Emergenza culturale a Milano. Lettera aperta al Ministro Giuli: Museo del fumetto, Fabbrica dell’animazione e migliaia di altri centri culturali

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Oggetto: Invito a Milano per emergenza culturale

Gentile Ministro Giuli,
sono Shirin Chehayed, la direttrice artistica del centro di produzione culturale La fabbrica dell’animazione.
Le scrivo da Milano con in copia conoscenza Luigi Bona, il direttore dello Spazio Wow, il Museo del fumetto di Milano che da 14 anni offre un servizio culturale di elevata qualità e che nella sua storia ha accolto milioni di visitatori, organizzando più di 200 mostre in città e 50 in altri comuni.

Il Museo del fumetto, La fabbrica dell’animazione e migliaia di altri centri e associazioni culturali di tutto il Paese, dopo anni di impegno e di sacrifici (che hanno portato a risultati tangibili), anziché solidificarsi economicamente così da proseguire il proprio lavoro, rischiano di chiudere i battenti e di finire per strada.
Ciò accade non perché mancano le idee e le capacità, non perché ai cittadini non interessano le attività culturali proposte, ma perché il sistema economico è stato impostato dall’alto su regole che non sono fondate sul buon senso e che favoriscono solo una ristretta parte di cittadini a scapito di tutti gli altri.

Le sembra giusto?

Il patrimonio culturale italiano che come Ministro dovrebbe proteggere, salvaguardare e sostenere, è fatto anche di piccole e medie realtà come le nostre. I grandi teatri e i grandi musei certamente meritano l’attenzione e la sensibilità dello Stato italiano e del suo Ministero, ma l’arte e la cultura che hanno fatto la storia d’Italia nel mondo, molto spesso, sono nate anche nel piccolo, da una cultura artigianale che lavora sui territori ad alti livelli qualitativi.

Ciò che sta accadendo nel concreto però, con queste politiche di austerità, è che gli enti locali non possono sostenere gli enti del terzo settore che lavorano in ambito culturale. Quando lo fanno, le risorse a loro disposizione sono minime e sono da dividere tra tanti affamati di risorse.

Con questo sistema economico gli enti locali devono pensare prima al fare cassa, come se fossero un’azienda che deve rispettare il principio d’impresa.

Le sembra normale che la cultura economica dell’Italia sia orientata a produrre questo genere di comportamento da parte degli enti locali?

Dato che gran parte dell’edilizia di proprietà pubblica comincia ad avere i suoi anni e necessiterebbe di manutenzioni straordinarie, dato che che i fondi che arrivano agli enti locali non sono sufficienti per rispondere a tutte le necessità dei territori, dato che quando si è deciso di smantellare il superbonus non si è pensato di rimodularlo per risolvere questo genere di problemi di manutenzione, i comuni per fare quadrare i loro conti, mettono a carico degli enti non profit gli eventuali costi di manutenzione straordinaria. Inoltre, per evitare di ritrovarsi con dei buchi di bilancio ed essere poi ammoniti a livello regionale o statale, il Comune di Milano non rinnova la concessione e non permette di accedere ai fondi comunali, a tutti coloro che, per una qualche ragione di sopravvivenza (COVID compreso), si sono ritrovati ad essere morosi.

Un tempo non c’erano tutti questi vincoli di bilancio pubblico, perché in termini macroeconomici si ragionava con un’ottica keynesiana di politiche economiche espansive, rispettosa del dettame costituzionale.
Se un amministratore locale riscontrava un qualche problema sul territorio, come quelli che stiamo vivendo noi, aveva margine di manovra per risolverlo sia in termini economici che in termini di burocrazia.

Sia Lo spazio Wow che La fabbrica dell’animazione vivono situazioni contrattuali ed economiche insostenibili, ma nessun dirigente e nessun amministratore locale può prendersi la briga di sgarbugliare la situazione perché, per come stanno le cose ora, è matematico che finisca in un polverone mediatico voluto dall’avversario di turno o finisca in una qualche inchiesta giudiziaria accusato di corruzione o favoreggiamento o chissà che altro.

Ai ruoli di dirigenza (che sui territori hanno il potere di firmare o meno una delibera salvifica), non ci si arriva a vent’anni, quando ancora nell’animo tende a prevalere uno spirito di giustizia e libertà che può indurre ad atti di grande coraggio, ma ci si arriva a un’età in cui la pensione non è molto lontana e quindi la tendenza è quella di stare alla larga da qualsivoglia possibile grana, perché ognuno “tiene famiglia” ed è ragionevole che desideri proteggerla.

La cultura che ha preso piede nell’ultimo ventennio è quella di Ponzio Pilato a cui mi auguro lei desideri opporsi prendendosi a cuore le nostre problematiche.

Questo è un sistema che sta implodendo su se stesso e occorre che la situazione venga presa in mano dall’alto. Lei è il Ministro della Cultura, il portavoce nazionale degli enti come i nostri che rischiano la morte e che non vogliono essere sacrificati in nome delle politiche di austerità.
Noi saremmo lieti di accoglierla a Milano per parlarne di persona, così da trovare insieme una soluzione che metta d’accordo lo Stato, gli enti locali e noi enti culturali.

In attesa di un suo gentile riscontro, le porgo i miei più cordiali saluti.