Rigenerazione urbana, non solo Salva-Milano. I piani attuativi servono ancora?
I piani attuativi servono ancora?
Sì. Sono strumenti fondamentali per regolamentare le trasformazioni urbane, in modo costituzionalmente orientato e sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, definire standard urbanistici e idonee compensazioni a fronte dei carichi urbanistici introdotti, garantire equilibrio tra pubblico e privato. Abbandonarli significherebbe favorire un’espansione edilizia priva di controllo.
Non è neppure vero che i piani attuativi rallentano la realizzazione di (buoni) progetti: se affrontati con trasparenza e adeguata organizzazione, permettono una gestione equilibrata dello sviluppo urbano, trasparente e partecipata, evitando e prevenendo conflitti e distorsioni del mercato.
Neppure possiamo separare edilizia e urbanistica: la deregolamentazione ha favorito interventi edilizi massicci, spesso privi di un’adeguata lettura della città e dei suoi bisogni, senza una regia, che hanno generato aumenti del carico urbanistico senza adeguate infrastrutture e compensazioni.

(immagine generata dall’Intelligenza Artificiale)
Un’idea di rigenerazione urbana che non si può più ignorare.
Questo testo è un estratto del corposo articolo redatto da Alessandro Coppola, Elena Granata, Arturo Lanzani, Antonio Longo, Paolo Pileri, Veronica Dini per Libertà & Giustizia sul tema del Salva-Milano e della salute della città e dei cittadini. Qui il link all’articolo completo
La rigenerazione delle città
Città in cambiamento. La dimensione apparentemente lenta del cambiamento delle città Italiane ed europee in cui viviamo può apparire forse cosa di poco conto. Altri i problemi, altre le urgenze che muovono l’attenzione della maggior parte delle persone. Eppure i singoli segnali sono chiari. I dati, le cronache, le esperienze raccontano le città come luoghi difficili dove mancano alloggi e servizi abbordabili e accessibili, le eccellenze della contemporaneità si accostano a rovine antiche e recenti, luoghi di straordinaria bellezza ad altri senza alcuna cura e dignità. La qualità dell’aria è spesso pessima, l’acqua troppa o troppo poca, il verde urbano scompare progressivamente, la disponibilità e la qualità del lavoro è un problema costante nelle grandi città come nella provincia e nelle campagne. Nuove popolazioni, nuove condizioni demografiche, corrispondono a nuove paure ma soprattutto a nuove disuguaglianze sociali e povertà.
Urbanistica. Tutto ciò non solo evoca questioni etiche e scelte politiche, ma mette in discussione diritti fondamentali tutelati dalla costituzione, che spesso vengono a mancare. Nelle relazioni reciproche, tra diritti e spazi, tra conflitti e accesso ai beni fondamentali, tra mercato e garanzie sociali, l’insieme delle questioni qui accennate costituisce la sostanza e la forma delle città. Le città sono un palinsesto materiale, edilizio, tecnologico, infrastrutturale, simbolico, esito di azioni di capitalizzazione secolari che accolgono, nel tempo, gli eventi della storia e le persone che vi danno vita. Alcune parti resistono, altre deperiscono. Alcune continuano a vivere, cambiando funzioni e abitanti, altre richiedono nuove trasformazioni e adattamenti, in un processo continuo di rigenerazione che non esclude, peraltro, consistenti fenomeni di consumo di suolo. L’urbanistica, ben oltre la semplice regolazione degli usi del suolo, la conservazione o la nuova costruzione di edifici e spazi pubblici e monumentali, è l’insieme di attività tecniche, politiche, culturali, civili che rendono possibile il governo e il progetto delle città, rispondendo ai bisogni dei cittadini e delle generazioni future, che mettono in relazione i tempi e ritmi brevi delle questioni attuali con quelli lunghi del patrimonio materiale e immateriale della storia e della natura.
Investimenti e manutenzione ordinaria. Le città Italiane sono cresciute e invecchiate rapidamente, senza una adeguato rinnovamento. In gran parte del territorio italiano la modernizzazione è avvenuta senza un vero sviluppo sociale e civico e oggi ereditiamo servizi, scuole, edilizia pubblica, strade, reti di trasporto pubblico e reti tecnologiche urbane costruite nel passato – spesso molto bene – ma oggi non più adeguate. Sono gli spazi e gli elementi ordinari che formano le nostre città che da troppo tempo non sono più adeguatamente mantenuti, gestiti, se necessario sostituiti, entro i quali si innestano spesso fuori contesto, isolati e disconnesse, nuove parti ed eccellenze contemporanee: edifici, sistemi di trasporto pubblico, nuove reti tecnologiche, spazi pubblici. Vi è dunque una carenza e una domanda diffusa di interventi di sistema, di rinnovamento della città esistente attraverso la cura, la manutenzione, per rispondere realmente e in modo diffuso alle nuove esigenze sociali, ambientali, economiche. Per questo la rigenerazione urbana non si può limitare alla sostituzione edilizia di singole parti della città, alla bonifica dei suoli ove possibile, o a piantumazioni sporadiche e condominiali, ma deve essere un processo integrato e ambizioso, inevitabilmente complesso, che richiede programmazione e pianificazione integrando aspetti sociali, spaziali, ambientali.
