Tra le scelte contestate da Bruxelles vi è la riforma delle pensioni

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In concomitanza con la presentazione del pacchetto di primavera, la Commissione europea sulla base alla valutazione dei programmi di stabilità e convergenza del 2019, ha adottato una serie di misure nell’ambito del patto di stabilità e crescita.

In particolare ha adottato relazioni a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) nei confronti di Belgio, Francia, Italia e Cipro, in cui esamina la conformità di questi paesi con i criteri relativi al disavanzo e al debito previsti dal trattato. Per l’Italia, la relazione conclude che è giustificata una procedura per disavanzi eccessivi per il debito.

Nelle raccomandazioni specifiche per Paese sulla Bruxelles ci sono, inter alia, considerazioni anche in relazione alla riforma delle pensioni recentemente varata. Tra il 2019 e il 2021, si ricorda, il nuovo regime di prepensionamento (“quota 100”) consentirà alle persone di andare in pensione a 62 anni se hanno versato 38 anni di contributi. Inoltre, il campo di applicazione delle disposizioni vigenti in materia di prepensionamento ‘e’ stato esteso, anche sospendendo fino al 2026 l’indicizzazione dell’aspettativa di vita del contributo minimo richiesto, che le precedenti riforme pensionistiche avevano introdotto.

Per tali disposizioni, il bilancio 2019 ha destinato fondi pari allo 0,2% del Pil nel 2019 e allo 0,5% del Pil nel 2020 e nel 2021, ‘ma si prevedono anche costi aggiuntivi negli anni successivi.

Nel sottolineare come il debito italiano resta una grande fonte di vulnerabilità per l’economia, si sottolinea come le nuove misure e il trend demografico avverso capovolgono in parte gli effetti positivi delle riforme pensionistiche del passato e indeboliscono la sostenibilità a lungo termine delle finanze, danneggiata anche dall’ aumento dei tassi d’interesse dei titoli di Stato osservato nel 2018 e 2019.

Si sottolinea ancora come la riforma pensionistica, che permette il pensionamento anticipato, comporterà incrementi di spesa nel 2019 dello 0,3% del Prodotto interno lordo, tali da aumentare ulteriormente un costo pensionistico che è valutato dall’OCSE al 15 per cento del prodotto interno lordo potenziale. Gli effetti paventati sono quelli di mettere ulteriormente in dubbio la sostenibilità a lungo termine del debito italiano.

Secondo la Commissione europea occorrerebbe attuare pienamente le riforme pensionistiche precedentemente regolate per ridurre le passività implicite derivanti dall’invecchiamento della popolazione e si potrebbero ottenere risparmi intervenendo sui diritti pensionistici elevati non compensati dai contributi, nel rispetto dei principi di equità e proporzionalità