Dare retta alla Fed o guardare i dati economici? Questo è il dilemma

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Nel meeting della Fed di questa settimana Jerome Powell ha trasmesso un messaggio ‘da colomba’, con le previsioni del FOMC che indicano tassi lasciati invariati su livelli vicini allo 0% fino alla fine del 2023, nonostante i significativi incrementi nelle previsioni sia su crescita che inflazione.

Sotto molti aspetti, si può dire che il messaggio chiave della Fed è che pianificherà di reagire ai dati e cambierà la propria politica solo dopo che questi avranno indicato il ritorno dell’economia alla piena occupazione e un’inflazione che abbia raggiunto – e stia superando – il target.

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In questo contesto, non è chiaro se le aspettative della Fed abbiano ancora un particolare valore informativo dato che si trova in questa modalità attendista ‘wait and see’. Di fatto la Banca Centrale sta comunicando ai mercati che saranno i dati economici a contare, quindi l’attenzione dei mercati dovrebbe veramente concentrarsi su questi.

Ci aspettiamo che i prossimi dati indicheranno una solida crescita negli USA per i prossimi mesi. La nostra proiezione per quest’anno è di una crescita del Pil del 7%, superiore a quella prevista dalla Fed. Allo stesso tempo, ci aspettiamo ulteriori miglioramenti dal punto di vista dell’occupazione, superiori alle previsioni del consensus.

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Crediamo anche che i rischi siano sbilanciati verso un risultato inflazionistico più elevato di quello che alcuni stanno prezzando. Dopo che l’inflazione si sarà avvicinata al 2,5% in primavera, dubitiamo che scenderà al di sotto del 2% durante l’estate e pensiamo che tornerà nuovamente ad aumentare verso la fine dell’anno, quando la domanda repressa dei consumatori si scontrerà con limitazioni dell’offerta e della capacità, consentendo alle società di esercitare un maggiore potere di prezzo rispetto a quanto non abbiano potuto fare negli ultimi anni.

Basandoci sulla nostra conoscenza dell’economia statunitense, siamo portati a credere che la Fed sarà comunque costretta ad alzare i tassi alla fine del 2022,dopo aver iniziato a ridurre gli acquisti alla fine di quest’anno. Per questo, crediamo ci sia margine perché i rendimenti aumentino ulteriormente. In effetti, è interessante notare che il movimento iniziale dei rendimenti dopo il messaggio ‘da colomba’ della Fed sia stato al rialzo e non al ribasso, anche se la curva è diventata più ripida, con gli investitori che hanno prezzato un rischio inflazionistico più elevato nel medio termine per via di una Fed troppo accomodante.

Ad ogni modo, oltre all’aumento dei tassi di inflazione breakeven, anche i rendimenti reali si sono mossi al rialzo ultimamente. Da questo punto di vista, sembra che rimaniamo in un mercato ‘orso’ per i rendimenti nel complesso.

Si potrebbe dedurre che gli investitori siano preoccupati di essere troppo esposti al rischio di duration in un momento in cui la solidità dell’economia suggerisce che nei prossimi mesi i rischi sul fronte dei rendimenti saranno molto più schiacciati verso l’alto che verso il basso.

In Europa

I mercati europei continuano a riflettere gli sviluppi oltreoceano, tuttavia l’economia si trova su un percorso ben diverso da quello degli USA. Una crescente terza ondata di Covid-19 sta costringendo un certo numero di Paesi europei ad aumentare le restrizioni all’attività economica e il ritmo lento delle vaccinazioni sta iniziando a mettere a rischio l’estate 2021. Le economie dell’Europa meridionale dipendono molto dal turismo. Nelle prossime settimane, potrebbero esservi preoccupazioni crescenti di un’altra ‘estate persa’ se non vi sarà un’accelerazione nel contenimento del virus e nella diffusione dei vaccini.

I dati dell’Eurozona per il 2021 indicano una crescita che potrebbe essere solo la metà di quella statunitense e sebbene l’Europa possa rimettersi al passo più avanti dell’anno, ci aspettiamo che nei prossimi mesi il divario di performance economica con gli USA aumenterà ancora. Lo stesso potrebbe avvenire per il Regno Unito.

Ad oggi, il Paese ha ricevuto molte lodi per i successi nelle vaccinazioni. Tuttavia, le notizie sui problemi con le forniture hanno fatto sì che le iniezioni agli under 50 siano sospese, mentre verrà data priorità ai richiami per gli over 50. Ciò potrebbe mettere a repentaglio l’uscita dal lockdown.

