La Russia spicca nel settore petrolifero
Abbiamo una view moderatamente ottimista sul petrolio, motivata dai cambiamenti che hanno influito sull’equilibrio tra domanda e offerta a livello globale, creando un contesto di deficit.
Crediamo tuttavia che la pressione esercitata dai grandi importatori spingerà l’Arabia Saudita ad aumentare la produzione per far sì che il divario tra domanda e offerta rimanga sotto controllo, quindi il prezzo non dovrebbe andare molto oltre gli 80 dollari al barile.
Riteniamo quindi che da qui alla fine dell’anno il prezzo al barile rimarrà all’interno dell’intervallo compreso tra i 70 e gli 80 dollari. Come sempre cercare di prevedere il prezzo del petrolio è complesso, dato gli innumerevoli fattori che influiscono sullo stesso, ma il contesto attuale sembra indicare come leggermente più probabile una crescita del prezzo.
Ci stiamo concentrando sul collasso della produzione in Venezuela, che ha visto una riduzione di 700.000 barili al giorno da ottobre 2016, pari al -34%. Guardando avanti sembra molto probabile che la situazione peggiorerà ulteriormente prima di migliorare. Altro elemento chiave è l’impatto delle sanzioni USA nei confronti dell’Iran, che dovrebbero privare di circa 500.000 barili al giorno un mercato in cui già l’offerta è carente.
La Russia è sicuramente una delle nazioni che beneficia maggiormente di un elevato prezzo del petrolio. Considerato il contesto di rafforzamento del dollaro e di preoccupazioni relative alla solidità delle economie dei mercati emergenti, la Russia spicca tra gli altri grazie al surplus della bilancia delle partite correnti, pari a oltre 100 miliardi di dollari nel 2018, che equivale a più del 6% del PIL.
Guardando agli investimenti nel petrolio in particolare, le compagnie petrolifere russe spiccano per due motivi. In primis, nel 2017 è stata introdotta una nuova legge di bilancio che mira ad avvicinare il Paese al modello norvegese. In pratica il governo isola le ricadute positive del petrolio convertendo automaticamente le entrate derivanti dalla tassazione in riserve di valuta estera. Questo significa che la correlazione tra rublo e prezzo del petrolio è molto ridotta rispetto al passato. Ne risulta che, in dollari, il fatturato è cresciuto mentre i costi (in rubli) sono addirittura diminuiti. Un secondo motivo sono i notevoli passi avanti a livello di corporate governance nelle società petrolifere russe, che non crediamo siano correttamente prezzati dal mercato. Questo significa che i pagamenti di dividenti e i buyback sono sempre più legati ai flussi di cassa piuttosto che agli utili, e quindi ad alti rendimenti dei dividendi per tutto il settore.
Jacob Grapengiesser – Partner – East Capital