Aree di resilienza: i Paesi del Golfo Persico pronti alla ripartenza

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Dopo l’anno ruggente del 2019, il comparto azionario dei Paesi del Golfo Persico ha subito una contrazione significativa a causa della pandemia da Coronavirus, che ha messo a dura prova le economie di tale area geografica. Nel mese di marzo, in particolare, ha influito pesantemente il crollo del prezzo del petrolio (a Marzo il Brent ha perso circa il 54,4%), causato da due fattori. Il primo, di portata notevole, il crollo della domanda, che ha portato ad un eccesso di offerta difficilmente sostenibile; il secondo, invece, è legato all’Arabia Saudita, che dopo la rottura dei rapporti con la Russia ha aumentato la produzione per cercare di acquisire nuove quote di mercato, ma facendo nel contempo scendere ancora di più il prezzo dell’oro nero. Infine, a causa dell’emergenza sanitaria, l’EXPO di Dubai sarà rinviato all’anno prossimo, con conseguenze gravi sul settore turistico che si era preparato ad una forte espansione. Tuttavia, vi sono alcuni elementi da considerare che, nonostante tutto, lasciano ben sperare in una ripresa. Un primo aspetto da considerare è che i governi Paesi del Golfo hanno reagito all’emergenza in modo efficiente, adottando senza indugio le misure di distanziamento sociale, limitando così la diffusione del virus. Un altro elemento che ha aiutato, inoltre, è il clima. Al momento non ci sono studi che lo confermano, se non solamente delle evidenze empiriche, ma nelle zone dove le temperature sono maggiori il tasso di contagio è minore, e ciò vale soprattutto per i Paesi del Golfo. Inoltre, i Governi hanno messo a disposizione prontamente delle politiche fiscali a sostegno dell’economie, tra cui, ad esempio, l’Arabia Saudita, che ha previsto una sospensione dei pagamenti di alcune imposte ed una copertura del 60% dei salari per tutti i lavoratori appartenenti ai settori maggiormente colpiti. A ciò si aggiungono gli interventi delle banche regionali dell’area, che da parte loro sono disposte a posticipare di tre mesi, a partire da Maggio, il pagamento rateale dei debiti in essere. Infine, per quanto riguarda il petrolio, facciamo due considerazioni. Da un lato, si osservi che da diversi anni le economie dell’area dei Paesi del Golfo stanno diventando sempre meno dipendenti da tale materia prima, e che questi mercati sono decorrelati rispetto gli indici dei paesi sviluppati, il che offre potenzialmente un’opportunità di diversificazione all’interno di un portafoglio di investimento. Dall’altro lato, dopo che l’OPEC+ ha ristabilito un clima di collaborazione, la quotazione del Brent sta risalendo dai minimi storici di qualche settimana fa. Non si sottovaluti, per concludere, che man mano che l’emergenza sanitaria andrà a risolversi, l’economia ripartirà e l’EXPO di Dubai che si terrà nel 2021 sarà in grado di stimolare l’economia dell’intera area GCC (Gulf Cooperation Council), che era già in forte crescita nel periodo pre-Covid 19.

I possibili risvolti di una profonda crisi

Nell’ultimo periodo abbiamo assistito ad un rimbalzo dei mercati in concomitanza con la graduale riapertura delle attività economiche in diversi Paesi e la morsa del virus che comincia ad allentarsi. Ma a fronte di ciò, che tipo di recupero potremmo aspettarci dal punto di vista dei dati macroeconomici? E, soprattutto, nel periodo post-Covid 19, come cambieranno gli equilibri per quanto riguarda la concorrenza tra le aziende per l’acquisizione delle quote di mercato, soprattutto nei settori più colpiti?

Sappiamo che sarà difficile aspettarsi un recupero a V nei prossimi mesi, per almeno due ragioni. La prima è legata al fatto che non tutti i settori ripartiranno allo stesso momento: per quelle aziende in cui si prevede la presenza fisica del cliente per acquistare il prodotto o usufruire del servizio, come ad esempio ristoranti e i negozi al dettaglio, il recupero sarà lento. Le fabbriche, invece, che hanno la possibilità di far ripartire la produzione dovranno vedersela con un altro aspetto fondamentale, ovvero il lato della domanda. L’offerta può tornare anche ai livelli pre-pandemia, ma ricordiamoci che in un contesto di crisi sarà difficile che anche la domanda si ripristini contestualmente. Inoltre, ci si potrebbe attendere nei prossimi mesi che alcune aziende dovranno pensare ad un ridimensionamento oppure potranno essere costrette a chiudere, dichiarando il fallimento. Pertanto, a seguito di crollo verticale dell’economia, potremmo piuttosto attenderci una fase di recupero lenta, la cui crescita sarà fortemente dipendente dall’andamento dei contagi e dal successo con cui si predisporranno trattamenti efficaci e vaccini per l’immunizzazione contro il virus. Pertanto, dal punto di vista dei dati macroeconomici, la situazione rimane incerta. Tuttavia, cominciamo a vedere alcuni segni di come cambieranno gli equilibri concorrenziali tra le aziende, soprattutto nei settori maggiormente colpiti. Nel breve periodo, come già anticipato, vedremo gli effetti particolarmente negativi sull’economia.

Poi nel lungo, potremo assistere a situazioni in cui alcune aziende si rafforzeranno, potendo aumentare la propria capacità produttiva e acquisendo maggiori quote di mercato a discapito delle società più fragili, che non riusciranno a sopravvivere alla crisi economica. Un’anticipazione di questo contesto riguarda proprio il settore delle compagnie aeree, fortemente colpito dal Coronavirus. Di recente, la cinese China Eastern Airlines è diventata la più grande compagnia aerea del mondo per numero di posti a sedere, superando la statunitense Southwest Airlines, che ha dovuto sospendere la maggior parte dei voli a causa della crisi sanitaria. Ciò, peraltro, accade in uno scenario in cui la guerra dei dazi tra USA e Cina non si è ancora risolta, pertanto l’intensificarsi della competizione su settori importanti come quello dei trasporti aerei, tra gli altri, non fa altro che inasprire le tensioni tra le due superpotenze mondiali.