Asset rischiosi

A differenza dei mercati dei tassi, gli asset rischiosi inizialmente hanno festeggiato il messaggio ‘da colomba’ della Fed. Tuttavia, la rinnovata pressione sui rendimenti governativi rimane una fonte di preoccupazione e continua a limitare la propensione al rischio. L’azionario USA rimane vicino a livelli record e le condizioni finanziarie sono accomodanti.

Gli spread sul credito societario restano relativamente stabili, ma l’impressione è che il rally del credito abbia perso slancio e ora gli spread si stanno muovendo all’interno di un intervallo contenuto. Va notato anche che ci stiamo avvicinando alla fine del trimestre nei prossimi giorni, che coincide anche con la fine dell’anno fiscale in Giappone.

Da diversi anni si verifica una perdita di liquidità e un bias verso un sentiment pessimistico verso la fine di marzo, quindi è possibile che riemerga un tono più ottimistico ad aprile. Tuttavia, la condizione potrebbe essere che vi sia una maggiore stabilità nei rendimenti dei Treasury.

Questa narrazione può essere applicata anche ai mercati emergenti. Gli spread sui crediti emergenti sono stati più volatili rispetto a quelli sviluppati nelle ultime settimane. Inoltre, gli spread emergenti sono andati in rally dopo l’incontro della Fed, mentre avevano mostrato debolezza subito prima.

Forex

Nel frattempo, il dollaro si è lievemente indebolito dopo il FOMC, anche se i movimenti successivi dei prezzi suggeriscono che la direzione del forex rimanga strettamente legata alla traiettoria dei rendimenti. Guardando alle prospettive per la performance economica, siamo portati ad aspettarci un dollaro in rafforzamento nel corso dei prossimi mesi.

Sebbene il boom dei consumi possa implicare un ampliamento del deficit delle partite correnti degli USA, ci aspettiamo che l’eccezionalismo della crescita statunitense andrà di pari passo con un dollaro più stabile, e che l’Amministrazione Biden supporterà questo rafforzamento della valuta, come fattore in grado di contribuire a mitigare gli impulsi inflazionistici temporanei.

Tuttavia, a differenza di quanto avvenuto negli ultimi mesi, in cui la maggior parte del rafforzamento del dollaro è avvenuto a spese delle valute emergenti, ci aspettiamo che da qui in avanti il biglietto verde si apprezzerà soprattutto in relazione alle divise degli altri mercati sviluppati. Di conseguenza, abbiamo assunto un posizionamento lungo sul dollaro rispetto sia all’euro che alla sterlina nell’ultima settimana. Nei mercati emergenti, le nostre view sulle valute sono più di tipo ‘relative value’, con posizioni lunghe su Messico e Colombia e corte su Sudafrica e India.

Guardando avanti

I prossimi dati rilevanti saranno quelli del report di marzo sul mercato del lavoro USA, attesi tra due settimane. Di conseguenza, potrebbero non esserci molte notizie in grado di influenzare i prezzi nei prossimi giorni, in mancanza di annunci fiscali o di politica monetaria in agenda. Ciò potrebbe far sì che l’andamento dei prezzi sia di natura tecnica, spingendoci ad essere piuttosto cauti, man mano che ci avviciniamo alla fine del trimestre. Detto questo, crediamo che potremmo anche assistere a un consolidamento dei rendimenti sui Treasury dopo gli ultimi rialzi.

Questo weekend segnerà l’anniversario dell’avvio del lockdown nel Regno Unito. Mentre attendiamo con impazienza che l’attività economica si normalizzi, ci colpisce la consapevolezza che il contesto metterà in luce sia alcune storie di successo che alcune vittime della crisi. Ciò avverrà sia a livello corporate che settoriale, e forse anche di Paese.

La Fed colomba può apparire come una panacea per coloro che fanno fatica e che stanno rimanendo indietro. Tuttavia, se abbiamo ragione circa la traiettoria dei dati sottostanti, Powell (o il suo successore) potrebbe parlare in modo molto diverso tra altri 12 mesi. In passato il mantra del mercato era: ‘mai combattere contro la Fed’. Forse d’ora in poi, il mantra rivisitato potrebbe essere ‘mai combattere contro i dati’.