BCE, parola d’ordine: cautela

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Alla vigilia della riunione della BCE Andrea Iannelli, Investment Director Obbligazionario di Fidelity International, analizza il contesto in cui si trova ad operare la Banca Centrale Europea, formulando ipotesi sul suo operato futuro e illustrando le conseguenze per gli investitori.

Nessun indizio significativo è stato offerto da Mario Draghi nel discorso che ha pronunciato a Jackson Hole. Il banchiere, al pari di Janet Yellen, ha infatti evitato divagazioni rispetto al tema del simposio, rinviando a settembre qualsiasi aggiornamento di rilievo sulla politica monetaria. Nel frattempo, i mercati continuano a dibattersi tra dati solidi riguardanti la crescita, risultati deludenti sul fronte dell’inflazione e rischi geopolitici che potrebbero degenerare in qualsiasi momento.

In Europa, tutti gli occhi sono puntati sulla riunione della BCE, il cui Consiglio Direttivo potrebbe fornire delucidazioni sui suoi piani riguardanti il tapering. La BCE non ha margine di manovra molto ampio. Il tono aggressivo delle ultime dichiarazioni ha dato un forte slancio all’euro, che da inizio anno fa segnare un rialzo dell’8% circa (su base ponderata per gli scambi). La forza della moneta unica rappresenta un ulteriore freno all’inflazione, già bassa, dell’Eurozona.

È dunque prevedibile che il Consiglio Direttivo assumerà una posizione cauta per evitare un ulteriore rafforzamento della moneta unica. Un’eventuale riduzione degli acquisti nell’ambito del programma di QE sarà a nostro avviso introdotta solo a partire da gennaio 2018, con un’estensione del programma di almeno sei mesi rispetto alla scadenza prevista per il prossimo marzo. L’impatto netto del tapering sarà inoltre controbilanciato dal reinvestimento dei titoli in scadenza attualmente detenuti dalla BCE, che dovrebbero ammontare a circa EUR 10 miliardi al mese a partire dal prossimo anno.

Per quanto riguarda le valutazioni, i titoli di Stato europei si attestano su un livello abbastanza equo, tuttavia ravvisiamo uno scarso potenziale di crescita dei rendimenti rispetto alla situazione attuale, considerando i persistenti problemi di scarsità dei titoli, soprattutto dei Bund tedeschi. Da un punto di vista più tattico, il debito periferico ha tratto vantaggio dalla domanda di carry che si è originata nel corso dell’estate in un contesto di bassa volatilità. Nei mesi a venire, tuttavia, il rischio politico potrebbe tornare a preoccupare gli investitori penalizzando potenzialmente i titoli periferici.