Quaestio SGR: dal Giappone all’India al Messico, quanto conta la variabile politica?

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Nella prima parte dell’anno il complesso e variegato universo dei mercati emergenti ha performato in linea con le aspettative del consensus con il MSCI Emerging Markets, che ha segnato un rendimento YTD pari a +7,68% (in USD).

Guardando alle diverse regioni geografiche, e partendo dall’area dell’Asia e del Pacifico, non mancano tuttavia le differenze. Cominciando da Tokyo, ad esempio, la nostra view continua ad essere positiva per diverse ragioni, non ultima l’attuale forza del biglietto verde nei confronti dello yen, elemento positivo per l’economia giapponese, da sempre fortemente orientata all’export. Da qui, tuttavia, emerge anche il primo possibile rischio, vale a dire l’eventualità che un ipotetico cambio di rotta della politica monetaria statunitense possa modificare i rapporti di forza tra dollaro e yen zavorrando così la propensione all’esportazione di Tokyo. Ampliando però la nostra indagine a tutti gli aspetti legati all’economia giapponese, è il fronte domestico a farci ben sperare. In primo luogo il Paese è riuscito a raggiungere un livello di inflazione confortante, soprattutto se pensiamo che viene da un ventennio dominato dalla deflazione. Inoltre non mancano le riforme: a partire dalla rinegoziazione al rialzo dei salari per arrivare agli interventi in Borsa che tendono a premiare quelle società più virtuose, sia per quanto riguarda azioni in tema di corporate governance, che per quanto ruota intorno agli interventi volti al miglioramento del rapporto tra prezzo di mercato e book value, rapporto questo storicamente sempre molto contenuto in Giappone.

Guardando altrove, la lente negli ultimi mesi è stata indirizzata sull’India, intuibilmente per ragioni di natura politica ed elettorale. Il Paese, in questo momento, sembra viaggiare su multipli elevati che dipendono, in larga parte, dai significativi afflussi internazionali che sono arrivati negli ultimi anni, parzialmente riconducibili anche ai deflussi in uscita dalla Cina. Al momento dunque, non ci sono specifiche ragioni che possano allontanare l’India dalle preferenze di un investitore internazionale, ma, forse, a ben guardare, non è il timing d’ingresso più favorevole.

Spostandoci infine nel continente americano, un caso interessante è quello del Messico. Anche qui il fronte politico gioca il suo ruolo, dato che il recente scivolone generalizzato nelle diverse asset class è riconducibile principalmente al risultato delle urne. E, guardando ai prossimi mesi, la larga maggioranza che siede adesso in Parlamento non dovrebbe avere difficoltà a far approvare un pacchetto di riforme che, in questo momento, non è facile comprendere quanto “pro-mercato” potrà rivelarsi. Quindi, a conti fatti, pur prendendo in considerazione una possibile incognita politica, è corretto inquadrarlo come l’unica possibile fonte di rischio, al netto di un’economia con fondamentali solidi che rendono il Paese ancora interessante dal nostro punto di vista.