Parco archeologico dell’Appia Antica. Affiora un volto in pietra del II°- III° secolo

Redazione -
ROMA – Nell’area delle Tombe di Via Latina, nei giorni scorsi, è riaffiorato il volto di un dio o forse di un uomo divinizzato. Solo dopo attenta analisi si è capito che quel volto barbuto, scolpito nella pietra con maestria, era nascosto nelle fondamenta della basilica paleocristiana di Santo Stefano. Costruita intorno alla metà del V secolo d.C., la basilica di Santo Stefano in Via Latina rappresenta uno degli esempi più affascinanti della transizione tra il mondo tardoantico pagano e l’epoca cristiana. Situata all’interno del Parco archeologico dell’Appia Antica, si erge non lontano dal tracciato dell’antica Via Latina.
Durante i lavori di consolidamento del pavimento della basilica, è stata rinvenuta (letteralmente murata) una testa scolpita in pietra, riutilizzata come materiale da costruzione in epoca medievale. Il frammento scultoreo, ancora coperto in parte da strati di malta, è stato immediatamente isolato e trasportato a Matera, presso l’Istituto Centrale per il Restauro, dove sarà sottoposto a complesse indagini diagnostiche, rilievi 3D, e tecniche di pulitura non invasive.
La qualità dell’opera è altissima. Il volto barbuto, con la bocca serrata e lo sguardo solenne rivolto leggermente verso il basso, rivela una sapienza scultorea che si colloca tra il II e il III secolo d.C., periodo aureo dell’arte imperiale romana. Ma chi rappresenta? Al momento, gli studiosi avanzano tre principali ipotesi iconografiche:
1. Giove (Jupiter). La più immediata associazione, data la maestosità e la barba fluente, è con Giove Ottimo Massimo, il re degli dei romani. Se così fosse, si tratterebbe di un frammento di una statua acrolitica o monumentale, probabilmente collocata in un santuario oggi perduto.
2. Serapide (Serapis). Un’altra suggestione affascinante porta all’identificazione con Serapide, divinità sincretica di origine egiziana, molto in voga nell’Impero romano a partire dal II secolo.
3. Filosofo o imperatore divinizzato. Non va scartata l’ipotesi che il volto non appartenga a una divinità, ma a un intellettuale o imperatore divinizzato, secondo la tradizione romana tardoimperiale. (https://stilearte.it)