Chirurgia finanziaria per la FED, incrementiamo esposizione su titoli cinesi

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Come ampiamente previsto, il FOMC ha concordato di mantenere i tassi di interesse stabili al 5,00-5,25% dopo 10 aumenti consecutivi, ma ha sorpreso il mercato con una previsione di altri due aumenti da 25 bps nelle proiezioni di fine anno. Il rilascio del dot plot, che è l’aspettativa del singolo membro del Comitato circa i tassi dei fondi federali, è stata la sorpresa aggressiva di cui i mercati erano preoccupati. Nonostante l’aumento dei tassi del 5% negli ultimi 15 mesi, dei 18 politici, 12 hanno indicato tassi pari o superiori all’intervallo mediano compreso tra il 5,5% e il 5,75%, mostrando che la maggior parte dei politici concorda sulla necessità di un ulteriore inasprimento per contenere le pressioni sui prezzi. Nel determinare la misura in cui un ulteriore rafforzamento della politica monetaria possa essere appropriato per riportare l’inflazione al 2 per cento nel tempo, il Comitato terrà conto dell’inasprimento cumulativo della politica monetaria, dei ritardi con cui la politica monetaria influisce sull’attività economica e sull’inflazione, e della politica economica e finanziaria sviluppi. Powell ha ripetutamente posto l’accento sulla riduzione dell’inflazione e ha affermato che il comitato è rimasto sorpreso dalla straordinaria resilienza del mercato del lavoro

La FED rimane ancora data dependent: l’impatto della crisi bancaria è stato minore rispetto a quanto temuto, l’inflazione di base è ancora vischiosa e il mercato del lavoro più resiliente. Non dovremmo sorprenderci se il FOMC veda ancora la necessità di un ulteriore inasprimento al fine di arginare possibili fiammate inflazionistiche. Allo stesso tempo, mentre combatte con tutte le forze l’aumento dei prezzi, la Fed vuole evitare il remake del 2007 e dovrà fare un lavoro strettamente chirurgico e attento per scongiurarlo, monitorando costantemente l’economia, in particolar modo il settore bancario e immobiliare, maggiormente sensibili alle variazioni dei tassi di interesse.

Lo abbiamo sicuramente visto nel corso dell’ultimo anno e continueremo a vederlo con la diminuzione del costo delle abitazioni (shelter) – circa un terzo dei beni e dei servizi utilizzati per misurare l’inflazione – e che si muove con un certo lag temporale. In effetti, l’effetto ritardo è in gran parte dovuto al tempo necessario affinché i contratti di locazione cambino contratto, che in genere vengono rinnovati ogni 12 mesi, il che significa che le attuali dinamiche dei prezzi non si riflettono nell’immediato, ma necessitano di più tempo per essere assorbiti nell’indicatore. La Fed, inoltre, non vuole esercitare ulteriori pressioni sul settore bancario, dopo che diverse banche sono recentemente fallite.

È come essere in un film già visto. Cambiano i personaggi ma la narrativa è la stessa. Se è vero che i tempi son cambiati, è anche vero che la storia di solito insegna. I cicli di inasprimento monetario del passato hanno portato a conseguenze per l’economia, che siano esse recessioni o crisi di altro genere. Rimaniamo ancora positivi sullo scenario base di un possibile soft landing[1], confidando nel lavoro fin qui svolto dalla Fed: crescita modesta, disinflazione graduale, utili migliori delle aspettative e un pivot lento. Monitoreremo i fattori macroeconomici e saremo pronti a rivedere le nostre strategie in caso di cambiamenti.

Diverso il caso della BCE, in ritardo di alcuni mesi rispetto alla sorella americana. I funzionari hanno aumentato i tassi di interesse di 25 punti base al 3,5% e hanno confermato che smetteranno di reinvestire le obbligazioni nell’ambito dei programmi di acquisto. Entrambe le decisioni sono state in linea con le aspettative. Nella conferenza stampa, Lagarde ha affermato che è “molto probabile” che la BCE aumenti nuovamente i tassi a luglio e non ha iniziato a pensare a una pausa. I responsabili politici ora vedono l’inflazione rallentare solo al 2,2% nel 2025, il che secondo Lagarde non è soddisfacente.

