Pacchetto omnibus, cosa potrebbe cambiare per la moda?

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-La Commissione europea ha sferrato un colpo decisivo alla burocrazia verde, presentando il pacchetto Omnibus che ridisegna le regole sulla rendicontazione di sostenibilità per le imprese, incluse quelle del fashion system. Un provvedimento che promette di alleggerire gli oneri amministrativi senza compromettere l’impegno ambientale, uscendo contemporaneamente con il Clean Industrial Deal per competitività e resilienza. Parlamento e Consiglio si esprimeranno nei prossimi mesi.

La svolta europea: meno carta, più strategia ?

Dopo settimane di attesa, mercoledì 26 febbraio la Commissione ha proposto un pacchetto di misure che semplificano radicalmente la normativa sulla sostenibilità d’impresa. L’obiettivo principale è tutelare la competitività delle aziende riducendo gli adempimenti burocratici, con misure che interessano da vicino il tessuto imprenditoriale.

Le principali novità riguardano le soglie di rendicontazione ai sensi della CSRD. Ora saranno obbligate a presentare report di sostenibilità dettagliati solo le aziende con fatturato superiore a 50 milioni di euro e più di mille dipendenti. Per le imprese classificate nelle “wave 2” e “wave 3”, già programmate per iniziare gli adempimenti tra il 2026 e il 2027, è prevista una sospensione temporanea di due anni. La direttiva sulla due diligence (CSDDD) vede un alleggerimento dei controlli, con una dilazione dei tempi e un focus prevalente sui fornitori diretti. L’adozione delle linee guida si anticipa a luglio 2026.

Uno sguardo dall’interno

“Il mercato sta cambiando velocemente”, spiega Francesca Rulli, imprenditrice che da anni guida i progetti di sostenibilità nel fashion system. Dalla sua postazione di osservazione privilegiata – è co-founder di Ympact e ideatrice del framework 4sustainability® legge le proposte di variazione anche se con stupore e a tratti scarsa comprensione, come un’opportunità più che un vincolo. “Questi cambiamenti non indeboliscono l’impegno green, anzi. Stiamo passando da una logica di mero adempimento a una di vera intelligenza strategica”.

“Ho sentito molti commenti spaventati: c’è chi teme che sia un passo indietro. Ripensando però alla storia del settore moda in Italia negli ultimi 10 anni, almeno per quello che abbiamo vissuto con il nostro percorso, il vantaggio competitivo nasce dalla spinta imprenditoriale consapevole, dagli investimenti in riduzione di impatto, non da burocrazia e sanzioni. Se fossimo passati a un approccio di mera conformità ai dettami di legge, avremmo rischiato un appiattimento della transizione sostenibile, stimolando forse anche la ricerca di facili compromessi. Anche se vengono meno alcuni adempimenti, una parte di mercato ha capito che l’implementazione di strategie di sostenibilità è una chiave per ottimizzare le risorse, conquistare un vantaggio competitivo e proteggere il proprio business. Ed è una parte che andrà avanti con forza in questa direzione”.

In questa logica le proposte della Commissione europea alleggeriscono la burocrazia senza snaturare l’obiettivo. Meno carta, più sostanza. Un approccio che Rulli conosce bene, abituata a muoversi nelle maglie complesse del sistema moda internazionale.

La rivoluzione silenziosa: cosa cambia per le aziende

Un passaggio chiave della trasformazione sintetizzata efficacemente da Francesca Rulli è che “mutano gli adempimenti soprattutto per le piccole e medie imprese, che sarebbero state chiamate a un cambio di passo troppo oneroso e solo orientato alla compliance, disperdendo capacità di investimento in progetti concreti. Mi spiego meglio. Per una Pmi, le risorse sono limitate e la capacità dell’imprenditore sta nell’investire nella creazione di impatto positivo, per poi rendicontare e comunicare. Se anteponiamo la rendicontazione e appesantiamo gli adempimenti burocratici, togliamo spazio alla strategia di impresa e all’investimento nell’innovazione di prodotti e processi; ma è proprio l’innovazione che porta un ritorno in termini economici e di vantaggio competitivo”.

