Il Bonus Poletti bilancia in modo non irragionevole gli interessi coinvolti

Roberto Carli -

La Corte Costituzionale ha depositato la sentenza sulla legittimità del decreto legge 65/2015 convertito in Legge n. 109/2015 il cui dispositivo era stato reso noto il 25 ottobre.

Va opportunamente ricordato come con il cd bonus Poletti il Governo Renzi era dovuto intervenire per sanare gli effetti della sentenza n.70 del maggio 2015 della Corte Costituzionale con cui era stata dichiarata l’illegittimità della prima parte dell’articolo 24, comma 25, del decreto salva Italia (decreto legge n. 201/2011) che sospendeva per il solo biennio 2012?13 la rivalutazione per i pensionati titolari di trattamenti superiori a tre volte il minimo. (l’incremento sarebbe stato del 2,7 e del 3 per cento per effetto dell’inflazione) .

Una volta concluso il periodo di sospensione la mancata indicizzazione non sarebbe stata recuperata e quindi il decreto avrebbe avuto effetti permanenti. La Corte, in estrema sintesi , ha ritenuto legittimo il bonus valutando che il legislatore ha realizzato un bilanciamento non irragionevole degli interessi coinvolti, quello dei pensionati a preservare il potere di acquisto delle proprie pensioni con le esigenze finanziarie e di equilibrio di bilancio dello Stato.

Si stima infatti che una integrale applicazione della sentenza n.70 del 2015 avrebbe comportato un notevole impatto nei conti pubblici derivante dall’ aumento permanente della pensione, pari alla rivalutazione che sarebbe maturata nel biennio 2012?13 e da un effetto indiretto (di trascinamento), dovuto al fatto che la rivalutazione relativa agli anni successivi sarebbe stata applicata a una base più elevata.

Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio si sarebbe corso il rischio di compromettere il rispetto delle regole di bilancio europee e nazionali comportando il superamento della soglia del 3 per cento di indebitamento netto e pregiudicando sia il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine sia l’aderenza alla regola sulla spesa.

Ma cosa prevedeva il bonus Poletti ? Veniva riconosciuto per il 2012-13 ai trattamenti pensionistici superiori a tre volte i trattamenti minimi, una parziale rivalutazione in base all’inflazione, graduata in funzione decrescente per fasce di importi pensionistici fino a sei volte il trattamento minimo, con decorrenza 1 settembre 2015. In particolare i trattamenti tra 3 e 4 volte il minimo sono stati rivalutati del 40 per cento; quelli tra 4 e 5 volte il minimo del 20 per cento; quelli tra 5 e 6 volte il minimo del 10 per cento. Il 20 per cento della base maggiorata è stata trascinata negli assegni nel biennio 2014-2015, base che dal 2016 è passata al 50 per cento e si è sommata al meccanismo di rivalutazione previsto dalla legge 147/2013. Si stabiliva poi che gli arretrati fossero pagati in un’unica soluzione il 1° agosto 2015 , per un ammontare medio di oltre 500 euro a pensionato, importo maggiore per le pensioni comprese tra 3 e 4 volte il minimo e inferiore per le pensioni comprese tra 4 e 6 volte il minimo stesso.

La platea dei destinatari, con pensioni superiori a tre volte il minimo e non superiori a sei, era di 3,7 milioni di pensionati. Andando ad un maggior livello di approfondimento, quali sono le considerazioni sviluppate dalla Corte Costituzionale ? Il ragionamento di fondo è che il decreto legge n. 65 sulla perequazione delle pensioni non è una «mera riproduzione» del Dl 201 del 2011 (decreto Salva – Italia) perché ha introdotto una disciplina «nuova» e «diversa», ancorché temporanea, della rivalutazione automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013. Si ritiene poi che non si configura alcuna violazione del giudicato costituzionale dal momento che si riconosce la rivalutazione in misura proporzionale decrescente anche alle pensioni, in precedenza invece escluse, comprese tra quelle superiori a 3 volte il trattamento minimo Inps e quelle fino a 6 volte lo stesso trattamento. Viene ancora osservato come non rappresenta un sacrificio non proporzionato rispetto alle esigenze di interesse generale il blocco della perequazione per 2 soli anni e il conseguente “trascinamento” dello stesso agli anni successivi.

Si ribadisce ancora come debba essere salvaguardata la garanzia di un reddito che non comprima le esigenze di vita cui era precedentemente commisurata la prestazione previdenziale , indirizzo che deve essere percorso dal legislatore muovendosi bilanciando, secondo criteri non irragionevoli, i valori e gli interessi costituzionali coinvolti.

Profilo ritenuto meritorio è poi rappresentato dalla adeguata motivazione al decreto fornita dal legislatore con riferimento ai risparmi di spesa accertati su dato oggettivi e alle esigenze finanziarie di cui ha tenuto conto il legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità. Esigenze che, nell’attuazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti pensionistici, sono preservate attraverso un sacrificio parziale e temporaneo dell’interesse dei pensionati a preservare il potere di acquisto dei propri trattamenti.

Va ricordato poi come dal 2018 dopo due anni si supera il blocco del meccanismo di rivalutazione automatica. Il Ministero del dell’Economia ha recentemente pubblicato il decreto 20 novembre 2017 che fissa il tasso di rivalutazione delle pensioni a partire dal 1° gennaio 2018 in misura pari all’1,1 per cento, recependo il dato relativo al tasso di inflazione comunicato dall’Istat nei primi nove mesi del 2017.