Sostenibilità e green influencer: come cambiano i luoghi del dibattito pubblico

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green influencer — Intervista ad Alessandra Giffuni, CEO di The Talent Lab

Negli ultimi anni l’interesse dei consumatori si è spostato sempre di più sui temi della sostenibilità e della tutela ambientale; in questi ultimi 12 mesi il rincaro delle materie prime e il mutamento dell’attuale situazione geopolitica hanno, da un lato, evidenziato la necessità di accelerare il processo di transizione energetica per ridurre le dipendenza energetica dall’estero e, dall’altro, hanno avuto un impatto importante sulle abitudini di consumo, portando i cittadini a privilegiare brand virtuosi  e modelli di consumo responsabili e a filiera corta.

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Intervista ad Alessandra Giffuni

Alessandra Giffuni è CEO di The Talent Lab, la startup che guida le aziende nell’influencer marketing. Quest’anno The Talent Lab accelera ulteriormente la crescita e punta a concludere il 2022 con un +53% di ricavi rispetto al 2021. La società, fondata da Alessandra Giffuni a febbraio 2021, ha chiuso i primi 12 mesi di attività con un fatturato di quasi 1 milione di euro e punta a scalare e crescere in un segmento di mercato, in Italia, ancora caratterizzato da ampi margini di sviluppo.

Cara Alessandra, dal tuo punto di osservazione privilegiato, come giudichi la situazione oggi?

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“Nella recente analisi di Brands & Stands (Social Purpose is the New Black) è emerso che l’86% dei consumatori si è dichiarato interessato ad aziende attive nel sociale e nella tutela ambientale e il 65% ha rivelato di privilegiare queste imprese per l’acquisto di prodotti e servizi; i dati di settore rivelano, inoltre, che la generazione X sia quella più attenta a questi temi e la più attiva nella loro divulgazione”.

Quanto pesa nell’interesse dei più giovani l’attenzione all’ambiente?

“Il climate change e la tutela ambientale si sono classificati, in questi ultimi anni, tra i temi più discussi sui social media tanto che in Italia, solo nel 2020, sono stati realizzati più di 69 mila contenuti in materia dagli influencer sui principali social media (+40% rispetto all’anno precedente). Questi dati parlano chiaro: se fino a pochi anni fa non ci avremmo creduto, oggi l’influencer marketing gioca un ruolo cruciale anche nel dibattito pubblico sui temi sociali ed etici, con gli influencer a fare da attori principali sullo sfondo dei social e le piattaforme digitali come luoghi di interscambio e confronto che spesso mancano nell’arena pubblica”.

Che cosa si intende per “green influencer”?

“Climate change, esaurimento delle risorse, inquinamento da microplastiche, impatto ambientale della fast fashion e del mercato dei trasporti: i temi ambientali sono molto complessi e riguardano quasi tutti i segmenti di mercato. Per questo ci vengono in aiuto i cosiddetti green influencer: sono divulgatrici scientifiche, giornalisti, studentesse, attiviste: raccontano a migliaia di follower la sostenibilità e sono in grado di influenzare l’opinione pubblica e di sensibilizzare gli individui a una maggiore responsabilità e attenzione alle questioni ambientali”.

Quali sono i social che funzionano di più?

“Secondo i dati di mercato Instagram risulta essere il social preferito dagli influencer per parlare di tematiche green (76.7%), seguito a grande distanza da Facebook (12%), Twitter (8.4%) e YouTube (2.9%). La lotta alla plastica si conferma uno degli argomenti trainanti degli ultimi anni, una battaglia che accende molto le conversazioni in rete, per capire quali siano gli altri argomenti maggiormente trattati sul web basta analizzare gli hashtag più utilizzati: #Plasticfree, #Sostenibilità, #Environment, #Ecofriendly, #Zerowaste, #Climatechange, #Savetheplanet e #Recycle. Gli influencer che si battono per le tematiche green sono prevalentemente micro influencer e giovani attivisti con una community non molto ampia (tipicamente sotto i 100mila follower) ma molto attiva. Dei contenuti disponibili online su questi temi soltanto il 2% risulta, però, essere frutto di attività sponsorizzate da parte di imprese e organizzazioni, e questo mette in luce il grande lavoro che c’è ancora da fare nel mondo corporate e istituzionale”.

Si parla molto di differenza fra green marketing e greenwashing

“Sì, in questo scenario la comunicazione aziendale non deve sorpassare la sottile linea di demarcazione tra green marketing e greenwashing. Perché un’azienda venga definita green, l’immagine comunicata esternamente deve corrispondere anche a politiche aziendali ben precise, adottando e promuovendo iniziative sostenibili a partire dall’interno e dai processi produttivi, come – ad esempio – dal consumo di energie rinnovabili, il contenimento di emissioni di gas serra, la produzione di packaging eco-friendly, lo sviluppo di prodotti plastic-free e la selezione di fornitori virtuosi e a filiera corta. Il tema dell’ecosostenibilità deve penetrare a fondo nei valori, nella filosofia e nella cultura aziendale, divenire un pilastro per l’impresa ed essere sostanziato da pratiche reali e da certificazioni ambientali rilasciate da enti appositi“.

Come si sta muovendo l’Unione Europea in questo campo?

“In questo contesto, l’Unione Europea sta lavorando per arrivare a un metodo unico per il calcolo dell’impatto ambientale dei prodotti su tutto il continente con il fine di sgomberare il campo dalle troppe label e certificazioni che finiscono per confondere il consumatore, promuovere green claim vuoti e inficiare nell’impegno verso la transizione a un’economia circolare e sostenibile”.