Tassi di interesse di riferimento della BCE dal 23 ottobre. Il PEPP termina a fine anno
Il Consiglio direttivo ha deciso di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Pertanto, i tassi di interesse sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 3,25%, al 3,40% e al 3,65%, con effetto dal 23 ottobre 2024.
Riguardo al Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP), l’Eurosistema non reinveste più tutto il capitale rimborsato sui titoli in scadenza, riducendo il portafoglio di 7,5 miliardi di euro al mese, in media. Il Consiglio direttivo intende terminare i reinvestimenti nel quadro di tale programma alla fine del 2024.
“Giovedì scorso, la Banca centrale europea (Bce) ha abbassato il tasso di interesse guida della politica monetaria di 25 punti base. È la terza volta consecutiva”. Lo scrive Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera: “Siamo passati da un tasso del 4% nel settembre 2023 – nota l’editorialista – a quello di oggi, del 3,25%. Il segnale è quindi quello di un’inversione di tendenza dal lungo ciclo di aumento dei tassi, durata dal luglio 2022 al settembre 2023. Non è stata una sorpresa. Tra gli osservatori c’è chi pensa che la Bce sia in ritardo e che avrebbe dovuto allentare la stretta prima e ora tagliare di 50 punti base come è stato fatto negli Stati Uniti. A sostegno di questa idea è il fatto che le sue previsioni hanno sovrastimato sia l’inflazione che l’andamento dell’economia reale, ambedue più deboli di quanto previsto solo pochi mesi fa.
Oggi, con una riduzione di 25 punti base, le condizioni di finanziamento rimangono ancora restrittive, cosa che si evince dalla differenza tra il costo reale del credito e quel tasso ipotetico dove l’economia raggiunge il pieno impiego. Questa differenza – dice Reichlin – una specie di barometro della politica monetaria, ci dice che quest’ultima sta ancora comprimendo la domanda di beni e servizi. Lo ha detto esplicitamente la presidente Lagarde e lo ha giustificato con la necessità di un prudente gradualismo per evitare il rischio di una ripresa dell’inflazione. Ma il rischio del contrario, cioè di un prolungamento di condizioni anemiche di crescita e di un ritorno alla situazione pre-Covid, caratterizzata da una inflazione troppo bassa e da tassi di interesse negativi, non è da sottovalutare.
Per il futuro, il regime che prevarrà, dipenderà da quanto velocemente si accelererà l’investimento nelle tecnologie rinnovabili. In Europa, come indicato dal rapporto Draghi, questo dipenderà soprattutto dalla volontà collettiva di mobilizzare risorse ingenti per questo scopo. In questo la politica monetaria avrà un ruolo secondario. Ma in uno scenario di boom di investimenti, dovrà essere coerente con tassi di interesse reali più alti che in passato. Il futuro dei tassi di interesse dipenderà quindi dall’insieme delle politiche pubbliche e non solo dalla politica monetaria. La sfida per la Banca centrale – conclude – sarà quella di saper leggere le tendenze dell’economia e discriminare tra spinte temporanee e permanenti di inflazione”.

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Sala Stampa