La rincorsa della BCE
Finora la Banca Centrale Europea (BCE) si è mossa con grande cautela,
tagliando i tassi d’interesse solo di mezzo punto tra giugno e settembre, come
la Federal Reserve (Fed) e meno della Banca Nazionale Svizzera (BNS). Tuttavia,
Stati Uniti e Svizzera possono contare su economie più vibranti.
La BCE segue un approccio «data dependent», ossia modifica la politica
monetaria sulla base dei dati economici pubblicati, a partire dall’inflazione.
Questo modus operandi ha il merito di evitare di prendere decisioni affrettate
ed è coerente con il mandato della nostra banca centrale: al primo posto
resta il controllo dell’inflazione, con la stabilità finanziaria in secondo piano,
mentre crescita e occupazione si trovano solo sullo sfondo.
Tuttavia, non è un approccio privo di rischi: i dati economici per definizione
riflettono il passato, ancorché recente, mentre i cambiamenti di politica
monetaria hanno un impatto sull’economia reale solo a distanza di diversi
mesi. Questo può portare a reazioni tardive, che possono lasciare l’economia
esposta a fluttuazioni eccessive.
L’ondata inflattiva post-Covid sembra essere definitivamente terminata: nella
zona euro i prezzi sono aumentati solo dell’1,8% a settembre rispetto a un
anno fa, confermando una serie di cali costanti e collocandosi al di sotto del
target della BCE. Sicuramente il ribasso dei prezzi dell’energia ha avuto un
ruolo, ma diversi dati suggeriscono che il trend disinflazionistico continuerà
nel 2025.
L’inflazione «core», che esclude energia e alimentari, rimane al 2,7% per
via di una certa persistenza nei servizi, mentre i prodotti industriali vedono
addirittura un dato negativo, che riflette una certa debolezza della domanda.
In Italia l’inflazione è particolarmente bassa, fermandosi allo 0,8%.
La discesa dell’inflazione trova corrispondenza in un quadro economico
debole: la crescita della zona euro è stagnante da oltre un anno e gli
ultimi sondaggi, gli indicatori PMI*, suggeriscono un ulteriore rallentamento,
soprattutto per quanto riguarda la Germania.
L’anno scorso la zona euro è cresciuta di solo mezzo punto percentuale e
per quest’anno ci aspettiamo un tasso di espansione analogo (0,6%). La
Germania, in particolare, potrebbe registrare il secondo anno consecutivo
senza crescita, dopo essere rimasta vistosamente indietro anche nella fase
post-Covid.
Alcuni settori produttivi sono in evidente sofferenza: per esempio, il settore
automobilistico è reduce da una serie di revisioni al ribasso delle stime che
hanno portato al crollo dei titoli in borsa. L’incertezza riguardo alla tecnologia
da utilizzare e uno svantaggio competitivo sul motore elettrico rispetto ai
produttori americani e cinesi pesano sulle vendite.
Il nostro recente studio «Global Real Estate Bubble Index» ha messo in luce
i problemi del settore immobiliare tedesco, dove i prezzi in alcune città
sono scesi del 20%. Altre categorie merceologiche risentono della guerra in
Ucraina e della debolezza dell’economia cinese.
Si spera in un’accelerazione della manifattura il prossimo anno, ma dopo
una sospensione durata quattro anni torna in vigore il Patto di stabilità,
parzialmente modificato, che comporta una riduzione dei deficit superiori al
3%, nonostante i maggiori impegni per la difesa legati alla NATO (2% del
PIL) e il finanziamento dell’Ucraina.
Molti Paesi sono sottoposti a una procedura per deficit eccessivo, tra cui Italia,
Francia e Belgio. Diversi mesi fa la stessa BCE aveva stimato che l’applicazione
del nuovo Patto potrebbe erodere tra lo 0,2% e lo 0,4% del PIL della zona
euro nel periodo 2025-26.
Intanto, nonostante condizioni economiche molto più vivaci e una gestione
del bilancio pubblico più espansiva, la Fed ha sorpreso i mercati operando un
taglio di mezzo punto dei tassi d’interesse, mentre la BNS ha già ridotto i tassi
per la terza volta e la Cina ha stupito con misure corpose di allentamento
della politica monetaria.
Per questo, ci aspettiamo che la BCE acceleri il percorso di riduzione dei tassi
d’interesse tagliando nuovamente di 25 punti base (pb) quando si riunirà il
17 ottobre e altrettanto a dicembre. In assenza di una brusca inversione di
tendenza dell’economia, la nostra stima è che la BCE tagli i tassi di 150 punti
base entro giugno.
Nei mercati obbligazionari, i rendimenti delle obbligazioni con rating elevato
si sono rapidamente allineati alle aspettative sui tassi. Tuttavia, l’investment
grade continua a offrire opportunità di ottenere una remunerazione superiore
all’inflazione attesa. Inoltre, visto lo scenario di discesa dei tassi i mercati
obbligazionari rappresentano ancora un’alternativa attraente rispetto alla
liquidità per assicurarsi rendimenti a medio-lungo termine.
Nei mercati azionari, una forte riduzione dei tassi dovrebbe favorire in
particolar modo le aziende di medie e piccole dimensioni, che tipicamente
si finanziano tramite il settore bancario e, quindi, prevalentemente a tasso
variabile.
Questo ci porta a ribadire la nostra preferenza per le small e mid cap
dell’eurozona, che presentano valutazioni a sconto. Inoltre, siamo ottimisti
riguardo a beni di consumo, tecnologia e utility tra i settori azionari europei,
in un contesto di tassi d’interesse più bassi.
* ll PMI, o «Purchasing Managers’ Index», è un indicatore economico che
misura la salute del settore manifatturiero e dei servizi. Viene calcolato
attraverso sondaggi mensili condotti tra i responsabili degli acquisti di
aziende, valutando vari aspetti come nuovi ordini, livelli di produzione,
occupazione, tempi di consegna dei fornitori e scorte.

LMF green
Mente e denaro
Sala Stampa