Il possibile ritorno dell’opzione donna

Roberto Carli -

Nel contratto di programma definitivo di M5S e Lega nel capitolo pensioni vi è anche la “manifestazione di intenti” di volere riprendere la proroga di opzione donna utilizzando le risorse disponibili.

Va ricordato che si tratta della possibilità per le lavoratrici dipendenti e autonome di andare in pensione con 57- 58 anni di età e 35 di contributi optando però per il calcolo contributivo della pensione.

Si tratta di una soluzione di flessibilità in uscita che era stata introdotta nel nostro ordinamento dal 2008 per effetto della riforma Maroni con la volontà di volere fornire una exit strategy che consentisse un pensionamento anticipato rispetto alle regole generali, a fronte di una penalizzazione dell’importo della pensione per effetto del contributivo anche per quelle lavoratrici che, in ragione della propria storia contributiva, avrebbero potuto vedersi calcolata la pensione con il sistema misto , ovvero, fino al 2011, interamente retributivo.

Opzione donna nasceva con natura sperimentale fino al 31 dicembre 2015 e aveva il proprio fondamento nell’ avvenuto innalzamento che la stessa legge imponeva, a partire dal 2008, del requisito anagrafico minimo per conseguire la pensione di anzianità da 57 a 60 anni, fermo restando il raggiungimento di almeno 35 anni di anzianità contributiva.

Nel corso del tempo vi sono state poi diverse proroghe ma , rispetto a quelle che erano le attese, la recente Legge di Bilancio aveva virato su altre misure rivolte al segmento donna come la agevolazione in termini contributive per le lavoratrici madri. Attualmente l’opzione donna , in base alla legislazione vigente, è ancora una via utilizzabile dalle lavoratrici nate entro il 1958 (1957 se autonome) unitamente a 35 anni di contributi. La proroga ora proposta dovrebbe includere le coorti delle lavoratrici nate dopo il 1958 sulla base delle risorse già stanziate con la legge di bilancio per il 2016.

Cosa altro si prevede sul tema pensioni nel Contratto di governo del cambiamento? Si ribadisce la volontà di ripristinare il meccanismo delle quote, sommando età e anni di contributi, individuando soglia “100” con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti. Inoltre si afferma la necessità di riordinare il sistema del welfare prevedendo la separazione tra previdenza e assistenza.

Sicura novità è poi quella di volere prevedere una pensione di cittadinanza a chi vive sotto la soglia minima di povertà. La proposta è rappresentata da un’integrazione per un pensionato che ha un assegno inferiore ai 780,00 euro mensili, secondo i medesimi parametri previsti per il reddito di cittadinanza