Cosa porterà l’anno del drago?

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Per il calendario cinese è appena iniziato l’anno del drago, che simboleggia la fortuna, la forza e la prosperità. Gli ultimi tempi non sono stati facili per l’economia cinese che sta gestendo diverse difficoltà. La ripresa dalla pandemia è stata più anemica del previsto: in parte perché con una struttura di welfare più asciutta rispetto all’Occidente non c’è stata la stessa accumulazione di risparmio da parte dei lavoratori dipendenti, che in larga misura non hanno percepito compensi durante i lockdown; in parte perché il Paese sta digerendo un periodo di elevati (e forse eccessivi) investimenti nel settore immobiliare. Inoltre, in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, la Cina ha riportato un deficit per quanto riguarda gli investimenti esteri nel terzo trimestre 2023, cosa che non era mai successa in tempi recenti.

Di pari passo, si sono registrati deflussi dal mercato azionario: molti investitori esteri hanno evidentemente ridotto le proprie posizioni (nonostante le valutazioni molto basse), anche per via del potenziale rischio di limitazione agli investimenti nel Paese a fronte di una situazione geopolitica particolarmente tesa. Dal 2021 il ritorno medio annuo è stato di -10% per l’indice CSI 300 (domestico) e di -19% per l’indice MSCI China (internazionale) e per il momento quest’anno non ha segnato una svolta. In realtà, il quadro economico non è così negativo come si potrebbe pensare guardando alla borsa, la crescita del prodotto interno lordo (PIL) lo scorso anno è stata superiore al 5% e il governo ha messo in campo una serie di misure per stimolare l’economia, seppur in misura minore rispetto a quanto atteso dal mercato.

Per esempio, il governo ha annunciato emissioni di obbligazioni per 1000 miliardi di renminbi aumentando il deficit al 3,8% nel 2023. La People’s Bank of China ha ridotto i coefficienti di riserva di mezzo punto percentuale, di fatto aumentando la liquidità disponibile nell’economia. Inoltre, con l’intento di scoraggiare operazioni speculative, le autorità hanno introdotto divieti sulle vendite allo scoperto, mentre alcuni fondi sovrani (spesso indicati come National Team) hanno aumentato le proprie partecipazioni in titoli locali. Prendendo a riferimento il tanto dibattuto settore immobiliare, lo scorso anno sono stati eliminati alcuni divieti riguardo acquisti immobiliari plurimi nelle principali città, allargato la possibilità di accedere ai benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, ridotti i tassi sui mutui e introdotti alcuni incentivi per i costruttori.

Ci aspettiamo che le autorità cinesi continuino a favorire queste attività con politiche fiscali e monetarie per raggiungere un obiettivo di crescita del 5% che ci attendiamo venga confermato durante l’Assemblea nazionale del popolo di marzo. La performance di qualsiasi asset finanziario non è legata solo ai suoi fondamentali, ma anche alla domanda e offerta da parte degli investitori.

Il mercato finanziario cinese presenta valutazioni molto basse (l’indice MSCI China tratta a un multiplo degli utili di circa 9x che si confronta con oltre 20x per il mercato statunitense, a forte sconto anche rispetto agli altri mercati emergenti e alla storia del mercato cinese) perché c’è stato un forte deflusso di capitali esteri.

Non si può escludere un’ulteriore sottoperformance nel caso in cui si materializzassero delle limitazioni agli investimenti in Cina da parte di alcuni Paesi. Tuttavia, da queste valutazioni, modesti miglioramenti della situazioni geopolitica potrebbero portare a un recupero consistente a medio-lungo termine. In considerazione di queste incertezze legate a fattori geopolitici, nell’ambito di un portafoglio globale, abbiamo una preferenza per l’indice allargato dei mercati emergenti (MSCI Emerging Markets Index), di cui la Cina rappresenta circa il 30%. I mercati emergenti dovrebbero beneficiare di un ciclo di riduzione dei tassi d’interesse e delle valutazioni contenute che presentano al momento.