Pensiamo che la strada sia ancora lunga, data un’inflazione molto più alta di quella americana (EU 6.1% YoY vs US 4.0% YoY) è evidente che il primo pivot sarà quello della Fed. C’è ancora molto da fare, ci vorrà tempo affinché gli effetti della politica monetaria si riflettano sull’inflazione e sull’economia in generale.

L’apertura dell’economia cinese di fine anno 2022 ha definito una spinta positiva ai mercati emergenti, in particolare sui nostri temi di investimento. L’abbandono della politica zero-covid e il programma del governo cinese (sviluppo economico, espansione domanda interna e sostegno alle società immobiliari e società e-commerce per lo sviluppo occupazionale e competizione globale) hanno risanato la fiducia degli investitori, contribuendo ad arginare il sentiment negativo che ha segnato tutto il 2022. Tutti eravamo convinti che la seconda economia del mondo potesse fare da motore trainante nella crescita economica per scongiurare qualsiasi recessione.

Ciononostante, ad aprile e maggio, la situazione è diventata meno rosea di quello che ci aspettavamo. La fiducia è rimasta debole, anche dopo l’inaspettata revoca delle restrizioni Covid alla fine dello scorso anno. Gli ultimi dati economici dipingono poi un quadro sempre meno vigoroso che perde slancio. Giusto per citarne qualcuno:

– il settore immobiliare (30% del PIL) è ancora teso: molti hanno acquistato appartamenti prima della costruzione degli edifici, non ricevendoli in consegna a causa del gito di vite normativo sui livelli di leva finanziaria che ha mandato in default diversi sviluppatori. Secondo il Financial Times, i completamenti dei progetti sono rallentati del 24% su base annua, e del 42% il mese precedente;

– esportazioni: diminuite del 7,5% su base annua, dopo un aumento dell’8,5% di aprile (cifre che devono tener conto dell’effetto base, vale a dire il confronto fatto su cifre “catastrofiche” dello stesso mese del 2022, quando Shanghai era nel pieno della politica zero covid);

– importazioni: diminuite del 4,5% dopo essere diminuite del 7,9% il mese precedente. Il consenso era per un calo dell’8,0%;

– disoccupazione giovanile (16-24 age): uno su cinque è disoccupato, con un tasso di disoccupazione giovanibile record al 20,8%

Tutte queste preoccupazioni hanno incentivato gli alti funzionari ad impegnarsi per rilanciare la crescita. Abbiamo monitorato a fondo la questione aspettando il primo passo da parte di Pechino per incrementare le nostre esposizioni nei confronti della Cina. Il primo stimolo è avvenuto con il taglio dei tassi repo a 7 giorni di 10 punti base (dal 2% all’1,9%), dopo che le principali banche del paese avevano già tagliato i tassi sui depositi la settimana precedente. Abbiamo dunque deciso di incrementare la nostra esposizione nei confronti di single names ADR cinesi quotati in dollari, con focus sulla tecnologia (quindi società come Tencent, Alibaba, Baidu, ecc.) fino al 15% del totale del portafoglio. Inoltre, come parte degli sforzi di stimolo, Pechino sta valutando la possibilità di emettere circa un trilione di yuan ($ 140 miliardi), in buoni del tesoro speciali per aiutare i governi locali indebitati e aumentare la fiducia delle imprese. Anche qui, monitoreremo la situazione macro per incrementare l’esposizione o invertire la rotta, se dovesse essere necessario. Per ripristinare la fiducia e rilanciare l’economia bisogna fare di più, ma Pechino è sulla buona strada per evitare il rallentamento.