AcomeA SGR – Obbligazionario sotto la lente: Btp, carry e opportunità asimmetriche nel 2026
Il 2026 si apre in un contesto obbligazionario intrappolato nella K-shaped economy: una parte ristretta dell’economia globale continua a performare, mentre la gamba bassa – famiglie, aziende e paesi più deboli – richiede un supporto permanente che i policy maker mantengono attraverso politiche fiscali e monetarie eccezionalmente espansive. Il 2025 ha reso evidente questa dinamica: prima il “Liberation Day”, quando il mercato ha messo in dubbio la sostenibilità di tariffe aggressive, tagli fiscali finanziati da entrate doganali e rottura dell’ortodossia americana; poi l’illusione di un’economia immacolata, alimentata da una crescita USA resiliente, un’inflazione meno reattiva del previsto e un record di tagli delle banche centrali pari solo al 2008 e al 2020.
Questo mix ha spinto equity e credito ai massimi, comprimendo la volatilità e accentuando le dislocazioni già visibili in Europa: government spread negativi, OAT che rendono più dei Btp, corporate A che trattano sotto i governativi e curve core irripidite oltre i fondamentali dopo un drawdown del 50-70%. Questo sistema di stimoli è un regime difficile da smontare, soprattutto alla vigilia delle elezioni midterm americane, ma che amplia le vulnerabilità sistemiche – dal private debt alla parte più fragile del credito – e lascia i mercati esposti a code più larghe sia in positivo sia in negativo.
Europa: opportunità sui titoli “core” lunghi
In questo contesto la duration è tornata un alleato importante dei portafogli, ma solo nei segmenti in cui i prezzi riflettono valore reale. Non negli Stati Uniti, dove il rischio di un nuovo rialzo dei term premia rimane elevato, la politica fiscale resta espansiva e un’inflazione core stabilmente sopra il 3% limita la credibilità di un easing profondo. Abbiamo già preso profitto sul long end dei TIPS e dei Treasury: oggi il miglior rapporto rischio/rendimento si trova nel Regno Unito e soprattutto nei titoli a lungo e ultralungo termine europei.
L’Europa rimane profondamente dislocata: OAT che rendono più dei Btp, corporate A sotto i governativi e government spread negativi convivono con fondamentali in deterioramento. È proprio questa incoerenza a creare valore sulla duration core, dove la curva tedesca 2–30 anni ha superato i 140 punti base, massimo dal 2019, e dove i titoli lunghi e ultra-lunghi – Austria, Germania, Francia e UK – hanno perso il 60–70% del prezzo nell’ultimo quinquennio. Oggi scambiano su livelli storicamente depressi, con valutazioni che offrono carry, convessità e un profilo asimmetrico unico nel reddito fisso.
Alcuni rischi restano, come la riforma dei fondi pensione olandesi o l’irripidimento della curva giapponese – che possono ancora spingere all’irripidimento della curva europeo, ma il quadro di fondo resta favorevole: con la Bce che ha anche spazio per portare i tassi verso l’1,5–1,75% e un posizionamento ancora lontano dal consensus, il long e ultralong europeo combinano protezione in caso di risk-off e potenziale di plusvalenze ben superiore al semplice carry.
Il caso Italia
L’Italia rappresenta un caso distinto. Da un lato il Btp resta ordinato, sostenuto da domanda domestica stabile e da un riposizionamento dei flussi straordinario; dall’altro le valutazioni sono tirate. Uno spread Btp–Bund intorno ai 70 bps è poco giustificato dai fondamentali – crescita potenziale debole, margini fiscali limitati, rischio geopolitico non trascurabile – e difficilmente può comprimersi molto di più sulla base del merito creditizio. Tuttavia, sono i flussi a dominare la price action: il riequilibrio in atto nei portafogli dei grossi investitori istituzionali e la supply possono spingere il differenziale anche verso area 50 nel 2026.
Selettivi nel credito
Sul credito manteniamo un approccio molto selettivo: l’esposizione semplice / beta sul mercato europeo rimane da evitare, con spread vicini ai minimi del decennio e un premio per il rischio ormai quasi del tutto eroso. Il valore non è nel mercato nel suo complesso ma in alcune aree attentamente selezionate. Ad esempio, nella struttura bancaria, dove certi emittenti presentano oggi CET1 significativamente più elevati rispetto ai cicli precedenti. È questo miglioramento patrimoniale, non ancora correttamente riflesso nei prezzi, che crea la principale dislocazione: una parte dei subordinati, dagli AT1 ai T2 fino ai senior di lunga scadenza, continua a offrire rendimenti intorno al 6% pur essendo emessi da banche sistemiche con bilanci visibilmente rafforzati. Molto meno interessante l’universo degli ibridi corporate, che ha già corso in maniera eccessiva negli ultimi anni e oggi mostra un’asimmetria limitata. Più promettente invece il comparto delle convertibili, che riesce a combinare carry, convessità e optionalità azionaria in un contesto di dispersione crescente: in un mercato con spread compressi e premio per il rischio ridotto, la componente opzionale diventa una fonte di alpha più affidabile del semplice beta creditizio e qui preferiamo esposizione all’immobiliare residenziale europeo.
Emergenti: valore concentrato sul debito locale
Nei mercati emergenti il valore nel 2026 resta concentrato sul debito locale, dove i rendimenti reali continuano a muoversi su livelli che il mondo sviluppato non è più in grado di offrire. Brasile, Messico e Colombia in particolare mantengono tassi reali nell’area 6-10%, con banche centrali che hanno iniziato il ciclo di easing più tardi rispetto ai Paesi avanzati e conservano quindi margine per tagli più profondi proprio mentre il dollaro mostra segnali di indebolimento strutturale. Sul tratto lungo dei principali mercati latinoamericani la combinazione di carry elevato, convexity e potenziale supporto valutario genera uno dei pochi profili risk-adjusted realmente interessanti nell’universo obbligazionario globale. In un contesto dominato da valutazioni tirate e da una crescente dispersione macro, il debito locale resta uno dei pochi segmenti dove rendimento reale e asimmetria convivono, sia sulle curve nominali che inflation-linked ma anche sui tassi variabili, in qualche caso.
Nell’hard currency il quadro è più selettivo: dopo il rerating del 2025, il beta ha perso attrattiva e il valore risiede solo nelle storie in cui la traiettoria fiscale sta migliorando e il rischio politico è più gestibile. Egitto, Romania, Colombia, continuano a offrire spread che non riflettono pienamente il miglioramento dei fondamentali, mentre manteniamo un’esposizione tattica marginale a contesti ad alta opzionalità come l’Argentina e l’Ucraina.
Nel 2026 la performance nei mercati obbligazionari sarà guidata dalla gestione tattica, non dal semplice carry. Continueremo a concentrarci su storie idiosincratiche con upside ancora vicino alla doppia cifra, preservando al tempo stesso liquidità e capacità di manovra. Le strategie di macro-hedging restano centrali: proteggono il portafoglio nei momenti di stress e ci consentono di intervenire nelle fasi di correzione con prezzi più favorevoli, massimizzando il potenziale di rendimento complessivo per i nostri investitori.

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