Piazza Affari: oltre la metà delle azioni in mani straniere

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Secondo un’analisi di Unimpresa, il peso degli investitori esteri ha superato per la prima volta il 50% del valore complessivo dei titoli quotati sulla Borsa milanese

La quantità di azioni quotate in piazza Affari e detenuta da investitori esteri ha superato, per la prima volta, il 50%. Il calcolo è stato fatto dal centro studi dell’associazione Unimpresa e certifica che, a giugno 2015 il 51,1% del valore complessivo era in mani straniere, contro il 44,3% del giugno 2014.

La capitalizzazione di borsa delle società quotate a Milano è cresciuta del 7% nel periodo considerato, arrivando a circa 545,6 miliardi complessivi e la fetta in mano agli esteri è salita a 278,7 miliardi, crescendo in un anno del 23,3%, a un ritmo più alto rispetto a quello registrato dalle altre categorie di investitori.

“Finora le quote estere non avevano mai superato la soglia del 50%”, sottolinea Unimpresa.

Lo studio rivela inoltre il calo delle partecipazioni in mano alle imprese, passate al 19,7% dal 25,4% del totale, mentre le banche mantengono il 10%.

I privati (famiglie) controllano quote pari al 12,5% del totale, in leggero ribasso dal 12,8% del 2014. Ma se si allarga lo sguardo alle società non quotate si conferma il carattere familiare dell’imprenditoria italiana: in questo caso infatti i privati controllano il 43,7% del capitala complessivo, mentre la presenza degli stranieri scende al 25,8% del totale.

Diminuisce il ruolo dello Stato imprenditore, che a metà dell’anno scorso possedeva titoli azionari quotati italiani per 15,7 miliardi (il 2,9% del totale), contro i 16,8 miliardi (3,3% del totale) di un anno prima.

“L’Italia è terra di conquiste e oltre la metà delle spa quotate tricolori è in mani straniere”, commentra il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Se da una parte va valutato positivamente l’aumento del valore delle imprese italiane, dall’altro bisogna guardare con attenzione la presenza degli stranieri e capire fino a che punto si tratta di investimenti utili allo sviluppo e dove finisce, invece, l’attività speculativa”.