L’accordo di tregua, negoziato anche sotto la supervisione di Witkoff, prevede una serie di fasi specifiche per la liberazione degli ostaggi e il mantenimento della pace. L’ONU ha supervisionato l’entrata di oltre 630 camion di aiuti umanitari a Gaza, ma l’implementazione non è stata priva di ostacoli: Israele e Hamas si sono scambiati accuse reciproche riguardo alle violazioni del cessate il fuoco. Witkoff, primo funzionario americano a visitare Gaza in 15 anni, si è recato nel corridoio Netzarim, che divide in due l’enclave costiera palestinese, e ha insistito affinché tutte le parti rispettino i termini dell’accordo. La comunità internazionale osserva attentamente, sperando che questo accordo possa portare a una pace duratura nella regione, ma non mancano sfide e contraddizioni. Come scrivono Gregg Carlstrom e Anshel Pfeffer sull’Economist, Hamas “è ansiosa di mostrare al pubblico di essere sopravvissuta”, anche dispiegando in modo spettacolare le sue forze nelle operazioni di consegna degli ostaggi. “Ma internamente – scrivono – il movimento è nel caos”. Hamas, spiegano ancora, un tempo era contemporaneamente un gruppo militante, un governo e una forza nella politica palestinese: ora potrebbe dover scegliere solo una di queste opzioni.

Prosegue con qualche tensione la consegna degli ostaggi a Israele, mentre il nord di Gaza è un cumulo di macerie e l’amministrazione USA intensifica i contatti con entrambe le parti.