Commento Capital Group: Credito investment grade, ancora in buona salute
I primi mesi della presidenza di Donald Trump hanno generato una grande quantità di notizie in merito a dazi, inflazione, crescita economica e geopolitica. Per chi investe nel credito, questa nuova epoca politica crea incertezza, ma riteniamo che sia importante non lasciarsi ingannare dalle ultime notizie e concentrarsi sui fondamentali. A nostro avviso, nonostante le speculazioni, il credito investment grade (IG) continua a godere di una buona posizione per offrire ai clienti ottimi risultati.
Nonostante le incertezze, i fondamentali delle società sono solidi
I parametri creditizi continuano a indicare che le società godono di buona salute. I fondamentali robusti, unitamente alla solidità e alla continuità della domanda per questa asset class, sono fattori chiave che contribuiscono a mantenere ridotti gli spread.
Analizzando più attentamente i fondamentali, sebbene l’incertezza abbia pesato sui ricavi con una decelerazione della crescita su base annua, i margini per gli emittenti USA hanno continuato a espandersi. Ciò rispecchia in parte il predominio del settore tecnologico, in particolare dei cosiddetti “Magnifici 7”, con i loro elevati livelli di leva operativa. Vale la pena notare che queste mega cap presentano un indebitamento minimo e che, solitamente, finanziano il reinvestimento nelle loro attività mediante il flusso di cassa disponibile. Di conseguenza, sono sostanzialmente indifferenti alle decisioni in materia di tassi di interesse da parte della Federal Reserve (Fed) USA.
Nel complesso, i bilanci aziendali sono stati generalmente gestiti in modo prudente, il che dovrebbe significare che le società sono ben posizionate per superare le sfide poste da un contesto macroeconomico più incerto. Lo dimostra, ad esempio, la leva finanziaria. Come risulta dai grafici seguenti, sia negli Stati Uniti che in Europa, il rapporto debito netto/EBITDA è ancora inferiore alla mediana post-CFG (crisi finanziaria globale). Quello attuale è un periodo molto diverso dalla CFG, quando il settore privato era indebitato e il debito pubblico era inferiore. Oggi la situazione è cambiata: le imprese e le famiglie hanno ridotto l’indebitamento, mentre i governi hanno incrementato i livelli di debito.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la crescita del debito a lungo termine a bilancio delle società ha registrato una ripresa dai minimi del 2022/23, quando la Fed stava incrementando i tassi, eppure i livelli complessivi rimangono modesti, rispecchiando il costo più elevato per l’odierna emissione di debito. Anche se l’aumento dei costi del debito significa che i livelli di copertura degli interessi sono diminuiti, il loro livello rimane relativamente solido, come mostrano i dati di JP Morgan secondo cui, esclusi i servizi di pubblica utilità, le società statunitensi presentano una copertura degli interessi superiore a 10,5x.
Questo approccio prudente da parte delle imprese è evidente nel rapporto tra gli upgrade e i downgrade da parte delle agenzie di rating. Il rapporto rimane ben al di sopra dei livelli registrati durante la pandemia da Covid e superiore alla sua media nell’ultimo decennio.
I governi stanno alzando la posta e si stanno adattando al nuovo contesto
Alcuni segnali indicano che i governi europei hanno già preso atto degli enormi cambiamenti strutturali a livello di geopolitica e di scambi commerciali. Di conseguenza, stanno adeguando le loro politiche in modo da superare le sfide poste alle loro economie e alla sicurezza. Ciò è particolarmente evidente in Germania, dove il nuovo cancelliere Friedrich Merz ha annunciato un cambiamento drastico della politica fiscale. Facendo eco al famoso discorso di Mario Draghi che nel 2012 decretò di fatto la fine della crisi del debito nell’Eurozona, Merz ha promesso di fare “tutto il necessario” “whatever it takes” per difendere la Germania, annunciando alcune proposte di sostanziale incremento della spesa per la difesa e le infrastrutture.
L’importante allentamento della politica fiscale rappresentato da questo annuncio dovrebbe stimolare la crescita tedesca, che probabilmente sarà più orientata verso il mercato interno e meno dipendente dalle esportazioni. A sua volta, ciò dovrebbe fornire un impulso positivo alla crescita dell’Eurozona e dell’UE in generale che, a parità di condizioni, dovrebbe favorire i mercati del credito dell’Eurozona.
Non sottovalutare la capacità di adattamento delle società europee
Tra le economie europee, la Germania, con la sua elevata dipendenza dagli scambi commerciali, è particolarmente esposta all’imposizione di dazi commerciali e sembra essere un bersaglio chiaro dell’amministrazione Trump. Tuttavia, il pessimismo nei confronti della Germania potrebbe essere eccessivo. Alcuni settori se la caveranno meglio di altri. Quello della difesa, ad esempio, trarrà vantaggio dal riarmo dell’Europa. Inoltre, il Paese ha un comprovato track record nell’adeguarsi agli shock fin dal dopoguerra. Negli anni ’70 e ’80 , è riuscito ad adattarsi allo shock petrolifero e all’ascesa del settore manifatturiero giapponese. Uno dei principali fattori alla base di questa capacità di adattamento è il Mittelstand, ovvero le piccole e medie imprese che rappresentano circa la metà della produzione tedesca. In Germania si contano . “campioni nascosti”, vale a dire piccole imprese che si collocano tra le prime tre del rispettivo settore a livello mondiale. Il Paese più vicino sono gli Stati Uniti con solo 350 imprese di questo tipo. Il Mittelstand risulta particolarmente adatto a individuare nuove opportunità e a reinventarsi convertendo la produzione in linee di prodotto più sofisticate e tecnologicamente avanzate. Questo approccio più morbido si è dimostrato molto efficace in termini di adattamento e potrebbe aiutare l’economia tedesca a tornare a essere un punto di riferimento in questa nuova era.
Inoltre, la Germania ha un ampio margine di manovra fiscale per sostenere la propria industria se le autorità monetarie lo vorranno. Anche se sappiamo che queste società di solito non emettono sui mercati del credito, l’impatto complessivo sull’economia e potenzialmente sulla produttività potrebbe essere positivo e favorevole al credito nel lungo termine.
Le banche europee risentono solo indirettamente dei dazi
Il settore finanziario domina il mercato corporate IG europeo. Il 44% dell’indice è rappresentato da istituti finanziari, mentre il 30% del mercato è costituito da banche. In termini di dazi si tratta di un aspetto importante da considerare, perché incidono principalmente sul settore industriale e hanno solo un effetto indiretto sulle banche. Un’analisi approfondita e un’attenta selezione dei titoli per comprendere le posizioni sottostanti di ciascuna banca saranno probabilmente sempre più importanti, permettendo ai gestori attivi di virare verso le società e gli emittenti meno colpiti.
Nel complesso, gli effetti dei dazi rimangono estremamente imprevedibili. Non solo non è chiaro se verranno effettivamente attuati, ma il loro impatto potrebbe anche essere parzialmente compensato dal livello di adattamento delle imprese e dalla correzione dei mercati valutari.
Questa incertezza conferma l’importanza di garantire un’adeguata diversificazione all’interno del portafoglio, nonché una ricerca approfondita volta a individuare le opportunità idiosincratiche che dovrebbero offrire risultati in linea con i diversi possibili esiti.

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