Fed e riforme fiscali: quali implicazioni per gli investitori?

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I membri del FOMC si aspettano altri 3 aumenti dei tassi nel 2018 e 2 nel 2019. Le stime sulla crescita del PIL sono state riviste al rialzo in maniera consistente.

Quali sono i messaggi chiave del Federal Open Market Committee?

Bastien Drut. Come atteso dal mercato, il FOMC ha deciso di innalzare l’intervallo obiettivo dei Fed Funds per la terza volta nel corso dell’anno a 1,25-1,50%. Questo è il primo anno in cui la Fed realizza tutti gli aumenti annunciati in precedenza (a dicembre 2016 le proiezioni sui Fed Funds note come “dots” indicavano la possibilità di 3 aumenti nel 2017 ed essi sono effettivamente stati realizzati dalla Fed). Negli anni precedenti, la Fed è intervenuta sempre in misura molto più contenuta di quanto non suggerissero le proiezioni. I “dots” mediani per il 2018 e 2019 non sono cambiati: i membri del FOMC si aspettano altri 3 aumenti nel 2018 e 2 nel 2019. Le stime sulla crescita del PIL sono state riviste al rialzo in maniera consistente (al 2,4% nel 2018 e al 2,1% nel 2019) mentre il livello di crescita del PIL nel lungo termine è stato nuovamente ridotto.
Il differenziale tra le stime di crescita per il 2018/2019 e la crescita di lungo termine si è allargato nuovamente. Questo indica che la forza lavoro inutilizzata possa continuare a ridursi. Le dichiarazioni del FOMC indicano che le azioni future della Fed permetteranno al mercato del lavoro di rimanere solido e non che ne promuoveranno “ulteriori fasi di rafforzamento”. Questa è stata l’ultima conferenza stampa di Janet Yellen in qualità di Presidente del FOMC. Rimane in dubbio come la futura composizione del comitato potrà impattare sulle decisioni di politica monetaria.

Sul fronte economico, nei prossimi 12 mesi ritenete più probabile un’accelerazione della crescita, un rallentamento o la recessione e perché?

Annalisa Usardi. Salvo gravi shock esterni o interni, non ci aspettiamo una recessione nei prossimi 18 mesi.
Invece, pensiamo che la riforma fiscale possa promuovere la crescita nel 2018 e 2019 e ritardarne il rallentamento verso il tasso di crescita potenziale alla fine del 2019. L’economia americana in questo momento sta beneficiando di una fase positiva (la crescita dovrebbe essere prossima al 3% nel quarto trimestre, per il terzo trimestre consecutivo), nonostante i danni provocati da alcuni rilevanti disastri naturali. La crescita appare solida a fronte di una domanda interna resiliente, grazie al contributo dei consumi personali e degli investimenti non residenziali. Anche il mercato del lavoro si sta ulteriormente rafforzando. Anche in assenza di una riforma fiscale, dato il contesto economico e finanziario globale e locale, ci aspettiamo che questi fattori siano resilienti anche se più modesti nel 2018, portando ad una crescita leggermente sopra il potenziale ed in linea con l’andamento di quest’anno. Se però si tiene conto anche della riforma fiscale, la cui attuazione è sempre più probabile all’inizio del 2018, ci aspettiamo che la crescita del PIL nel 2018 e 2019 possa migliorare complessivamente dello 0,5% (intervallo stimato tra +0,2/0,5%); questo porta le nostre proiezioni al 2,3/2,6%, rimandando ulteriormente la decelerazione verso il livello di crescita potenziale.

Recentemente la curva dei tassi americani si è appiattita molto. Qual è la vostra letturadi questo dato?

Bastien Drut. Recentemente la curva dei tassi americani si è appiattitamolto e si potrebbero trarre alcune conclusioni. Innanzitutto vale la pena partire da un confronto storico. L’ultima volta che l’inclinazione della curva sul tratto 2-30 anni ha toccato 100 bp durante un ciclo restrittivo è stato nell’aprile 2005. Da quel momento, ci sono voluti 14 mesi per arrivare all’ultimo innalzamento di tassi da parte della Fed (a giugno 2006); 2,5 anni prima che l’indice S&P 500 arrivasse al suo massimo (ottobre 2007) e 2,6 anni prima che l’economia americana andasse in recessione (dicembre 2007). In secondo luogo, si potrebbero anche mettere in discussione le indicazioni fornite dalla pendenza della curva dei tassi. Per lungo tempo gli studi accademici hanno sostenuto che la pendenza della curva dei rendimenti fornisce indicazioni importanti per pronosticare le fasi di recessione. Tuttavia si è dimostrato anche che i modelli predittivi che, oltre a considerare le informazioni sugli spread dei tassi considerano anche i Fed Funds, forniscono stime più accurate. I livelli dei Fed Funds rimangono comunque bassi (attualmente tra 1,25% e 1,50%) e i fattori tecnici continuano ad avere molto peso sui tassi di interesse di lungo termine. Se questi fattori non ci fossero, la curva sarebbe leggermente più pendente. In terzo luogo, il fenomeno di appiattimento della curva americana è stato di gran lunga troppo rapido nell’ultimo periodo. La curva ha iniziato ad appiattirsi quando i mercati a inizio settembre hanno cominciato a rivedere al rialzo le stime sui Fed Funds nel 2018. Di conseguenza la parte a breve della curva è salita più di quella a lungo termine. È piuttosto comune assistere ad un appiattimento della curva quando la banca centrale alza i tassi di riferimento, e questo è quanto accadrà nel 2018, ma il movimento recente è senz’altro troppo pronunciato. I modelli macroeconomici di base mostrano che la curva in questa fase del ciclo dovrebbe essere più pendente. Se i mercati continueranno a rivedere le attese sui Fed Funds, i tassi di lungo termine potrebbero recuperare dai livelli attuali, specialmente se si dovesse confermare l’estensione del ciclo economico favorita dalla riforma fiscale.