Se CSDDD e CSRD vanno incontro a vari cambiamenti, gli altri due pilastri fondamentali della strategia del mercato rimangono intatti: il regolamento Ecodesign, che introduce il passaporto digitale di prodotto – partendo da tessile, batterie, elettronica ed edilizia – e il regime di responsabilità estesa del produttore, già legge in Italia dal 2022. “Il tutto va letto in chiave strategica, come orientamento del modello di business a un miglior vantaggio competitivo. L’impresa che innova prodotti e processi, investe sul capitale umano e sulla relazione con gli stakeholder acquisisce posizionamento, reputazione e affidabilità e può portare questi elementi di vantaggio sul suo prodotto anche attraverso il Passaporto digitale”, continua Rulli.

Nonostante l’incertezza normativa, il settore della moda non si è fatto trovare impreparato. Ympact, sistema integrato di competenze e soluzioni digitali nato per supportare brand e supply chain, racconta una storia di trasformazione concreta: nato dall’unione di due aziende con 10 anni di esperienza su tracciabilità e sostenibilità nella moda, oggi supporta oltre 3.000 aziende, collabora con più di 50 brand globali e mappa 80mila fornitori in 22 Paesi diversi. Nel 2024, altre 51 aziende si sono unite agli oltre 200 produttori di tessuti, filati, accessori moda italiani e hanno avviato progetti di implementazione con il framework 4sustainability, impegnandosi in iniziative strategiche su sei fronti chiave: materiali a basso impatto, eliminazione di sostanze chimiche nocive, tracciabilità dei processi, benessere organizzativo, riduzione dell’impatto ambientale e pratiche di economia circolare.

La sfida concreta per le imprese

Le nuove normative obbligano le aziende a una riflessione profonda. Non si tratta più solo di compilare moduli, ma di ripensare il proprio modello di business, considerando la sostenibilità come parte integrante – e necessaria – della propria strategia. È un cambiamento culturale prima che normativo, che impone alle imprese di guardare oltre l’immediato. Comunicare il valore reale dei prodotti, documentare ogni passaggio della filiera, dimostrare l’attenzione al benessere delle persone e dell’ambiente diventa un imperativo categorico per rimanere competitivi in un mercato sempre più attento ed esigente. Nell’anno passato, 780 imprese hanno completato l’assessment 4s, una raccolta dati che restituisce un rapporto dettagliato sulle performance in ciascuna di queste dimensioni. Un segnale chiaro: il settore è pronto a una trasformazione profonda, ben oltre gli obblighi normativi.

L’analisi: sostenibilità come resilienza

Secondo Rulli, la sostenibilità oggi è molto più che una riduzione di impatto. “È un elemento di resilienza aziendale”, sottolinea. “Le imprese che controllano i rischi ambientali, sociali e di governance dimostrano maggiore capacità di affrontare le turbolenze di mercato. In Italia abbiamo una filiera eccellente, che sta portando avanti investimenti in innovazione e generazione di impatto positivo. Sono ancora pochi i brand che intraprendono percorsi ben strutturati con le loro filiere, concentrandosi sui progetti e non sulla sola richiesta di rendicontazioni spesso replicate. Da qui il nostro progetto che supporta la filiera nei progetti di miglioramento e il brand nella raccolta univoca di elementi informativi per la creazione di partnership strategiche.”

Prospettive future

Mentre il Parlamento e il Consiglio europei si apprestano a valutare le proposte, l’industria della moda guarda avanti. Il rapporto McKinsey “The State of Fashion 2025” conferma un dato cruciale: in un momento di prezzi crescenti e scarsa propensione alla spesa, per i brand diventa prioritario comunicare il valore reale dei propri prodotti.

“Il passaporto digitale di prodotto sarà determinante, perché offrirà garanzie attraverso dati verificabili e oggettivi. Soprattutto, contribuirà oltre alla circolarità, anche all’educazione del consumatore, permettendo di valutare informazioni importanti sul prodotto, fino a elementi del profilo ambientale e sociale. Lo aiuterà a scegliere consapevolmente chi premiare con i propri acquisti. Una rivoluzione che va oltre la semplice riduzione di impatto, trasformando la sostenibilità in uno strumento di competitività e innovazione”, conclude Francesca Rulli.