Un Atlante per le banche in difficoltà

di redazione -

Varato il fondo che dovrà intervenire negli aumenti di capitale e sui crediti deteriorati. Dote di 6 miliardi di euro

Varato il fondo per le banche in difficoltà. Si chiama Atlante ed è stato presentato ieri con un comunicato da Quaestio Sgr, la società (presieduta dall’economista Alessandro Penati e controllata dalla Fondazione Cariplo) incaricata della gestione.

Gli investitori sono le principali banche (a cominciare da UniCredit e Intesa Sanpaolo) e assicurazioni italiane, fondazioni bancarie, casse previdenziali e fondi pensione, ma anche (con una partecipazione che non dovrebbe superare i 300 milioni di euro) la Cassa depositi e prestiti. La dotazione dovrebbe essere di 6 miliardi, 4 dei quali dovrebbero essere raccolti già entro la fine di aprile.

Due i principali ambiti di intervento di Atlante. Il primo riguarda gli aumenti di capitale di alcune banche. Quelli di Veneto Banca e Popolare Vicenza sono ormai imminenti, e il fondo potrebbe intervenire nel caso di inoptato, sottoscrivendo cioè le azioni che non saranno acquistate sul mercato. Potrà farlo sia accordandosi con i membri dei consorzi di garanzia sia attraverso operazioni dirette (private placement). Nel caso, particolarmente difficile, della Popolare di Vicenza, secondo indiscrezioni di stampa Atlante sarebbe anche pronto a prendere il controllo dell’istituto.

Questo tipo di intervento potrà riguardare in futuro anche altri istituti che debbano rafforzare il capitale.

Il secondo obiettivo è di acquisire, gestire e infine cedere pacchetti di crediti deteriorati delle banche più pesantemente esposte sul fronte delle sofferenze.

Tra i dati che corredano il progetto Atlante, sono particolarmente interessanti (e anche inquietanti) quelli che riguardano i “Texas Ratio”: si tratta di un indicatore della rischiosità di una banca, in base al rapporto tra debiti netti deteriorati e patrimonio netto tangibile. Più alto è il Texas Ratio, più la banca è a rischio.

Intesa Sanpaolo ha un rassicurante indice dell’81,4%, Unicredit dell’87,8%. Con Banca Mps, però, si schizza al 262%, il livello più alto tra le banche italiane. Valori da febbre anche per Popolare di Vicenza (210,9%) e Veneto Banca (225,7%). I promessi sposi Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, infine, portano in dote valori molto diversi: 217,9% per il primo, e solo 80,7% per l’istituto milanese.

Le sofferenze insomma zavorrano, sia pure con pesi ben diversi a seconda dei singoli istituti, il sistema bancario italiano. E gli investitori lo stanno penalizzando anche in borsa: nei primi mesi di quest’anno, le quotazioni delle principali banche italiane sono crollate in media di oltre il 40%.

E se i prossimi aumenti di capitale (2,5 miliardi in tutto per Popolare Vicenza e Veneto Banca) non andassero in porto, gli effetti sarebbero molto seri non soltanto per il sistema delle banche, ma per tutta l’economia italiana.

Fuga di depositi e aumento del costo della raccolta per le banche interessate dalle operazioni sul capitale, perdite sulle obbligazioni (come nel caso Popolare Etruria) e sugli investimenti, e sullo sfondo il rischio di una nuova stretta del credito, che soffocherebbe l’economia reale.

È per scongiurare tutto questo che nasce il fondo Atlante. Che essendo caratterizzato dalla partecipazione volontaria di soggetti privati (la quota di Cdp è, come abbiamo visto, minoritaria) non dovrebbe incappare nelle censure delle autorità europee.