L’addio della Cina alla politica zero COVID

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A sorpresa, alla fine dello scorso anno la Cina ha rilassato le proprie politiche riguardo il contenimento del COVID e si appresta a riaprire la propria economia dopo tre anni di forti restrizioni, lockdown e quarantene che hanno interessato una vasta parte della popolazione.

L’impatto economico iniziale della riapertura è stato negativo per via del forte aumento dei casi di COVID, che sta creando grandi pressioni sulle strutture sanitarie e preoccupazione anche nel resto del mondo. Nelle prossime settimane si potrebbe assistere a un picco delle infezioni e, forse, anche a temporanee limitazioni di alcune attività non essenziali, come per il settore della ristorazione. Inoltre, la stessa popolazione potrebbe limitare i contatti e gli spostamenti fino a che l’ondata in corso non si sarà attenuata.

Infatti, le vendite al dettaglio a novembre sono scese del 6% rispetto a un anno prima e l’indice anticipatore PMI (purchasing managers index) dei responsabili degli acquisti del settore manifatturiero, svolto sulla base di sondaggi mensili, è sceso a 47 in dicembre, un segnale di contrazione. L’indice PMI riferito ai servizi, tipicamente più sensibili all’andamento della pandemia, è sceso addirittura a 39,4.

L’ondata di nuovi casi sembra destinata a continuare nei prossimi mesi e probabilmente il picco si raggiungerà dopo i festeggiamenti del nuovo anno lunare, ma la nostra impressione è che le autorità cinesi abbiano deciso di dare la priorità alle riaperture che, probabilmente già nel primo trimestre di quest’anno, saranno totali. Pechino sembra aver scelto una strategia «big bang» di uscita dalla precedente strategia zero COVID.

Nei prossimi mesi ci saranno probabilmente segnali economici discordanti, perché l’impatto positivo delle riaperture verrà diluito e contrastato dall’aumento dei contagi. L’impatto negativo dovrebbe essere concentrato tra la fine del 2022 e il primo trimestre del 2023.

Nel corso dell’anno ci aspettiamo che la riapertura dell’economia e la rimozione delle quarantene per i viaggiatori in arrivo in Cina (a partire dalla settimana scorsa) abbia un effetto positivo sul PIL. Come già avvenuto in Occidente, i consumi potrebbero beneficiare anche dei risparmi accumulati negli ultimi tre anni spingendo il PIL di quest’anno a una crescita di quasi il 5%. Si tratta di un tasso di espansione considerevole, data l’aspettativa che le esportazioni rallentino per via del debole contesto globale.

Il mercato azionario potrebbe beneficiare delle riaperture, almeno relativamente al resto dei mercati asiatici, soprattutto per quanto riguarda alcuni settori legati ai beni di consumo, internet, la farmaceutica e i trasporti. Anche la valuta cinese e il mercato obbligazionario potrebbero sperimentare un recupero.

Molto dipenderà comunque dalla situazione internazionale e dalle tensioni geopolitiche, che possono avere un impatto sulla domanda di asset finanziari da parte degli investitori internazionali. Le relazioni tra Stati Uniti e Cina probabilmente rimarranno tese e non si esclude un ulteriore irrigidimento da parte degli Stati Uniti, per esempio con riguardo agli scambi di tecnologia.

Un’altra area che si è rivelata problematica per la Cina lo scorso anno è il settore immobiliare: le vendite di immobili sono state del 38% inferiori al livello del 2021 e le nuove costruzioni sono diminuite di oltre il 50% rispetto alla seconda metà del 2020. Il settore immobiliare è particolarmente importante anche per la fiducia dei consumatori in Cina, rappresentando la principale forma di risparmio per le famiglie.

Le autorità cinesi avevano intenzionalmente frenato il settore immobiliare nel 2021 per evitare che si formasse una bolla, ma di recente le politiche stanno diventando via via più accomodanti. Si stima che il settore immobiliare lo scorso anno abbia rappresentato un freno di oltre 3 punti percentuali per la crescita del PIL, mentre quest’anno dovrebbe stabilizzarsi e quindi non sarà una zavorra.

La riapertura della Cina potrebbe avere implicazioni anche per le materie prime e in particolar modo il petrolio. Se l’aumento dei contagi ha un effetto negativo nell’immediato, a medio termine potrebbe enfatizzare gli squilibri sul mercato dell’energia e, in particolare del petrolio, spingendone le valutazioni al rialzo.