Il ruolo delle assicurazioni come investitori istituzionali

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Il sistema assicurativo può svolgere un ruolo centrale come investitore istituzionale a fronte della ingente quota di risparmio che raccoglie e sulla quale presta, per larga parte, la propria garanzia di restituzione integrale almeno del capitale investito. Lo sottolinea l’Ania in una interessante audizione parlamentare sul decreto sulla competitività dei capitali.

La quota del risparmio degli italiani investita in forme di assicurazione vita è al 2022 pari a circa il 14,6% della ricchezza finanziaria complessiva, che le imprese assicuratrici investono con un modello gestionale orientato tipicamente al lungo termine. Gli investimenti1 degli assicuratori italiani sono pari a circa 900 miliardi di euro, corrispondenti al 50% del PIL.

Quali sono le proposte dell’Ania per incrementare la competitività dei mercati liquidi? Potrebbe essere opportuno integrare le misure previste dal DDL capitali con ulteriori interventi volti ad agire su altri fronti, quali in primo luogo supportare le aggregazioni industriali tra società di piccola e media dimensione, anche su mercati internazionali (così favorendo l’accrescimento dimensionale delle nostre imprese, con benefici in termini di competitività nel contesto internazionale). In tale ottica, con specifico riferimento alle aggregazioni aventi ad oggetto società estere, una possibile forma di incentivazione fiscale potrebbe essere utilmente rappresentata dalla detassazione (eventualmente limitata a un prestabilito numero di periodi di imposta successivi a quello in cui è intervenuta l’aggregazione) della quota di reddito imponibile generata dall’entità estera incorporata, scissa o in altro modo aggregata.

Va poi stimolata stimolare la crescita del mercato dei fondi pensione, incrementando la quota di deducibilità dei contributi versati (eventualmente prevedendo un plafond di esenzione fiscale ad hoc, più elevato, per quelli versati da giovani o da genitori o nonni in favore di questi ultimi), così da convogliare il risparmio privato verso l’investimento nel mercato liquido dei capitali.

Al fine poi di incentivare la destinazione di risorse all’economia reale da parte del settore assicurativo, primario investitore istituzionale del Paese, sarebbe opportuno prevedere la non imponibilità a tassazione dei rendimenti ottenuti da investimenti qualificati afferenti alle gestioni separate delle imprese di assicurazione, in analogia a quanto previsto dalla legge n. 232 del 2016 per altri investitori istituzionali (gli enti di previdenza obbligatoria di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 e le forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252), entro un limite percentuale relativo al totale delle attività che compongono la gestione separata.

L’esenzione in parola sarebbe relativa, in particolare, alle gestioni assicurative afferenti alle assicurazioni sulla vita tradizionali con garanzie di rendimento minimo, al momento escluse dal novero dei soggetti aventi diritto all’agevolazione, nonostante la norma di legge, come detto, sia chiaramente orientata agli investitori istituzionali e malgrado le caratteristiche previdenziali di medio-lungo termine dei suddetti prodotti. La disposizione prevederebbe, quindi, che i redditi finanziari imponibili derivanti dai contratti di risparmio assicurativo garantito da assoggettare a ritenuta o a imposta sostitutiva siano determinati al netto della quota riferibile agli investimenti qualificati effettuati, a decorrere dalla data di entrata in vigore della norma, dalla gestione separata istituita dalla compagnia di assicurazione, per un ammontare complessivamente non superiore a una data percentuale delle attività della gestione separata risultanti dall’ultimo rendiconto.

Si sottolinea che, dato anche il funzionamento delle gestioni separate assicurative in questione, il trattamento di favore verrebbe trasferito in capo all’assicurato, ovvero al beneficiario della prestazione. In aggiunta, ritengo che siano maturi i tempi per valorizzare, con modalità premiali, gli investimenti effettuati in un’ottica di medio/lungo termine e, come tali, non caratterizzati da finalità eminentemente speculative: il trattamento di favore, sotto il profilo dell’imposizione dei relativi rendimenti, dovrebbe essere previsto indipendentemente dalle modalità di detenzione delle attività finanziarie eleggibili per tale agevolazione e, pertanto, sia nel caso di detenzione diretta di queste ultime che di investimento indiretto nelle stesse (per il tramite, ad esempio, di contratti assicurativi sulla vita o di capitalizzazione).

È a tal fine auspicabile, prosegue l’Ania, l’applicazione di un sistema di tassazione ad aliquota decrescente in funzione del progredire dell’anzianità di detenzione delle attività finanziarie qualificate, con particolare riferimento a quelle detenute dalle imprese di assicurazione nell’ambito delle gestioni separate delle polizze sulla vita “tradizionali”. Il trattamento fiscale di favore potrebbe trovare concreta applicazione secondo differenti modalità operative. L’aliquota di tassazione dei rendimenti finanziari erogati in sede di liquidazione delle prestazioni derivanti dai contratti di assicurazione sulla vita potrebbe ridursi gradualmente al crescere del periodo di detenzione della polizza (e delle sottostanti attività finanziarie qualificate), riducendosi, al limite a zero, qualora la detenzione si protragga oltre un certo intervallo temporale (il quinquennio, ad esempio). Si potrebbe, in alternativa, prevedere sin da subito l’esenzione integrale da imposta sui rendimenti delle attività finanziarie qualificate, salvo procedere a recuperare il beneficio fiscale in precedenza fruito laddove la detenzione dell’attività finanziaria non si sia protratta oltre il prefissato intervallo temporale (ovvero prima del decorso di quest’ultimo si sia verificato il riscatto del capitale).