Nessun’altra scelta plausibile se non comprare (ancora) azioni

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Nonostante i dati macro abbiamo mostrato un rallentamento in USA fino all’estate per poi stabilizzarsi e siano decisamente peggiorati anche in UE, con rischio di recessione in Germania ed in Italia, i risultati aziendali hanno invece battuto le stime nell’80% dei casi, mostrando una crescita media degli utili del 12%, seppur in rallentamento rispetto al 18% del 2018.

Possiamo affermare che la politica monetaria di stimolo globale sincronizzata sia finita, o quanto meno avrà una pausa, che terminerà quando i dati macro torneranno eventualmente ad essere negativi. Al momento infatti, ad eccezione dell’ISM Manifatturiero, tutti i dati sono in ripresa o quanto meno stabili, e questo offre una forte propensione al rischio per gli investitori: se i dati fossero positivi, allora sarebbe una buona notizia dato che il ciclo economico continua, se invece fossero negativi, sarebbe un problema per l’economia, ma a supporto ci sarebbero le banche centrali. In pratica, come qualcuno ha affermato, abbiamo un’opzione PUT sul mercato e, con i rendimenti nulli, non c’è altra scelta che comprare azioni.

Prendendo in considerazione il principale indice mondiale, ovvero S&P 500, possiamo comunque notare che, nonostante le valutazioni appaiano decisamente alte, con un P/E intorno a 21 volte gli utili, gli stessi livelli erano già stati raggiunti e oltrepassati verso gennaio 2018 con livelli poco oltre 21. Il P/E medio è ora certamente più alto sia di quello relativo alla Zona Euro sia di quello dei Paesi Emergenti. Tale condizione è giustificata per lo più dal peso all’interno dell’indice delle aziende del comparto tecnologico, con la sua componente fortemente disruptive, e dalla presenza di società fortemente correlate a beneficiare dei grandi fenomeni sociali, economici e demografici, i Megatrend, destinati a cambiare drasticamente le nostre abitudini di vita.Considerando che la crescita degli EPS proseguirà nei prossimi anni, possiamo ragionevolmente affermare che c’è ancora spazio di crescita.

I rischi per le aziende, semmai, provengono ora dalla perdita di margine: bisogna considerare che anche se l’inflazione resta bassa, i salari sono aumentati e questo peggiorerà i margini operativi.

Ritornando però alla situazione macro, le previsioni del 2020 non vedono più recessione, un rallentamento della crescita, quindi il ciclo economico prosegue con una riduzione ulteriore della disoccupazione e un lieve aumento dell’inflazione.