La crisi dell’auto in Germania mette a rischio l’Eurozona

Guido Barthels -

Il Dieselgate e l’introduzione della nuova normativa sulla misurazione dei consumi indebolisce l’industria automobilistica con conseguenze gravi soprattutto per la Germania, che ha registrato un crollo di oltre il 30% delle nuove immatricolazioni di autovetture rispetto al 2017: un trend che non fa presagire nulla di buono da qui a fine anno per l’economia tedesca e per l’Eurozona nel suo complesso.

È in atto un forte rallentamento della crescita economica, principalmente in Europa, dove la crescita si va indebolendo: appena +0,8% nel terzo trimestre, contro il 3,5% degli Stati Uniti, che pure segna un arretramento rispetto al trimestre precedente.

In Europa, assume un peso rilevante il rallentamento dell’industria automobilistica: non soltanto il Dieselgate, anche la rigorosa introduzione della normativa WLTC/WLTP sulla misurazione dei consumi a partire dal primo settembre 2018 contribuisce a indebolire il settore, che riveste un’importanza primaria per l’economia tedesca, la quale a sua volta costituisce la quota preponderante del Pil dell’Eurozona. Non è chiaro se si tratti di un fenomeno temporaneo o strutturale, ma al momento la situazione appare poco rassicurante, date anche le incertezze politiche e lo scontro tra Italia e UE.

Non c’è dunque da stupirsi che le azioni europee abbiano esibito sviluppi molto più deludenti delle controparti americane. Anche le aspettative degli operatori circa i tassi del mercato monetario si sono evolute in maniera molto diversa. Da inizio anno, le previsioni del mercato sui tassi futuri sono salite dello 0,5%-1%. Nell’Eurozona, le attese sono invece rimaste per lo più invariate, a dimostrazione che la politica della banca centrale non sorprende ma segue piuttosto un orientamento costante, mentre dagli eventi politici non giunge alcun impulso positivo.

Dopo un ottobre decisamente turbolento, caratterizzato da marcate perdite sui listini azionari globali, l’interminabile ripresa a cui abbiamo finora assistito comincia a dare qualche segno di cedimento. Non si profila ancora una recessione all’orizzonte, ma si avverte che si tratta ormai solo di una questione di tempo e fino ad allora i mercati potrebbero dover affrontare qualche difficoltà.

In questo contesto, per gli investitori la cui moneta di riferimento è l’euro, i costi di copertura valutaria possono ancora decisamente aumentare, rendendo proibitivi gli investimenti in attivi denominati in dollari con copertura valutaria. Chi non desidera esporsi ai rischi valutari – o non può permettersi di farlo – dovrà di fatto limitare i propri investimenti all’area dell’euro, ricevendo come ricompensa rendimenti reali negativi e il deteriorarsi delle prospettive sui mercati azionari.


Guido Barthels – portfolio manager – Ethenea