La mancata rivalutazione delle pensioni va di nuovo alla Consulta

di Walter Quattrocchi -
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Il Tribunale di Palermo ha inviato alla Corte costituzionale il decreto legge con cui il governo ha recepito la sentenza sul blocco delle perequazioni nel biennio 2012-2013

La mancata rivalutazione delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 viene rimandata dal tribunale di Palermo alla Corte costituzionale. In particolare viene rispedito alla Consulta il decreto legge con il quale il governo Renzi ha risposto alla sentenza n. 70/2015 della Consulta, in tema di mancata perequazione delle pensioni per gli anni 2012 e 2013.

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La vicenda nasce dal ricorso di un pensionato (difeso dagli avvocati Riccardo Troiano e Alessia Ciranna dello studio Orrick, che nel 2013 aveva chiesto ai giudici di dichiarare l’illegittimità del cosiddetto decreto salva-Italia, nella parte in cui sospendeva la rivalutazione spettante nel biennio 2012-2013 alle pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo Inps.

Il blocco era stato ritenuto incostituzionale in quanto applicato anche a pensioni di importo non elevato e per un periodo di due anni consecutivi. Erano stati violati, secondo la Corte, gli articoli 36 e 38 della Costituzione, nelle parti in cui richiedono rispettivamente la proporzionalità del trattamento pensionistico, inteso come retribuzione differita, e la sua adeguatezza.

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A quella sentenza il governo ha risposto prevedendo una restituzione solo parziale delle somme a suo tempo non attribuite, in misura decrescente al crescere dell’importo: 40% per le pensioni tra tre e quattro volte il minimo, 20% tra quattro e cinque volte, 10% tra cinque e sei. Per le pensioni pari a oltre sei volte la minima non è stato previsto alcun rimborso.

Così il pensionato, un ex dirigente il cui trattamento nel 2011 superava di poco i 2 mila euro lordi al mese, si è visto riconoscere una rivalutazione pari solo al 20% di quanto teoricamente dovuto e senza la possibilità di recuperare negli anni successivi quanto perso a causa del nuovo meccanismo.

Il tribunale di Palermo ha ritenuto il provvedimento del governo troppo sbilanciato a favore delle esigenze finanziarie dello Stato, rispetto a quelle del pensionato di vedere tutelato il proprio potere d’acquisto: il decreto, secondo il Tribunale, non rispetta le osservazioni dei giudici costituzionali, di qui la decisione di rimandare la materia al giudizio della Consulta.