Corte dei conti: dai derivati un danno di 4 miliardi

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Sono le perdite subite dallo Stato per i contratti chiusi da ex dirigenti del Tesoro con Morgan Stanley, fra il 2011 e il 2012

Le operazioni sui derivati, concluse frettolosamente dai dirigenti del Tesoro fra il 2011 e il 2012 con la banca d’affari americana Morgan Stanley, sono costate all’erario 3 miliardi di euro. Lo afferma la Corte dei conti, che ha deciso di chiedere un risarcimento danni per 4,1 miliardi (1,1 miliardi di interessi)  ai responsabili del ministero del Tesoro nel periodo interessato. La Corte ha chiamato a comparire l’ex ministro del Tesoro Vittorio Grilli (che oggi lavora alla Jp Morgan), l’ex direttore del dipartimento del Tesoro Domenico Siniscalco (ora in Morgan Stanley), e due ex direttori del dipartimento Debito pubblico, Anna Maria Cannata e Vincenzo La Via. Con loro la Corte chiama a comparire i responsabili dell’epoca di Morgan Stanley.

La procura regionale del Lazio della Corte dei conti deve ora stabilire chi è responsabile per aver concluso i contratti sui derivati per tutelare il Tesoro dai rischi sui tassi e sui cambi, accettando le clausole che provocarono le perdite.

Il riferimento è in particolare alla “Ate – Additional termination events”, che consentiva a Morgan Stanley di obbligare il debitore, ovvero lo Stato italiano, a chiudere immediatamente la sua posizione al verificarsi di un dato evento, e cioè il superamento di un limite prestabilito di debito pubblico.

Con la crescita vertiginosa dello spread, e quindi del rendimento dei titoli di Stato italiani, e del debito pubblico, fra il 2011 e il 2012, si verificarono gli eventi previsti dalla clausola, e il Tesoro dovette chiudere immediatamente la propria posizione debitoria verso la banca d’affari, sopportando le relative perdite.