Una stratificazione di regole
Regole e leggi. Come le città si sono formate nel tempo per aggiunte e cambiamento, cosi l’urbanistica del nostro Paese si fonda su una stratificata eredità di codici, di leggi nazionali e regionali, oltre che di prassi tecniche sedimentate che, in modo cumulativo, hanno creato un patrimonio ricco oltre che ridondante. Non si può tuttavia considerare questa eredità come un semplice fardello burocratico, un inutile apparato che ostacola il libero agire dei cittadini e delle imprese. L’apparato di leggi e regole include principi e valori fondamentali, che ne guidano l’interpretazione e l’applicazione nel rispetto della Costituzione. Non vi è dubbio che questa eredità oggi deve essere attualizzata per rispondere ai cambiamenti in corso e alle nuove necessità delle città, per facilitare e rendere più efficiente il modo di operare delle pubbliche amministrazioni, delle imprese e dei cittadini. Ciò richiede però visioni ampie e un’intelligenza politica in grado di guidare le innovazioni senza tradire i principi fondamentali rispetto delle fonti, avendo come obiettivo primo il diritto di tutti alla città intesa come bene comune, esito del rapporto equilibrato tra azione pubblica e privata. Analogamente, occorre discernere con competenza e onestà i veri cambiamenti della società e dell’ambiente, cui anche le città devono e dovranno far fronte. In questo quadro non esistono leggi desuete, ma sistemi in evoluzione coerenti con i principi della carta costituzionale. Il Codice Penale del 1930 e il Codice Civile del 1942, così come la legge urbanistica, pur essendo stati scritti in un contesto storico diverso, non sono certamente superati. Il problema principale oggi non è l’obsolescenza normativa, ma la crescente frammentazione delle leggi, che è il riflesso e l’esito della frammentazione sociale e territoriale delle città. La perdita di unità e coerenza dei codici, la proliferazione di norme, influenzate da interessi specifici e minoranze influenti, rende opachi i riferimenti ai principi generali delle fonti legislative. Per questo motivo è essenziale mantenere una forte attenzione ai valori fondamentali su cui si fondano la democrazia e la convivenza civile, ai principi costituzionali e civili su cui si basa la legislazione urbanistica nel tempo. Per riconoscere che, forse, se di aggiornamento le leggi urbanistiche necessitano, è nel senso di garantire più servizi pubblici e strumenti più efficaci per la tutela dell’ambiente e del territorio. Non per consentire ulteriore sviluppo, foriero di impatti ormai non più neppure compensabili.
Ad esempio: il piano attuativo. Il Piano Attuativo è uno degli strumenti principali per attuare la rigenerazione urbana, coinvolgendo soggetti pubblici e privati in un dialogo collaborativo. Questo strumento consente di riqualificare aree urbane degradate e regolare lo sviluppo delle città, garantendone la sostenibilità, all’interno di un quadro normativo che tenga conto dell’interesse pubblico e collettivo. Si tratta di un dispositivo flessibile, adattabile alle circostanze, che si colloca all’interno delle regole e delle prassi stabilite dai Piani Generali e da altri strumenti di indirizzo urbanistico e di pianificazione (strategica, settoriale, ecc.), con cui interagisce e si integra. I piani attuativi non sono semplici applicazioni di norme, ma rappresentano occasioni di progettazione, partecipazione deliberativa, confronto e correzione di errori, oltre che strumenti per orientare le scelte generali.
A livello europeo, i piani attuativi assumono denominazioni differenti: Programmes de Rénovation Urbaine (PRU) e Zones d’Aménagement Concerté (ZAC) in Francia, Bauleitplanung e Sanierungsgebiete in Germania, Local Development Plans (LDP), Masterplans ed Enterprise Zones nel Regno Unito, Planes Generales de Ordenación Urbana (PGOU) e Áreas de Renovación Urbana (ARU) in Spagna. Nonostante le diversità terminologiche e operative, questi strumenti riaffermano la necessità di una sintesi tra interessi privati e diritti collettivi, tenendo insieme la pianificazione a scala locale con il progetto edilizio.

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