare se gli Stati Uniti dovessero constatare che gli altri paesi non stanno collaborando. In definitiva, prevediamo che Trump annuncerà nelle prossime settimane le linee generali di alcuni accordi, ma che imporrà anche nuovi dazi reciproci ai paesi che ritiene non stiano negoziando in modo equo. Si tratta di una tattica che abbiamo già visto diverse volte negli ultimi mesi; tuttavia, non crediamo necessariamente che il mercato reagirà, convinto che alla fine Trump farà nuovamente marcia indietro.
Anche un dazio del 10% su tutti i prodotti è superiore a quanto previsto dalla maggior parte degli operatori all’inizio dell’anno, pertanto continuiamo a prevedere una crescita del Pil reale inferiore negli Stati Uniti e un aumento del PCE core, anche se con un impatto molto inferiore rispetto ai livelli previsti all’inizio di aprile. Tuttavia, più a lungo persiste l’incertezza, maggiore sarà il freno alla crescita, poiché le aziende e i consumatori avranno maggiori difficoltà a prendere decisioni di acquisto.
Il credito continua a offrire solidi rendimenti corretti per il rischio, in particolare in Europa.

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