UBS WM – Bracci di ferro e strette di mano

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All’inizio del proprio mandato, molti leader politici delineano cambiamenti
radicali e si lanciano in promesse audaci. Fin qui nessuna sorpresa, ma la
portata e la rapidità d’azione messe in campo da Donald Trump non erano
state previste da nessuno.

Nonostante sia in politica da oltre un decennio, è ancora difficile distinguere
tra tattiche negoziali e obiettivi politici. Di fronte a questa incertezza, è utile
rimanere ancorati ai dati per cercare di separare la retorica dalla realtà.

L’economia statunitense sta entrando in questo periodo di maggiore
incertezza in buona salute: si stima una crescita di poco inferiore al 2,5% e le
misure politiche attuate finora non dovrebbero avere un impatto significativo.

Le promesse fatte in campagna elettorale includevano la «più grande
riduzione normativa nella storia», «tagli massicci delle tasse per i lavoratori e
le piccole imprese», «eliminare gli sprechi dal bilancio », nonché misure senza
precedenti per affrontare l’immigrazione clandestina.

È presto per dire se tutti questi obiettivi verranno centrati, ma, ad oggi,
l’impatto diretto delle misure varate sinora non basta a far deragliare la
traiettoria della crescita, dell’inflazione o del deficit, mentre alcune misure
potrebbero non essere di facile esecuzione.

Per esempio, una proroga del TCJA (Tax Cuts and Jobs Act) impedirebbe un
aumento delle tasse in seguito alla scadenza di alcune agevolazioni approvate
nel 2017 ma, con un deficit che si aggira intorno al 6%, ulteriori tagli
potrebbero non venire approvati dal Congresso.

È stata data anche molta enfasi ai tagli alla spesa pubblica. È stato firmato
un ordine esecutivo per ridurre gli organici di 220 mila lavoratori federali. Ciò
ridurrebbe la forza lavoro solo dello 0,1%, un impatto complessivo limitato.

Sull’immigrazione, finora i rimpatri effettivi sono attualmente inferiori a
quelli realizzati dal Presidente Obama. Sono stati invece rafforzati i controlli
alle frontiere coerentemente agli annunci, ma rallentare l’immigrazione con
l’economia in piena occupazione potrebbe far salire i salari e l’inflazione.

Dal suo primo giorno in carica, il governo Trump ha messo l’enfasi sul
protezionismo. Sono stati proposti dazi nei confronti di Canada, Messico
e Cina – i tre principali partner commerciali. Nel frattempo, i dazi
all’importazione su acciaio, alluminio e alcuni prodotti metallici saranno
aumentati al 25% a partire da marzo. Trump ha anche incaricato la sua
amministrazione di valutare dazi reciproci e le agenzie federali devono riferire
entro il 1° aprile.

Alcuni Paesi sembrano disposti a fare concessioni: l’Unione europea ha
offerto di ridurre i dazi sulle auto americane e aumentare gli acquisti di gas e
di attrezzature per la difesa; dopo un incontro con il primo ministro indiano,
Trump ha dichiarato che i due Paesi cercheranno di ridurre i «dazi molto
elevati» applicati dall’India che, inoltre, acquisterà petrolio, gas e aerei da
combattimento americani.

Anche Canada e Messico hanno dimostrato la loro disponibilità a negoziare
dopo le minacce di dazi e ci aspettiamo che alla fine potrebbero essere
raggiunti compromessi con questi due Paesi.

Rispetto agli annunci in campagna elettorale, potrebbe andare meglio per la
Cina: i dazi sono destinati ad arrivare al 30% – molto al di sotto del 60%
dichiarato inizialmente. È possibile che una trattativa più ampia con Pechino
porti a un accordo che tocchi magari la stabilità del Pacifico o il finanziamento
del deficit statunitense.

In ogni caso, maggiori dazi e minore immigrazione sono potenzialmente
inflattivi e potrebbero quindi rappresentare un punto debole per la nuova
amministrazione, che ha attaccato Biden proprio sull’inflazione.

Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, il nuovo ritiro degli Stati Uniti
dagli accordi di Parigi sul clima e l’annuncio di un aumento delle trivellazioni di
gas e petrolio per abbassare i costi energetici. Infatti, in campagna elettorale è
stato promesso di ridurre il costo dell’energia e, più di recente, è stato chiesto
aiuto all’OPEC, per ora declinato.

Anche l’Ucraina è sotto i riflettori: Trump ha intrapreso una serie di manovre,
tra cui l’apertura di negoziati diretti con la Russia e la proposta di un piano
che prevede la concessione di diritti minerari ucraini in cambio del sostegno
statunitense.

Nel corso dell’anno potrebbe essere raggiunto un cessate il fuoco. L’Ucraina
potrebbe perdere una parte del suo territorio, ma ottenere impegni di
ricostruzione da parte dell’Occidente. La Russia potrebbe negoziare un
allentamento delle sanzioni e una parziale ripresa dei flussi di gas verso
l’Europa.

Un accordo di questo tipo darebbe un aiuto alla stagnante economia europea,
grazie al calo dei prezzi dell’energia e al miglioramento del clima di fiducia di
consumatori e imprese. Le aziende europee potrebbero poi partecipare alla
ricostruzione, che secondo la Banca mondiale richiederà almeno 500 miliardi
di dollari. Tuttavia, a seconda della struttura dell’accordo e delle modalità di
finanziamento della ricostruzione, l’operazione potrebbe comportare anche
maggior debito per gli Stati.

L’Europa continua a deludere in termini di crescita economica, anche se
qualche sondaggio suggerisce una mini-ripresa nei settori dei servizi e della
manifattura. Probabilmente, i tagli ai tassi d’interesse cominciano ad avere
un impatto e alcune preoccupazioni si sono attenuate: la Francia è riuscita ad
approvare la legge di bilancio e le elezioni tedesche dovrebbero consentire
un allentamento fiscale.

Con l’economia americana in salute e l’inflazione in graduale ritirata,
rimaniamo costruttivi sui mercati finanziari, che si sono comportati bene da
inizio anno. Tuttavia, la forte incertezza sulle politiche economiche potrà
portare maggiore volatilità.

Nel comparto azionario, il mercato statunitense resta interessante, grazie alla
crescita degli utili (quest’anno attesa al 5-10% per le società dell’S&P 500) e
all’elevata esposizione al tema dell’intelligenza artificiale che rimane un tema
importante.

La scorsa settimana, NVIDIA ha riportato nuovamente una forte crescita del
fatturato e il CEO Jensen Huang ha definito la domanda per i nuovi chip
Blackwell come “straordinaria”. Prevediamo che gli investimenti in conto
capitale in intelligenza artificiale crescano del 35% quest’anno e raggiungano
i 500 miliardi di dollari nel 2026. Proprio da questo punto di vista, l’IA e
l’elettrificazione dei trasporti stanno alimentando la domanda di elettricità.

Dalle utility alle infrastrutture e dalle batterie fino al rame, vediamo aree di
interesse.

Alla luce della buona performance da inizio anno, delle prospettive
relativamente modeste di crescita degli utili e dei rischi di dazi è difficile essere
particolarmente positivi sulle azioni della zona euro. Tuttavia, maggiori spese
per la difesa e investimenti nell’aerospaziale dovrebbero invece spingere il
settore industriale.

Analoghe considerazioni valgono per la Cina, tra crescita mediocre e rischio
di dazi, ma si vedono opportunità nella tecnologia. Il lancio del modello
IA di DeepSeek a fine gennaio ha infatti dimostrato ancora una volta la
competitività delle aziende tecnologiche cinesi.

Soprattutto in Europa, la strada dei tassi d’interesse sembra segnata e gli
investitori con liquidità in eccesso dovrebbero assicurarsi rendimenti duraturi
su obbligazioni di buona qualità prima di ulteriore discese.