La frenata europea e i debiti pubblici
Gli ultimi dati suggeriscono che il prodotto interno lordo (PIL) della zona euro si sia ridotto dello 0,1% nel terzo trimestre; l’Italia ha fatto appena meglio mantenendo la stabilità, dopo la marcata contrazione del secondo trimestre (-0,4%). L’industria sembra aver avuto un piccolo recupero, ma la domanda si è dimostrata particolarmente debole. Lo scenario per la zona euro resta complesso: i rialzi dei tassi si fanno sentire, il commercio con l’estero rallenta e il prossimo anno si registrerà una stretta fiscale, con il rientro in funzione del Patto di stabilità.
Nella sua lotta contro l’inflazione, la Banca centrale europea (BCE) non si è limitata ad alzare i tassi, ma ha anche ridotto in modo drastico la liquidità in circolazione: ha bloccato i reinvestimenti delle cedole e dei rimborsi del programma APP (Asset Purchase Programme) e ha ridotto drasticamente la liquidità offerta al sistema bancario (TLTRO), il totale attivo del suo bilancio è diminuito di circa il 20% (cioè di quasi 2 mila miliardi di euro) e potrebbe esserci un’ulteriore accelerazione in questo senso. Di pari passo, il credito bancario verso imprese e famiglie si è assottigliato.
L’inflazione sta scendendo rapidamente e la stima preliminare di ottobre indica come sia ormai al 2,9% rispetto a un anno fa, il livello più basso dall’estate del 2021. A ottobre i prodotti energetici vedono una riduzione dell’11% rispetto a un anno prima. La traiettoria suggerisce un’ulteriore discesa che, seppur non lineare, potrebbe portare l’inflazione poco sopra il 2% il prossimo anno.
Proprio la discesa dell’inflazione potrebbe rappresentare un elemento di sollievo su due fronti: scongiurare ulteriori rialzi dei tassi da parte della BCE, e anzi avvicinarci al primo taglio, e migliorare il potere d’acquisto delle famiglie fornendo supporto ai consumi, che rappresentano circa il 55% del PIL della zona euro.
L’economia dell’area euro è visibilmente in affanno: il quarto trimestre potrebbe mostrare un andamento stagnante e il prossimo anno la crescita è vista ben al di sotto dell’1%. Non possiamo contare su un aumento della domanda proveniente dalla crescita demografica o dall’allargamento della classe media, in un contesto di irrigidimento delle finanze pubbliche dal prossimo anno per via della reintroduzione del Patto di stabilità. Aspettare troppo a tagliare i tassi potrebbe avere ripercussioni a medio termine. Il tema della sostenibilità dei debiti pubblici è tornato di attualità di recente con riferimento agli Stati Uniti, che presentano un deficit molto elevato e non facilmente comprimibile, una spesa per interessi che sfiora l’8% del PIL e un’elevata concentrazione di scadenze l’anno prossimo, complessivamente pari a quasi il 30% del PIL.
Nel complesso non vediamo particolari ostacoli alla sostenibilità tra i principali Paesi europei e, di conseguenza, non ci aspettiamo crisi del debito a breve termine. Inoltre, l’arsenale della BCE è stato potenziato dalla creazione dell’euro in poi. Tuttavia, i titoli di Stato di Italia e Francia potrebbero rivelarsi più volatili della media per la presenza di elevato debito pubblico, deficit e quantità di emissioni necessarie nei prossimi mesi.
I BTP sono ormai i titoli di Stato con i rendimenti più elevati della zona euro, avendo superato addirittura quelli della Grecia. Si tratta di un fenomeno tecnico, più che legato ai fondamentali economici (che sarebbero nettamente in favore dell’Italia), ma la Grecia ha comunicato ai mercati un piano per ridurre l’indebitamento e l’Italia sembra accontentarsi di un andamento stabile. Inoltre, la Grecia sta incassando promozioni dalle agenzie di rating, che la riportano nel campo dell’investment grade, mentre si temono alcuni giudizi sull’Italia, sulla quale dopo S&P e DBRS (che hanno confermato il rating) si esprimeranno Fitch e Moody’s rispettivamente il 10 e 17 novembre.
A livello globale, il rallentamento dell’economia dovrebbe portare a un calo della domanda e dell’inflazione e, a cascata, anche dei tassi e dei rendimenti obbligazionari. Per questa ragione, vediamo con favore le obbligazioni di buona qualità a tasso fisso con scadenze tra i 5 e i 10 anni. Questo vale anche per alcuni BTP che però, viste le potenziali fonti di volatilità nei prossimi mesi, preferiamo su scadenze entro i 3 anni.