Il credito cooperativo verso la riforma

di Rosaria Barrile -
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Con il via libera del Senato al decreto banche, parte l’iter che porterà alla trasformazione delle Bcc: gli istituti dovranno decidere se aderire o meno a una capogruppo costituita sotto forma di società per azioni

Via libera del Senato alla legge di conversione del cosiddetto “decreto banche”, che modifica il sistema italiano delle banche di credito cooperativo.

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È stata approvata definitivamente la legge di conversione del decreto legge 18/2016, che impone al sistema italiano delle banche cooperative di trasformarsi in Spa oppure di entrare a far parte di un “gruppo cooperativo”.

Il prossimo passaggio, che dovrebbe durate qualche mese, prevede l’approvazione da parte della Banca d’Italia della regolamentazione attuativa, relativa a questioni come la stabilità del nuovo sistema.

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La legge inoltre, delega alle oltre 360 banche del credito cooperativo e alle loro associazioni la definizione di altre questioni, tra cui l’assetto di governo del nuovo gruppo cooperativo.

Nel dettaglio la riforma prevede l’adesione delle Bcc a una capogruppo costituita sotto forma di Spa, il cui patrimonio netto non deve essere inferiore a un miliardo di euro.

Uniche escluse, le banche delle province autonome di Bolzano e Trento che potranno formare gruppi locali separati. Per effetto di questa previsione, le Raiffeisen altoatesine, per esempio, potranno organizzarsi in un gruppo autonomo, una “holding” regionale, a patto che continuino ad operare solamente in provincia di Bolzano.

Il capitale della Spa deve essere in ogni caso detenuto in quota maggioritaria dalle Bcc, fatta salva la possibilità del ministero dell’Economia di poter autorizzare una quota inferiore se ritenuto indispensabile per reperire ulteriore capitale.

Il controllo della capogruppo sulle Bcc è assicurato attraverso un contratto di “coesione”: in pratica, tramite un sistema di garanzie incrociate viene condiviso il patrimonio delle Bcc, complessivamente superiore a 20 miliardi di euro, in modo tale che il patrimonio disponibile delle banche più “robuste” sia in parte vincolato a favore delle Bcc in difficoltà.

Per le Bcc che non vogliono aderire al nuovo gruppo è prevista invece un’altra strada ribattezzata negli ultimi mesi come “way out” (letteralmente “uscita” dal nuovo sistema). Le banche con patrimonio netto superiore a 200 milioni al 31 dicembre 2015 possono presentare, anche insieme ad altre banche con patrimonio inferiore, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la domanda per affidare l’attività bancaria a una società per azioni, lasciando tecnicamente le cosiddette “riserve indivisibili” in capo alla cooperativa che dovrà continuare l’attività mutualistica. Le Bcc che intendono utilizzare tale meccanismo devono versare un importo pari al 20% del patrimonio netto.