Quaestio SGR: chi vince la partita tra small e large cap?

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Il tema della lotta all’inflazione e del taglio dei tassi di interesse continua a rimanere sullo sfondo, con le Banche centrali che, di fatto, sono ancora in grado di indirizzare anche i principali mercati azionari. Del resto sia la FED che la BCE stanno seguendo una narrazione orientata ad un progressivo ma lento percorso di revisione al ribasso degli attuali tassi, andando così ad impattare sull’andamento di determinati settori.

Una partita interessante è quella tra nomi a più grande capitalizzazione rispetto alle cosiddette smid cap, con le large cap che stanno mettendo a segno una sovraperformance molto marcata sulle due sponde dell’Atlantico. Tuttavia, alla base del rally, ci sono ragioni eterogenee che solo parzialmente combaciano per le large cap statunitensi e quelle europee.

Da un punto di vista generale, i fattori alla base della sovraperformance delle large cap – sia negli Stati Uniti che in Europa – sono da ricercare in fattori quali: il contenuto livello di indebitamento, la significativa riserva di cash ed una minor sensibilità tanto ai costi di rifinanziamento del debito quanto all’andamento dell’economia in senso lato.

Guardando invece alle differenze tra Stati Uniti e Vecchio Continente, il punto di partenza è di natura settoriale. Se, infatti, il rally delle large cap statunitensi si spiega soprattutto perché si tratta di nomi che operano nel segmento tecnologico e dell’intelligenza artificiale – il riferimento va ovviamente ai cosiddetti Magnifici Sette – le super large cap europee (meno di 10 nomi) che dominano il mercato hanno in comune non il settore di riferimento quanto piuttosto altri aspetti, primo tra tutti quello legato alla solidità di bilancio.

Quindi, in ottica di medio periodo, le small cap sono destinate a perdere il confronto anche nel secondo semestre dell’anno? La prima considerazione è che oggi siamo ad un punto in cui c’è meno differenziale di performance: le small cap che sono rimaste competitive, nei fatti, sono quelle che hanno bilanci sani e che, nei prossimi mesi, potrebbero recuperare in termini di multipli. E che, soprattutto, hanno al momento valutazioni inferiori rispetto ai nomi a più grande capitalizzazione. Ovviamente, però, bisogna considerare anche la maggior sensibilità delle small cap all’andamento dell’economia in senso generale e, di conseguenza, i possibili rischi all’orizzonte sono da ricercare in un ipotetico scenario caratterizzato dalla salita dell’inflazione e dei tassi.