La primavera delle banche italiane

Roberto Russo -

Il 2018 borsistico è partito sotto il segno del “made in Italy”, con l’indice azionario FTSEMIB 40 che da inizio anno mostra una performance del 10% circa, un dato decisamente superiore a quello raggiunto dalle principali piazze finanziarie mondiali.

Tale risultato è favorito innanzitutto dalla congiuntura economica positiva: l’espansione dell’attività economica mondiale dura ormai da anni e nel corso dell’ultimo semestre si è ulteriormente rafforzata con un tasso di crescita del PIL pari al 4,5%, quasi un intero punto percentuale sopra il trend di lungo termine; sul fronte interno l’economia italiana, grazie al balzo del PIL dell’1,5% nel 2017, ha realizzato il risultato migliore dal +1,7% messo a segno sette anni fa.

Dal punto di vista microeconomico le principali aziende italiane quotate hanno confermato un ottimo stato di salute, come testimoniato dagli eccellenti risultati di bilancio realizzati nel primo trimestre del 2018. Analizzando i singoli settori, è stato confermato l’ottimo trend di crescita del comparto industriale e in particolare del lusso, evidenziato dai rialzi in borsa da inizio anno dei titoli Fiat Chrysler (+26%), Eni (+20%), Ferrari (+29%), Moncler (+45%), Yoox Net-A-Porter (+30%) e Salvatore Ferragamo (+12%).

Ciò che maggiormente sorprende in positivo è l’ottima performance del comparto bancario, autentica spina nel fianco dell’economia del Paese nell’ultimo decennio, che sembra essere giunto alla fine di un drammatico e disordinato processo di pulizia dei crediti deteriorati e contestuale rafforzamento patrimoniale, decretando il definitivo ritorno della fiducia da parte degli investitori, sia italiani che esteri.

Nel primo trimestre dell’anno i principali istituti di credito italiano, infatti, hanno mostrato una forte crescita degli utili, associata a una riduzione dei crediti deteriorati superiore a quanto previsto dai rispettivi piani industriali e, di conseguenza, a quanto richiesto dal regolatore europeo.

Concentrando l’analisi sulle prime otto banche italiane quotate che rivestono la forma giuridica di società per azioni, nel primo trimestre dell’anno è stato realizzato un risultato netto positivo cumulato di 3,11 miliardi di euro, di cui 2,3 miliardi di sola competenza di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Il dato più importante è il ritorno all’utile di quelle banche che, ancora nel 2017, risentivano degli effetti negativi dell’onda lunga delle crisi finanziarie del 2008 e 2011 e degli aumenti di capitale forzosamente imposti dall’autorita? di vigilanza europea.

All’interno del comparto spicca l’ottima trimestrale di BMPS che, dopo dieci anni di disavventure e per la prima volta da quando lo Stato italiano è entrato nel capitale, ha registrato un sostanzioso utile (187,6 milioni di euro). L’istituto di credito senese ha sorpreso favorevolmente gli analisti, i quali prevedevano in media una perdita trimestrale di 10 milioni di euro, grazie alla notevole riduzione del costo del credito e a un miglioramento della qualità complessiva dell’attivo patrimoniale; inoltre è prevista un’ulteriore accelerazione al processo di cessione dei crediti deteriorati, attraverso il deconsolidamento definitivo di 24 miliardi di sofferenze e la vendita di altri 2,6 miliardi di euro di crediti, da effettuarsi entro giugno prossimo in anticipo rispetto alla tabella di marcia concordata con l’Unione Europea. Anche Banca Carige, dopo cinque anni di perdite, è tornata alla redditività nel primo trimestre dell’anno, grazie a un utile netto di 6,4 milioni di euro che, se paragonato alla perdita di 41,1 milioni registrata nel medesimo periodo del 2017, rappresenta un dato molto incoraggiante. Va sottolineato, sul fronte dei crediti deteriorati, che la banca ha ceduto la propria piattaforma al Credito Fondiario per 31 milioni di euro, aggiungendo un altro tassello importante agli obiettivi prefissati nel piano industriale messo in atto dall’Amministratore Delegato Paolo Fiorentino.

Tra le ex banche popolari, BPER ha realizzato il trimestre più ricco della sua storia grazie al conseguimento di un utile netto di 251 milioni di euro, risultato che se fosse confermato nei prossimi tre trimestri permetterebbe alla banca guidata da Alessandro Vandelli di accedere al ristretto club degli “utili miliardari” su base annua; UBI banca, dopo l’acquisizione delle attività in bonis di Banca delle Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio e di CariChieti, ha realizzato un utile netto trimestrale di 117,7 milioni di euro, tra i migliori degli ultimi anni, rispettando in pieno gli obiettivi del piano industriale; Banco BPM ha quasi raddoppiato il risultato dello scorso anno grazie a un utile trimestrale di 223 milioni di euro, confermando gli enormi progressi sul fronte dei crediti deteriorati attraverso la cessione di circa 5 miliardi di sofferenze prevista entro la fine del prossimo mese. All’appello, nel gruppo delle prime otto banche, manca solo il Credito Valtellinese, che ha chiuso il primo trimestre del 2018 in rosso per 30 milioni di euro, dopo un inizio anno caratterizzato dal maxi aumento di capitale da 700 milioni di euro e da alcune giustificate preoccupazioni, ampiamente superate, che ora dovrebbero lasciare spazio al recupero di redditività.

Se pensiamo che nell’intero esercizio 2016 le stesse prime otto banche nazionali avevano perso complessivamente 15 miliardi di euro, il dato cumulato del primo trimestre del 2018, positivo per 3,11 miliardi, rende ancor più evidente la svolta del settore, sia in termini di redditività che di patrimonializzazione, un fattore quest’ultimo da non sottovalutare e confermato dal corposo ritorno alla distribuzione di dividendi da parte degli istituti di credito, che altrimenti la severa vigilanza della BCE non avrebbe mai avallato qualora fossero ancora emerse debolezze all’interno dei bilanci.

Ragionando adesso in termini borsistici, una banca in condizioni di normalità, ovvero in presenza di un tasso di crescita stabile degli utili e di un’adeguata solidità patrimoniale, dovrebbe quotare un rapporto tra capitalizzazione di borsa e corrispondente patrimonio netto tangibile (patrimonio netto meno avviamento) superiore a 1, in quanto al valore patrimoniale andrebbe sommato un premio rappresentativo della notorietà del “marchio” e, in sintesi, del valore attuale degli utili futuri che la banca è potenzialmente in grado di generare. Oggi il suddetto multiplo delle prime otto banche italiane, in media, è pari a 0,58; l’unica banca con un multiplo superiore a 1 è Intesa Sanpaolo (1,1), seguita da Unicredit (0,71), UBI Banca (0,64), BPER (0,62), Credito Valtellinese (0,53), Banco BPM (0,44), BMPS (0,38) e Banca Carige (0,24). Questi risultati, se parametrati al multiplo medio dei principali istituti di credito europei e americani, di gran lunga superiore a 1, evidenziano un notevole grado di sottovalutazione delle banche italiane.

Se dunque è vero che le maggiori criticità del comparto bancario sembrano in gran parte superate, è probabilmente chiaro il motivo della ritrovata fiducia da parte degli investitori, nonostante le incertezze legate allo scenario politico nazionale post elettorale.

Scopriremo presto se, dopo tante false stagioni, la primavera delle banche italiane sarà seguita dall’estate.


Roberto Russo – Amministratore Delegato – Assiteca SIM