Sarà anche primavera a Parigi, ma non sembra esserci troppo amore nell’aria in questo momento

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Le minute piuttosto falco della Federal Reserve, insieme ai commenti del Governatore Brainard, hanno portato i rendimenti statunitensi a subire una nuova pressione al rialzo durante la scorsa settimana.

I piani di ridurre il bilancio della Fed di 95 miliardi di dollari al mese, a partire dalla fine di questo trimestre, rappresentano un raddoppio del ritmo del QT visto nel 2018, e si aggiungono alle previsioni dei mercati di un ulteriore aumento dei tassi di 225 punti base nel resto del 2022. Ci sembra quasi “più falco possibile”, e appare chiaro che i policymaker sono molto più inclini a rassicurare i cittadini che stanno subendo una compressione dei loro redditi reali sulla scia dell’inflazione che non a preoccuparsi degli operatori dei mercati finanziari in questo frangente.

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Con la propensione al rischio che per lo più regge bene e gli indicatori di crescita ancora robusti, è comprensibile che la Fed per il momento senta di poter spingere la narrativa falco, per dimostrare la sua serietà nell’evitare un de-ancoraggio delle aspettative di inflazione. Di conseguenza, questo potrebbe cambiare solo se i dati dovessero indebolirsi o se l’S&P iniziasse a subire una pressione di vendita più sostenuta.

Per molti aspetti, potremmo essere in un momento di massimo stress per le Banche Centrali. Le economie sono rimbalzate dalla crisi da COVID, i mercati del lavoro viaggiano a pieno regime e l’inflazione sta superando livelli finora inimmaginabili in questo periodo dell’anno scorso.

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La politica monetaria rimane molto accomodante e i ritardi nella trasmissione della policy indicano che le Banche Centrali si sono ritrovate indietro rispetto alla curva, dovendo quindi affrettare il ritiro dello stimolo politico. Questo spiega l’imperativo di anticipare il tightening, ma inasprendo bruscamente il rischio è che l’economia possa rallentare altrettanto repentinamente.

Pertanto, la probabilità di una recessione nel 2023 o 2024 sembra prendere piede, dopo essere apparsa molto improbabile solo pochi mesi fa, quando pensavamo che avremmo assistito a un ciclo prolungato e più graduale di rialzi dei tassi della Fed, più simile al periodo 2004-2006.

Con i mercati che prezzano i tassi USA al 2,5% alla fine del 2022, e un picco di circa il 3,25% a metà dell’anno prossimo, i tassi di policy arriveranno oltre il punto di neutralità percepito dalla Fed nel 2023.

Tuttavia, potremmo osservare che nei mesi a venire l’inflazione raggiungerà il picco a causa degli effetti di base, e poi inizierà a scendere. Una volta che il delta mensile sui dati dell’inflazione diventerà negativo, è possibile che inizi a passare il punto di massimo stress per le Banche Centrali e che quindi i falchi possano fare un passo indietro, soprattutto se allo stesso tempo la crescita rallenterà in risposta a una stretta delle condizioni monetarie.

In questo contesto, è interessante vedere che i tassi ipotecari statunitensi hanno già raggiunto un massimo di 10 anni vicino al 5%, dopo essere stati appena sopra il 3% all’inizio di gennaio. Sarà interessante osservare se ci sarà un rallentamento nei settori dell’economia sensibili ai tassi d’interesse.

I policymaker in Europa stanno sperimentando le stesse preoccupazioni sulla scia delle dinamiche inflazionistiche. È stato interessante vedere come la crisi del costo della vita stia influenzando il sentiment verso figure politiche precedentemente popolari, come Rishi Sunak, Cancelliere dello Scacchiere, nel Regno Unito, con i politici che sembrano prendersi la colpa dell’aumento dei prezzi dell’energia.

Questo è stato un fattore importante in vista delle elezioni presidenziali francesi, ed è stato sorprendente vedere come Le Pen abbia guadagnato parecchio terreno a spese di Macron sul tema. È interessante notare che è l’inflazione, piuttosto che la guerra in Ucraina e la relativa minaccia incombente alla sicurezza, la questione dominante nella mente degli elettori.

Una convergenza nei sondaggi suggerisce che la probabilità che Le Pen vinca al secondo turno di ballottaggio il 24 aprile potrebbe arrivare al 20%. Riteniamo che sia ancora probabile una vittoria di Macron, ma queste elezioni sono ora molto più combattute di quanto previsto in precedenza.

I policymaker a Berlino, Francoforte, Bruxelles, Roma e altrove in Europa pregheranno tutti che un’eventuale vittoria di Le Pen non crei uno shock. Se ciò dovesse accadere, è sicuro che assisteremo a nuovi rischi di frammentazione dell’UE, con gli spread sovrani sotto pressione. Questo potrebbe mettere la BCE nella posizione impossibile di cercare di adempiere al suo mandato di stabilità dei prezzi e allo stesso tempo di evitare che una nuova crisi sovrana travolga l’Eurozona.

