Rapporto Censis-Assogestioni: che cosa fare della liquidità degli italiani?

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E’ stato presentato al Salone del Risparmio il 4° Rapporto Assogestioni-Censis «Finanza: che cosa fare della liquidità degli italiani?»

Una prima evidenza è una riduzione della cash mania. Nel 2022 il contante nel portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie italiane si è ridotto di oltre 20 miliardi di euro rispetto all’anno precedente: -1,6% in termini reali. Nel mese di marzo 2023 il valore dei depositi sui conti correnti bancari era diminuito del 6,1% rispetto al marzo 2022. L’inflazione (all’8,7% nel 2022) ha ridotto l’attrattività del contante, che nei dieci anni precedenti era aumentato complessivamente di quasi 470 miliardi di euro (+61,8%). Oggi 4 risparmiatori su 10 dichiarano che nell’ultimo anno, a causa della fiammata inflattiva, hanno cambiato le proprie idee su come impiegare i risparmi. Il 33% dei consulenti finanziari ha registrato in corso d’anno una più alta propensione dei propri clienti a liberarsi della liquidità accumulata.

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L’intenzione di riallocare il cash in portafoglio apre una stagione di decisioni sul risparmio per gli italiani. Ma le competenze dei risparmiatori su risparmi, investimenti e processi economici sono molto deboli. Sono stati somministrati quattro quesiti a un campione per verificare la reale conoscenza dell’inflazione, dell’effetto di tassi attivi sui depositi, di tassi passivi sui prestiti, della differenza tra azioni e obbligazioni. Il 40,9% dei risparmiatori italiani non conosce l’effetto dell’inflazione sul potere d’acquisto dei redditi, il 35% non sa come opera il tasso di interesse attivo su un conto corrente, il 47,8% non comprende gli effetti del tasso di interesse passivo su un prestito bancario, il 41,6% non sa distinguere tra azioni e obbligazioni. Sui quattro quesiti di verifica della reale educazione finanziaria, il 26,2% degli italiani ha risposto correttamente a due quesiti, il 16,2% ha risposto correttamente a un solo quesito, il 9,1% a nessun quesito.

Emerge poi un gap tra quello che i risparmiatori pensano di sapere e quello che sanno veramente. Tra le persone che dichiarano di sapere che cos’è l’inflazione, 4 su 10 non sanno che riduce il potere d’acquisto dei redditi. Vale per il 34,2% dei laureati, il 38,2% dei diplomati e il 63,2% di chi detiene titoli di studio più bassi. La verifica delle reali conoscenze finanziarie smentisce l’autovalutazione positiva di molti risparmiatori. Tra coloro che pensano di avere adeguate conoscenze finanziarie, il 25,4% ha risposto bene a due quesiti, il 15,4% a un solo quesito, il 7,1% a nessun quesito.

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La presunzione di sapere espone al rischio di fare scelte finanziarie sbagliate. Il 40,2% di chi è convinto di possedere adeguate conoscenze finanziarie ha sperimentato perdite sui propri investimenti rispetto al 29,8% di chi pensa di non avere adeguate conoscenze in materia. L’eccesso di fiducia nelle proprie competenze porta ad abbassare la guardia e ad esporsi di più. Tra chi pensa di possedere ottime o buone conoscenze finanziarie, il 14,3% è pronto a prendersi alti rischi per ottenere subito rendimenti elevati rispetto al 7,9% di coloro che pensano di non avere sufficienti competenze.

Il 37,4% dei risparmiatori pensa che gli investimenti remunerativi siano dovuti solo al caso, che i rendimenti dipendano dalla fortuna. Lo pensa il 43,9% di chi è in possesso di un basso titolo di studio, ma anche il 39,2% dei diplomati e il 32,5% dei laureati. L’irrazionale nel rapporto con il risparmio e con gli investimenti è ancora molto diffuso. Per tanti risparmiatori investire è come giocare al superenalotto: contano solo il caso e la buona sorte. Il 46,6% di chi non possiede adeguate competenze finanziarie pensa che i buoni investimenti dipendano dalla fortuna, ma anche il 30,8% di chi dichiara di essere competente in materia.

Il 55,9% dei consulenti finanziari intervistati ritiene che il termine che descrive meglio lo stato d’animo attuale dei loro clienti è «cautela». Seguono il disorientamento (40,0%), l’ansia (24,3%) e la speranza (16,5%). In merito alle conoscenze finanziarie dei propri clienti, meno dell’1% dei consulenti le definisce ottime, il 21,3% le giudica buone, il 50% sufficienti, il 28,2% insufficienti. Solo al 7,1% dei consulenti capita spesso di incontrare clienti con una educazione finanziaria elevata.