Pensioni, ecco le principali cose da sapere

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Il lavoro nobilita l’uomo. Si dice così e magari è anche vero. Ma dopo una vita spesa a lavorare, è anche giusto godersi il frutto delle proprie fatiche anche se i capelli nel frattempo sono diventati grigi e forza e resistenza non sono più quelli di una volta. Per qualcuno andare in pensione è un sogno, per altri un incubo a seconda del tipo di vita che si conduce e che si vorrebbe condurre una volta terminato il proprio ciclo professionale. Ma quando è che si può andare in pensione? La risposta è dipende! Le variabili sono legate all’età anagrafica, agli anni di servizio maturati e alle eventuali interruzioni lavorative o riscatti. Insomma, c’è da fare qualche calcolo prima di potersi liberare dall’impegno e dedicarsi ad altre possibili attività, qualsiasi esse siano a seconda dei propri desiderata. In questi giorni l’argomento pensioni è particolarmente chiacchierato, anche in virtù del subentro del nuovo governo targato Giorgia Meloni. Ma andiamo a scoprire nel dettaglio se è cambiato realmente qualcosa.

Quando vado in pensione oggi?

Cominciamo dalla pensione di vecchiaia, che si basa su requisiti anagrafici e contributivi. Può essere presentata domanda a partire dai 67 anni di età purché siano stati versati almeno 20 anni di contributi. Parallelamente, tuttavia, esistono diverse modalità di uscita anticipata per chi, per qualsiasi motivo, ritiene eccessivamente tardiva la soglia fissata. Quest’ultima è riservata ai lavoratori iscritti alle gestioni INPS e richiede:
• 42 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini (2227 settimane)
• 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne (2175 settimane)

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L’Opzione Donna alleggerisce ulteriormente la posizione per la categoria femminile con la possibilità di andare in pensione con il sistema di calcolo contributivo con 35 anni di contribuzione (con esclusione dei contributivi figurativi) a:

  • 58 anni per le lavoratrici dipendenti e
  • 59 anni per le lavoratrici autonome.

C’è poi la Quota 102, valevole solo per l’anno 2022 che prevede l’uscita anticipata al raggiungimento di Quota 100, come somma di

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  •  64 anni di età e 
  • 38 anni di anzianità contributiva.

Il provvedimento riguarda gli iscritti alle Gestioni INPS del settore appartenenti sia al settore pubblico che privato.

Quando ci sarà l’aumento delle pensioni minime?

In realtà nel 2022 degli aumenti ci sono già stati. Gli aumenti si sono registrati infatti già a partire da Gennaio 2022 per il ritorno alla perequazione degli importi delle pensioni, rispetto ai dati ISTAT, con il metodo a scaglioni che è più vantaggioso per i pensionati meno abbienti. Altre modifiche in atto hanno riguardato il trattamento minimo da 515,58 euro mensili a 524,34 euro e l’assegno sociale passato da 460,28 a 468,10 euro mensili. Come conseguenza, anche i valori minimi per le pensioni contributive sono stati quindi ritoccati. Il trattamento di vecchiaia non dovrà risultare inferiore a 702,16 euro mensili mentre la pensione anticipata non dovrà essere inferiore a 1.310,69 euro mensili. A partire dal novembre 2022 viene riconosciuto ai pensionati un Bonus una tantum di 150 euro: si tratta di un contributo previsto dal Decreto “Aiuti-ter” 144-2022 contenente una serie di provvedimenti in sostegno ai cittadini per mitigare l’aumento indiscriminato di tutti i prezzi.

Ci sono però tre requisiti per usufruirne: essere residenti in Italia; essere titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico di qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, di pensione o assegno sociale, di pensione o assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, o  trattamenti di accompagnamento alla pensione, con decorrenza entro il 1° ottobre 2022; avere avuto un reddito personale assoggettabile ad Irpef, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali, non superiore ad euro 20 mila nel  2021.

Un’ulteriore novità è stata rappresentata dall’anticipo della rivalutazione che doveva essere applicata da gennaio 2023, mentre il decreto Aiuti bis 115 2022 ha previsto eccezionalmente quanto segue:

  1. Anticipo al primo novembre per quanto riguarda il conguaglio utile al calcolo della perequazione (rivalutazione delle pensioni, relativa all’anno 2021, pari allo 0,2%, inclusi gli arretrati per le prime dieci mensilità dell’anno, da gennaio a ottobre);
  2. L’anticipo della rivalutazione pensionistica corrispondente all’aumento dell’indice ISTAT 2022, che di solito parte dal primo gennaio. Questo anticipo, che è pari al 2%, si applica alle mensilità di ottobre, novembre, dicembre e alla tredicesima sarà poi soggetto di un nuovo conguaglio sulle pensioni da gennaio in poi.

Quando pagano le pensioni?

A partire da novembre 2022 il pagamento delle pensioni segue il normale calendario di accredito, non più quello anticipato introdotto durante l’emergenza covid. I pensionati titolari di un Libretto di Risparmio, di un Conto BancoPosta o di una Postepay Evolution torneranno a ricevere l’accredito della pensione a partire dal primo giorno del mese. Chi intende invece ritirare in contanti dovrà presentarsi a partire dal secondo giorno presso uno degli Uffici Postali sparsi lungo tutto il territorio nazionale. Vero che i tempi avanzano, tuttavia non è ancora presente una lista criptovalute per incassare il consueto bottino. Chissà che un domani non sarà la moneta virtuale a circolare al posto del denaro.

Cosa dice l’art.4 della Legge Fornero?

Non si tratta di una vera e propria pensione ma di una forma di prepensionamento. Sostanzialmente è lo strumento di esodo introdotto dall’art. 4 della legge 92/2012 (c.d. legge Fornero), che consente al lavoratore di andare in pensione con 4 anni di anticipo (7 limitatamente al periodo 2018-2023), con onere a totale carico dell’azienda che ha intenzione di liquidarlo. Il lavoratore così percepirebbe un assegno sostitutivo della pensione nonché della relativa contribuzione correlata fino alla maturazione dei requisiti minimi e anagrafici per il diritto alla prestazione pensionistica più prossima (di vecchiaia o anticipata). La prestazione corrisponde all’importo del trattamento pensionistico che spetterebbe al lavoratore secondo le regole vigenti, in base alla contribuzione versata sino al momento della cessazione del rapporto di lavoro (esclusa la contribuzione correlata che il datore di lavoro si impegna a versare per il periodo di esodo).

Da quando partono le pensioni a 780 euro?

L’assegno sociale e la pensione di vecchiaia, anche minima, possono essere integrati dalla pensione di cittadinanza. Attraverso quest’ultima è possibile arrivare a percepire fino ad un massimo di 780 euro al mese. La cifra massima, però, è riconosciuta solo in caso di reddito pari a zero e, quindi, può ambirci solo chi percepisce l’assegno sociale. Per poter richiedere la pensione di cittadinanza anche quando si percepisce un trattamento INPS, è necessario avere un ISEE che non supera i 9.360 euro.