Legittimità dei fini e legalità dei mezzi: il caso Al-Masri alla luce del pensiero di Cossiga. Il commento del Prof. Marco Bacini
Legittimità dei fini e legalità dei mezzi
— a cura del Prof. Marco Bacini
Direttore Master Intelligence per la Sicurezza Nazionale e Internazionale —
Il caso del generale libico Osama Elmasry Njeem, noto come Al-Masri, rappresenta un episodio eloquente delle tensioni esistenti tra sicurezza nazionale, rispetto dello Stato di diritto e obblighi internazionali. Arrestato a Torino il 19 gennaio 2025 su mandato della Corte Penale Internazionale (CPI) per presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra, Al-Masri è stato successivamente rilasciato e rimpatriato in Libia dalle autorità italiane con un volo di Stato, suscitando forti polemiche sia a livello nazionale che internazionale.
La decisione del Governo italiano di liberare e rimpatriare Al-Masri è stata inizialmente giustificata con la presenza di errori procedurali nel mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha evidenziato “inaccuratezze, omissioni, discrepanze e conclusioni contraddittorie” nel mandato, in particolare riguardo alle date dei presunti crimini, inizialmente indicati a partire dal febbraio 2011 e successivamente dal febbraio 2015. Queste incongruenze hanno portato le autorità italiane a ritenere non valida la detenzione di Al-Masri, determinando la sua liberazione e successiva espulsione per motivi di sicurezza nazionale.
Questa vicenda mi ha ricordato le riflessioni di Francesco Cossiga, indimenticabile ex Presidente della Repubblica Italiana, che nel libro “Abecedario, per principianti, politici e militari, civili e gente comune”, sosteneva che, in determinate circostanze, “La legittimità dei fini viene a prevalere sulla legalità dei mezzi”.
Cossiga, con la sua profonda conoscenza delle dinamiche istituzionali e dei servizi segreti, sottolineava come, in situazioni di emergenza o di minaccia alla sicurezza nazionale, gli Stati possano ritenere necessario adottare misure straordinarie che esulino dai confini della legalità ordinaria. La Ragion di Stato è un principio politico secondo il quale le esigenze superiori dello Stato possono giustificare l’adozione di misure straordinarie, anche al di fuori delle norme giuridiche ordinarie. In altre parole, si tratta della priorità degli interessi statali, in particolare della sicurezza nazionale e della stabilità politica, rispetto a vincoli legali o etici. Nel pensiero politico classico, il concetto è stato sviluppato da autori come Niccolò Machiavelli, che nel Principe sottolineava la necessità per i governanti di adottare strategie pragmatiche per il mantenimento del potere e della stabilità dello Stato.
Nel caso di Al-Masri, il Governo italiano si è così trovato a dover bilanciare l’obbligo di cooperare con la CPI, derivante dall’adesione allo Statuto di Roma, e la necessità di garantire la sicurezza nazionale. La decisione di espellere Al-Masri è stata motivata dalla sua presunta pericolosità sociale, come affermato dal Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Scelta che ha sollevato critiche da parte di organizzazioni internazionali e dell’opposizione politica, che hanno accusato il Governo di aver compromesso la credibilità internazionale dell’Italia e di aver violato gli obblighi internazionali.
Un aspetto di questa vicenda, che merita a mio avviso una particolare attenzione, è relativo al possibile utilizzo del segreto di Stato, uno strumento giuridico che permette di tutelare informazioni sensibili per la sicurezza nazionale, impedendo la divulgazione anche alle autorità giudiziarie. In passato è stato impiegato in diversi casi di operazioni di intelligence e di collaborazione tra Stati per proteggere asset strategici e mantenere equilibri diplomatici e, anche in questo caso avrebbe permesso di gestire la questione in modo diverso. Se il Governo italiano avesse opposto il segreto di Stato sulla questione di Al-Masri, avrebbe potuto evitare la necessità di fornire dettagli sulla sua detenzione, sulle richieste della Corte Penale Internazionale e sulle valutazioni di sicurezza che hanno portato alla sua espulsione. Questo avrebbe consentito, ipotizzo, di proteggere eventuali canali di intelligence attivi con le autorità libiche e di evitare un’esposizione pubblica della decisione, riducendo il clamore mediatico e le pressioni internazionali.
Non escludo che l’applicazione del segreto di Stato avrebbe potuto sollevare questioni etiche e giuridiche rilevanti, perché sebbene legittimo in determinati ambiti, non può essere utilizzato per eludere in maniera arbitraria obblighi internazionali (come quelli derivanti dallo Statuto di Roma) e l’Italia, in qualità di membro della CPI, è vincolata alla cooperazione con la Corte sull’esecuzione dei mandati di arresto emessi nei confronti di individui accusati di crimini internazionali.
La Corte ovviamente ha espresso disappunto per la mancata consultazione da parte dell’Italia prima del rilascio di Al-Masri, sottolineando l’importanza della cooperazione tra gli Stati membri per garantire l’efficacia del sistema di giustizia penale internazionale. La liberazione di Al-Masri senza la consultazione è stata in qualche modo interpretata come una violazione degli obblighi derivanti dallo Statuto di Roma, mettendo in discussione l’impegno dell’Italia nella lotta contro l’impunità per gravi crimini internazionali.
Vero però che se il segreto di Stato fosse stato applicato (e non è detto che non venga applicato…), avrebbe permesso al Governo di gestire la questione con maggiore discrezione, evitando pressioni interne ed esterne. Quello che l’opposizione ha contestato è che la rapidità con cui Al-Masri è stato rimpatriato e l’assenza di una consultazione preventiva con la CPI non ha fatto altro che alimentare sospetti su possibili motivazioni politiche dietro la decisione; se parliamo di Realpolitik mi sembra evidente che l’Italia abbia la necessità di preservare i rapporti con le autorità libiche per ragioni strategiche, non dimentichiamoci gli interessi energetici, ma anche di sicurezza, non dimentichiamoci gli italiani attualmente in Libia (e gli accadimenti Iraniani recenti dovrebbero farci riflettere), e in ultimo ma non per importanza, non dimentichiamo il tema sempre presente del controllo dei flussi migratori.
Il caso del Generale Al-Masri ha chiaramente messo in luce le tensioni tra esigenze di sicurezza nazionale, obblighi internazionali e trasparenza istituzionale. La riflessione del Presidente Cossiga offre a mio avviso la migliore prospettiva per spiegare e analizzare queste dinamiche, ma sottolinea anche la necessità di un sempre maggiore equilibrio tra la legittimità dei fini e la legalità dei mezzi. Un episodio che sottolinea a mio avviso l’importanza di una politica estera e di sicurezza nazionale che bilanci prudenza operativa, rispetto di obblighi internazionali ma sempre pensando alla tutela della democrazia.

LMF green
Mente e denaro
MaltaLink
LMF Crypto Agorà
Sala Stampa