Quali sono le vostre attese sulla politica monetaria della Fed nel 2018?

Annalisa Usardi. Pensiamo che la Fed continuerà ad operare in una logica di gradualità e di analisi del contesto. In linea con le nostre stime economiche, pensiamo che in questa fase del ciclo la crescita rafforzata dal probabile stimolo fiscale nel primo trimestre del 2018 possa permettere alla Fed di implementare i rialzi dei tassi che vengono suggeriti dal livello dei “dots”. Pertanto nel 2018 ci aspettiamo 2 rialzi dei tassi, che potrebbero diventare 3 se il Congresso dovesse approvare rapidamente le proposte sui tagli fiscali.
Coerentemente con il FOMC crediamo che l’inflazione stia gradualmente muovendosi verso il livello obiettivo, in un contesto di forza del mercato del lavoro e di riduzione del divario del PIL rispetto al livello potenziale, senza tuttavia superarlo per lungo tempo poiché altri fattori che limitano l’inflazione continuano ad avere un ruolo rilevante.

Quali sono le forze prevalenti nel mercato del reddito fisso americano nei prossimi 6 mesi?

Kenneth J. Taubes. Globalmente le politiche delle banche centrali continueranno ad avere un impatto significativo sul mercato obbligazionario americano. Gli investitori continueranno a tenere sotto controllo gli effetti delle decisioni delle banche centrali sulla curva dei rendimenti e sull’equilibrio di domanda/offerta nel mercato del reddito fisso USA. In particolare, oltre alle dichiarazioni della Fed in merito alla normalizzazione della politica monetaria e alle aspettative di interventi restrittivi, anche i dettagli e le tempistiche degli interventi della BCE e della Bank of Japan verso politiche meno accomodanti avranno implicazioni importanti sui tassi di interesse globali.
Ora che è in corso il programma di normalizzazione della Fed, qualsiasi variazione delle politiche monetarie espansive in Europa e Asia potrebbe avere effetti anche sul mercato obbligazionario americano.
Anche il panorama politico statunitense merita un po’ di attenzione. La riforma fiscale dovrebbe stimolare la crescita delle aziende in molti modi. Ad esempio, la proposta di un ammortamento totale degli investimenti in un anno dovrebbe aumentare le spese per investimenti. I flussi di cassa dovrebbero aumentare grazie alla riduzione delle imposte societarie dal 35% al 21% e anche per merito della possibilità di rimpatriare gli utili prodotti all’estero ad un costo molto più contenuto. Anche la più blanda regolamentazione potrebbe contribuire ad aumentare la redditività aziendale, stimolando ulteriormente la crescita economica americana.

Gli investitori come dovrebbero affrontare questa nuova fase del mercato?

Kenneth J. Taubes. Pensiamo che gli investitori dovrebbero continuare a essere posizionati per affrontare uno scenario di tassi di interesse in aumento e di economia solida. Favoriamo un approccio di diversificazione negli investimenti sulle obbligazioni societarie e siamo negativi sui Treasuries USA. Pensiamo che la maggior parte dei titoli di Stato americani offra rendimenti poco attraenti.
Molti settori del credito dovrebbero invece trarre beneficio da una crescita più solida, tasse più basse e normativa meno stringente. Anche se le valutazioni del credito sono care, crediamo sia opportuno mantenere una preferenza per le obbligazioni societarie di maggiore qualità. Per gli investitori più prudenti, potrebbe essere indicato un posizionamento corto o molto corto di duration in un contesto di aumento dei tassi. Ora che ci troviamo alla fine di un altro anno positivo per il reddito fisso, le valutazioni obbligazionarie USA sembrano eccessive. Un modo per proteggere i portafogli obbligazionari potrebbe essere quello di ridurre il rischio di credito.
I solidi fondamentali societari, la solida crescita economica e le prospettive di alleggerimento fiscale sono controbilanciati da valutazioni poco convenienti. Gli spread dei titoli societari investment grade si trovano ai minimi post crisi, aggiustati per la duration, e riflettono una minore qualità e in generale una duration più lunga rispetto ai livelli storici.

Quali sono le attese di breve e medio termine per il dollaro?

Kenneth J. Taubes. Pensiamo che il dollaro non sarà in grado di guadagnare terreno perché i mercati hanno già incorporato nei prezzi un prolungato e graduale ciclo restrittivo. Lo scetticismo sul fatto che la riforma fiscale possa innalzare la crescita potenziale americana nel lungo termine ha anche impedito un apprezzamento del dollaro. Infine i differenziali di crescita tra gli USA e il resto del mondo non sono più in favore degli Stati Uniti, riducendo l’attrattiva del dollaro. Solo un innalzamento repentino dell’inflazione, che porterebbe ad un’accelerazione delle politiche restrittive della Fed rispetto alle attese, potrebbe modificare le aspettative sul dollaro.


Bastien Drut – Fixed Income and Forex Strategist – Amundi Asset Management
Kenneth J. Taubes – CIO of US Investment Management – Amundi Asset Management
Annalisa Usardi – Senior Economist – Amundi Asset Management