Nel frattempo, anche se Macron dovesse vincere, la pressione sull’Eurotower affinché acceleri la fine dei suoi acquisti di asset rappresenta già una sfida per i Paesi periferici, per le settimane e nei mesi a venire. Inoltre, percepiamo una divisione crescente all’interno del Consiglio direttivo, con Christine Lagarde che potrebbe puntare a passare all’Eliseo e Philip R. Lane sotto pressione a seguito delle ricorrenti lacune nella sua comunicazione agli operatori sui mercati.

Con la crescita che probabilmente si contrarrà nel secondo trimestre e l’inflazione su un percorso in discesa all’avanzare del 2022, crediamo che sia improbabile che la BCE possa realizzare i 200 punti base di rialzi dei tassi attualmente previsti prima della fine del 2023.

Altrove, i rendimenti dei bond giapponesi a 10 anni continuano a librarsi appena sotto il tetto dello 0,25%, imposto dalla Bank of Japan. Tuttavia, la vita sta diventando difficile anche per i banchieri centrali di Tokyo in questi giorni. Intrinsecamente parlando, più la Fed è falco, più questo allarga il differenziale dei tassi tra Stati Uniti e Giappone, che ha indebolito lo yen e spinto al rialzo i rendimenti dei titoli di Stato giapponesi. Questo a sua volta costringe la BoJ ad aumentare i suoi acquisti di obbligazioni. Quindi, più la Fed diventerà falco, più questo spingerà la Banca del Giappone a muoversi esattamente nella direzione opposta.

Questa è sempre stata una debolezza nel concetto di progettazione del controllo della curva dei rendimenti (YCC). Da questo punto di vista, pare che Kuroda e colleghi si sentano inclini ad allontanarsi da questa politica, ma in questo caso potrebbero rendersi conto di essere ormai in trappola.

Avendo contenuto i rendimenti per così tanto tempo, qualsiasi annuncio di porre fine alla YCC vedrebbe sicuramente una grande dislocazione dei rendimenti. Pertanto, può essere che si tenti una mossa modesta per alzare il tetto. Tuttavia, una volta che la BoJ si sarà mossa sarà più difficile scongiurare nuove pressioni, se anche un successivo tetto verrà violato.

Nei mercati emergenti, il rublo ha continuato il suo impressionante recupero fino ai livelli visti l’ultima volta prima dell’inizio della guerra in Ucraina: un monito sul continuo flusso di denaro verso la Russia legato ai pagamenti energetici dell’UE, con le casse di Mosca che vengono riempite dall’aumento dei prezzi del gas, anche se gli scaffali dei suoi supermercati sono vuoti.

L’indignazione per i crimini di guerra in Ucraina sta spingendo l’Occidente ad aumentare ulteriormente le sanzioni, ma con il costo della vita che è diventata la preoccupazione più pressante per gli elettori di tutta l’UE, sembra che i passi aggiuntivi possano essere più di natura simbolica, per il momento.

Nel frattempo, la nostra sensazione è che Putin stia radunando le sue truppe e sia pronto a lanciare una nuova grande offensiva nella speranza che la campagna possa essere conclusa entro maggio. Di conseguenza, riteniamo che i mercati dovrebbero prepararsi a una nuova escalation, anche se le ultime due settimane sono state più tranquille su base relativa.

I mercati del credito hanno seguito il ritmo dettato dall’azionario all’inizio del nuovo trimestre. La retorica più falco della Fed, i rischi legati alle elezioni francesi e le preoccupazioni sul rallentamento della crescita hanno pesato sugli asset rischiosi negli ultimi giorni. Pertanto,continuiamo ad assumere un atteggiamento relativamente cauto rispetto alla direzione degli spread. I timori per la crescita sono stati esacerbati dai crescenti lockdown in Cina, mentre gli sforzi per contenere la variante Omicron sembrano (prevedibilmente) fallire.

I PMI di Caixin di questa settimana indicano un movimento verso la recessione in Cina e un’ulteriore disruption per l’offerta in Occidente. Nel frattempo, nei mercati valutari, una posizione più ferma della Fed e le preoccupazioni in Europa hanno visto il dollaro salire verso nuovi massimi rispetto all’euro.

Guardando avanti

Esaminando il panorama degli investimenti, continuiamo a pensare che il 2022 sarà un anno difficile per molte asset class tradizionali. Tuttavia, con elevati livelli di volatilità, ci sarà l’opportunità di esporsi in posizioni sia lunghe sia corte per ottenere rendimenti relative value.

I rischi di recessione da qui a un anno sono diventati significativamente più elevati nelle ultime settimane. Affinché questi si riducano, dovremmo essere sicuri che il picco dell’inflazione sia alle nostre spalle. Questo potrebbe aprire la strada a condizioni più favorevoli più avanti nel corso dell’anno, ma per ora sembra importante rimanere vigili e cercare asset mal valutati nel caso in cui i mercati dovessero sforare in una direzione o nell’altra. In tal senso, gli eventi in Francia potrebbero rappresentare un catalizzatore.