Prepararsi al “flight to quality” con azioni giapponesi e robotica

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Un mese fa non ero sicuro fosse una buona idea espormi così pubblicamente in merito all’andamento futuro dei mercati finanziari, poiché eravamo nel pieno della tempesta con l’incognita delle elezioni Italiane e la Germania ancora senza un governo, oltre al fatto che la possibilità che la negatività permanesse era piuttosto elevata.

Nonostante tutto, la situazione mi sembrava ancora propizia per suggerire un aumento della componente azionaria a coloro che non si erano dimostrati sufficientemente coraggiosi nel 2017, considerati anche i buoni fondamentali economici.

A distanza di un mese, seppur le cose siano sicuramente migliorate, rimango stupito come al solito della forza dei listini americani, rispetto a quelli europei, nonostante il dollaro sia rimasto stabile nel range che lo contiene da inizio anno tra 1,22 e 1,25, ma soprattutto di fronte ai T-bond americani che hanno ulteriormente alzato il rendimento a circa il 2,9 %, mentre i Bund tedeschi hanno visto limare il ritorno di circa 12 basis points . Impressionante poi il Nasdaq che venerdi ha battuto l’ennesimo record assoluto.

Anche l’indice italiano è riuscito a spiazzare tutti i ribassisti, cresciuto al cospetto di un risultato elettorale che lascia il Belpaese nella totale ingovernabilità. La sensazione quindi è che di cose “scontate” non ce ne siano e che si debba andare oltre i movimenti di breve periodo per un’asset allocation strategica alla quale aggiungere eventualmente una componente più tattica . Sul piatto della bilancia delle cose positive metteremo:

  1. una crescita economica sincronizzata a livello mondiale che fa ben sperare per gli utili delle società per il primo trimestre 2018, in particolare per gli Stati Uniti dove la riforma fiscale dovrebbe far incrementare notevolmente i risultati netti per le società americane;
  2. un atteggiamento propositivo da parte delle banche centrali, nonostante la diversità delle politiche monetarie in corso, con una FED impegnata a non alzare troppo, una BCE ancora accomodante e un BOJ sempre impegnata a stampare moneta;
  3. un dollaro tendenzialmente debole, che aiuta lo sviluppo dei Paesi Emergenti e di conseguenza le performance delle loro borse.

E poi abbiamo Trump, che aggiunge positività quando sembra cercare il dialogo con il dittatore coreano, ma contribuisce alla difficoltà del momento imponendo dazi all’importazione aumentando il rischio di una possibile guerra commerciale che non gioverebbe sicuramente al sentiment di mercato.

Guardando invece il bicchiere mezzo vuoto:1. l’eccessivo indebitamento del consumatore americano, che, pur avendo fornito spessore al ciclo, lo ha nuovamente esposto ai rischi dell’aumento dei tassi; 2. l’inflazione, che è stato l’invitato più atteso per anni e adesso abbia paura che si ubriachi e rovini la festa a tutti.

Di fronte ad una situazione del genere e osservando i trend in atto, direi di continuare a stare alla larga dai governativi, sia Bund tedeschi che T-bond e vista la situazione politica particolarmente confusa anche dai BTP italiani.

Parlando in questi giorni con un amico gestore, con grandissima esperienza sul mercato in generale (gestisce un fondo bilanciato da 30 anni e con grande successo), mi diceva che teme una grande distruzione di ricchezza derivante proprio da un lungo e lento bear market obbligazionario. Eppure, a ben vedere, sarebbe forse lo scenario più benevolo, perchè il vero pericolo secondo me è che avvenga uno spike aggressivo dei rendimenti con conseguente crollo dei corsi. Immaginatevi cosa vedrebbero i risparmiatori sul valore delle quote dei loro fondi obbligazionari. Non oso neanche pensarci. Un altro rischio importante, potrebbe essere la volatilità della volatilità, considerando che quanto visto accadere sull’ETF VIX potrebbe essere solo la punta dell’iceberg di tutta una serie di derivati che sfrutta il meraviglioso mondo del “contango”.

Riepilogando, direi di mantenere invariata l’asset allocation strategica impostata ad inizio anno, mentre sulla parte tattica potrebbe essere cosa buona e giusta vendere parte di quanto avevamo ricomprato sul ribasso di febbraio, pronti ad utilizzare di nuovo questa riserva al prossimo “tourbillon” improvviso.

Continuo a nutrire una spiccata preferenza verso il mercato giapponese, che ultimamente non ha brillato particolarmente, vittima del rialzo dello yen, sempre in gran spolvero durante i momenti di “flight to quality”.

Inoltre, mi piace molto (seppur con un approccio di lungo periodo e non con eccessivo peso) l’asset class della robotica, che proprio sul mercato nipponico annovera alcune delle società più promettenti, facendo tuttavia attenzione e ricordandosi sempre cosa è accaduto in passato alle cosiddette ” FAANG”. Prima di saper correre, si deve saper camminare mettendo in conto di finire a terra un certo numero di volte …


Michele De Michelis – responsabile investimenti – Frame Asset Management