Mercati, bolla o valzer di fine ciclo? Prepariamoci a sorprese nel 2026
Il prolungato shutdown del governo USA, il crollo delle azioni delle banche regionali e i rischi legati ai dazi pesano sul sentiment. Nel frattempo, i dubbi sulla sostenibilità del ciclo di utili guidato dall’AI hanno fatto tornare sulla bocca degli investitori la parola “bolla” – anche se non riteniamo sia questo il caso.
AI: bolla o boom di produttività?
L’impatto economico dell’intelligenza artificiale è innegabile. Stimiamo che la produttività negli Stati Uniti possa aumentare di circa il 15% nel tempo con la diffusione dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, il percorso non sarà lineare e alcuni scossoni sui mercati sono inevitabili.
È ancora troppo presto, però, per parlare di bolla. Le attuali spese in conto capitale legate all’AI sono finanziate principalmente da aziende con forti flussi di liquidità e bilanci solidi, e non da credito a buon mercato o da speculazione. Si tratta di un boom sostenuto da una domanda reale per infrastrutture di cloud computing e data center, non da leva finanziaria o hype.
I ritorni sugli investimenti rimangono solidi, spingendoci a mantenere un sovrappeso selettivo sui titoli growth large cap statunitensi e sugli investimenti focalizzati sull’AI.
Il rischio maggiore non è quindi lo scoppio di una bolla, ma una “stanchezza” da valutazioni – gli investitori potrebbero infatti stancarsi di pagare premi sempre più elevati per ritorni dall’AI che non si concretizzano abbastanza rapidamente.
Quindi, può continuare il rally delle azioni USA?
In breve, sì. Il ciclo di allentamento della Fed, la crescita statunitense ancora solida e gli utili aziendali resilienti creano un mix potente per la performance di fine anno, soprattutto considerando i venti favorevoli tipici del quarto trimestre.
Ma resilienza non significa abbassare la guardia. La dispersione è ampia, le valutazioni sono elevate – circa 23 volte gli utili attesi per l’S&P 500 – e ulteriori rialzi dipendono più dalla reale crescita degli utili che dall’espansione dei multipli. Difendere o eventualmente espandere i margini sarà cruciale.
Le mega-cap del settore tecnologico continuano a essere leader, mentre settori come energia e beni di consumo primari affrontano una domanda più debole e pressioni sui margini.
Quindi, la selettività resta fondamentale: bilanci solidi, flussi di cassa visibili e potere di determinazione dei prezzi saranno i fattori distintivi man mano che il ciclo matura.
Passando all’Europa, come orientarsi sugli asset francesi?
La nostra cautela sulla traiettoria fiscale della Francia è aumentata la scorsa settimana, vista la mancanza di un percorso credibile. Gli investitori richiedono premi per il rischio più elevati sul debito sovrano francese, e prevediamo che lo spread OAT-Bund a 10 anni possa mantenersi intorno ai 70-80 punti base.
Le preoccupazioni sulla divergenza fiscale si stanno diffondendo: una disciplina fiscale disomogenea potrebbe diventare la prossima fonte di volatilità di mercato, soprattutto se nel 2026 le iniziative sul fronte fiscale dovessero prendere il posto della politica monetaria come driver principale.
Private credit
Gli eventi della scorsa settimana mostrano come sta evolvendo la narrazione sul private credit. Non si tratta tanto di una “bolla pronta a scoppiare”, quanto di una fase di fine ciclo in cui i rischi aumentano in modo disomogeneo.
L’asset class è cresciuta di circa il 13% all’anno dalla crisi del 2008-09, maturando fino a diventare una componente core del portafoglio degli investitori istituzionali, e questa maturità comporta maggiore complessità.
La combinazione di covenant deboli sui prestiti e domanda eccessiva da parte degli investitori ha messo in luce il divario tra finanziatori disciplinati e meno rigorosi, sottolineando la necessità di analisi approfondite, una gestione attiva del portafoglio e una chiara differenziazione tra manager.
Fondamentali solidi, condizioni tecniche favorevoli e rendimenti interessanti continuano a sostenere l’idea di restare investiti lungo tutto lo spettro del credito, ma con un’attenzione più rigorosa su come, e non solo su dove, viene allocato il capitale.
Il contesto macro mentre ci avviciniamo al 2026
I fattori favorevoli sono meno numerosi, ma più solidi. Il sostegno fiscale, una regolamentazione meno restrittiva e investimenti sostenuti in tecnologia e infrastrutture dovrebbero mantenere il ritmo di crescita degli USA, mentre il rialzo dei costi di finanziamento potrebbe stimolare l’attività di M&A.
In Europa, il sostegno fiscale dovrebbe compensare i rallentamenti in Cina e in alcune parti dell’Asia, portandoci ad avere una view costruttiva sull’outlook globale man mano che ci avviciniamo al 2026.
Tuttavia, i segnali di fine ciclo sono difficili da ignorare: l’aumento dei costi energetici e dei data center potrebbe comprimere margini aziendali e budget delle famiglie, mentre la fiducia fragile e la spesa disomogenea persistono. Senza contare i rischi inflazionistici in corso, le tensioni geopolitiche e i dubbi sulla credibilità delle banche centrali.
Tutto considerato, non sembrano ancora esserci bolle, ma i mercati sembrano pronti a regalare altre sorprese nel corso del 2026.

LMF green
Mente e denaro
Sala Stampa